Gli operai hanno votato in massa per delegati che dovranno obbedire alle segreterie sindacali firmatutto. Le proteste di questi mesi non si sono potute manifestare nelle urne, ma … tra schede bianche e nulle e non votanti circa 800 operai non sono stati al gioco
Sabato scorso si sono concluse le votazioni per la RSA dello stabilimento Stellantis di Melfi. Già abbiamo avuto modo di parlare di questa scadenza, del ruolo di questo organismo e del fatto che le elezioni non rispecchiano in ogni caso neanche i reali consensi che ogni sigla sindacale ottiene in fabbrica, in quanto né i sindacati di base né la Fiom sono ammessi alla competizione. Non di meno è giusto riflettere sui dati ufficiali dei risultati elettorali.
La Uilm si è confermata la prima organizzazione con 2.207 voti e 20 delegati. Seguono Fismic con 1.815 e 17 delegati, Fim con 1.457 voti e 13 delegati, Uglm con 489 voti e 4 delegati e Aqcfr 285 voti e 3 delegati. I voti validi in tutto sono quindi 6.253 su 6.619 votanti, mentre gli aventi diritto al voto erano 7.154. Per quanto riguarda gli operai, la Uilm ha preso 2.121 voti, il Fismic 1.815, la Fim 1.419, l’Uglm 448. I voti validi totali degli operai sono stati quindi 5.803, mentre i votanti sono stati 6.154.
Credo che è su questo dato che bisogna riflettere, senza concentrarci su aspetti secondari del ragionamento, come l’esclusione del sindacato più rappresentativo dei metalmeccanici, o l’influenza sul dato finale di possibili brogli elettorali (ad es. non ci è stato possibile conoscere il numero di schede bianche e nulle, ma lo abbiamo solo ricavato come dato aggregato dalla differenza tra votanti e voti validi). Questi aspetti sono certamente importanti, ma non inficiano comunque il fatto più rilevante e cioè che non solo la stragrande maggioranza degli operai ha votato (non votando si finisce con l’essere iscritti nell’indice degli oppositori), ma ha espresso il proprio voto, confermando in pratica i bidelli che tanto erano stati tanto criticati in assemblea prima dell’accordo sul ridimensionamento dello stabilimento. Ebbene, questo dimostra come tutto il malcontento operaio che ha rumoreggiato in questi ultimi mesi sia ancora lontano dal maturare come determinazione di opposizione e di lotta e come sia insufficiente quel generoso grido di denuncia che gli operai più giovani hanno lanciato in questi mesi. Dire le cose che non vanno in fabbrica, esporre quale è la reale condizione operaia oggi, è certamente un atto coraggioso ed apprezzabile, ma che rischia di restare uno sterile sfogo se non si traduce in capacità di organizzazione e di mobilitazione. Sappiamo per esperienza che gli operai tendono sempre, all’inizio del loro percorso di autorganizzazione, ad utilizzare le organizzazioni già esistenti in fabbrica, ma sappiamo anche che questo è solo un passaggio inevitabile che dimostra da un lato la permanenza di una loro insopprimibile spinta ad unirsi per difendere i propri interessi e dall’altro ancora l’inadeguatezza delle forme in cui questa spinta si manifesta. Ma a Melfi più che di un uso e di una pressione verso i firmatutto, qui dobbiamo francamente dire che si è di fronte ad una situazione ancora meno matura. Votando in massa e per giunta premiando i sindacati più collusi fra i collusi e fra questi i bidelli più bidelli (il delegato più votato è un ex Fiom passato al Fismic nel periodo in cui alla Fiom non erano concessi neanche i permessi sindacali), gli operai hanno firmato una delega in bianco a queste organizzazioni per essere svenduti. Non a caso, subito dopo la votazione è arrivata la notizia che a settembre si passerà ai 17 turni, quindi si lavorerà anche il sabato, mattina e pomeriggio, ciò comporterà che, a causa del meccanismo dei riposi a scorrimento, si avranno due giorni di riposo consecutivi (sabato e domenica o domenica e lunedì) solo ogni 4 settimane. Ed è arrivato anche il grido di allarme dei firmatutto a livello nazionale sui tagli occupazionali previsti in tutto il settore automobilistico. Un allarme che lanciato da coloro che hanno finora siglato tutti gli accordi possibili e immaginabili di chiusura degli stabilimenti sa tanto di condanna a morte. Ben presto la realtà dimostrerà agli operai che continuare a dare la delega a questi signori li porterà solo al macello come dei buoi.
Certo ha pesato sul comportamento elettorale degli operai il fatto che il sindacato di “opposizione”, pur escluso dalla competizione elettorale, la Fiom, si è dimostrato completamente omogeneo ai firmatutto, siglando senza fare una piega, se si esclude una esigua minoranza interna, l’accordo che ha previsto la chiusura di una delle due linee di produzione. A convincere tutti della omogeneità fra la fiom e i firmatutto c’è sta anche l’esclusione della stessa lista per le elezioni (malgrado si sapesse già che non sarebbe stata ammessa dalla commissione elettorale) degli esponenti di quel gruppo di giovani che hanno in questi mesi, pur essendo stati assunti a jobs act, alzato coraggiosamente la testa.
Due altre lezioni possiamo aggiungere a queste nostre riflessioni.
La prima è che si è dimostrata ancora una volta perdente la strada di chi, pur essendo stato protagonista delle contestazioni di questi mesi, ha deciso di candidarsi, nella speranza che come RSA avrebbe potuto influire in qualche modo dall’interno. Una illusione giustificabile fra la minoranza del gruppo di giovani che l’ha praticata, per la loro inesperienza, ma che ha avuto solo l’effetto di portare un po’ di voti dei contestatori al paniere elettorale dei vecchi, inamovibili bidelli. Speriamo che traggano le giuste conclusioni i diretti protagonisti di questo tentativo fallimentare.
La seconda è che, malgrado tutto, fra schede bianche e nulle operaie (circa 350) e operai non votanti (quasi 500), arriviamo ad uno zoccolo duro di oltre 800 operai che non si sono piegati e non sono stati al gioco. Un buon dato da cui ripartire e su cui i commenti esultanti dei firmatutto volutamente sorvolano, eppure ad es. rispetto all’ultima votazione dell’RSA, nel 2018, i votanti furono quasi il 95%, mentre ora si è scesi al 93%. Chi non si è recato a votare, e sono quasi 500, si è esposto alle ritorsioni dei boss sindacali senza paura, i circa 350 hanno usato la scheda ma nell’urna hanno scritto di tutto o lasciato in bianco. Conclusione, il 12% circa degli operai, in un modo o nell’altro, ha manifestato la propria opposizione ai firmatutto, costoro non potranno dormire sonni tranquilli quando gli effetti della ristrutturazione in atto colpirà la massa degli operai.
A.V.
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