DODICI ANNI DOPO …

A vedere le manifestazioni e le parole d’ordine degli operai della GKN torna in mente la lotta della INNSE, stessi obiettivi, stessa determinazione: la fabbrica non ve la faremo chiudere.
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A vedere le manifestazioni e le parole d’ordine degli operai della GKN torna in mente la lotta della INNSE, stessi obiettivi, stessa determinazione: la fabbrica non ve la faremo chiudere.

Le ultime chiusure di fabbriche che hanno coinvolto migliaia di operai ha riportato in copertina dopo dodici anni la lotta della INNSE.
Come tutti sappiamo gli operai sono sempre stati molto restii a ricordare, qualsiasi argomento di dialogo viene quasi sempre relegato come una fastidiosa incombenza.
Duri, rozzi, di poche parole gli operai della INNSE avevano intrecciato con questa fabbrica una simbiosi, erano divenuti parte integrante di essa e si muovevano con essa.
Con questi elementi il padrone era diventato la parte secondaria del sistema, delegittimato dall’interno, si divincolava alla ricerca di consenso in tutte le sedi più opportune. Intanto si era creata una sorta di unione solidale di intenti con la parte attiva di questa società.
Quella parte attiva che tuttora non rinuncia a dire di NO, anzi il NO è sempre la prima risposta perché sappiamo bene chi abbiamo di fronte, quella parte attiva che combatte i licenziamenti in tutte le sue forme, non dovremo mica discutere come vengono fatti, vanno combattuti e basta, quella parte attiva che si è creata uno spazio vitale e a tutti i costi non intende rinunciarvi ed è quello di cui i padroni hanno più timore.
Anche se la storia di lotta della INNSE risale al 1999, quando una multinazionale indicò con altezzosa superficialità la chiusura dello stabilimento di via Rubattino a Milano, l’apice dello scontro con il padrone si ha nei quindici mesi di presidio che va dal 31 maggio 2008 al 12 agosto 2009 per impedire la chiusura e lo smantellamento dei macchinari.
Dalle ultime notizie che ci arrivano dalla GKN, vediamo che ci sono molte analogie con la nostra lotta.
Dalla compattezza degli operai, non un passo indietro, agli obiettivi chiari e decisi, il macchinario non si tocca, ritiro dei licenziamenti e continuità produttiva, infine coinvolgimento della parte attiva della comunità su questi punti per riprodurli sul territorio e nelle sedi istituzionali.
Su questi punti e SOLO su questi punti abbiamo costruito le basi per ritornare a fare quello che la maggior parte di noi ha fatto per trenta, quarant’anni cioè vendere le braccia e il sudore perché …… perché è così, è così da 150 anni e adesso è inutile aprire un dibattito su come dovrebbe essere.
Attenzione le forze in campo erano di diversa potenza, giornalmente subivamo pressioni da ogni lato, ci dicevano che era finita, che non vi erano più spazi per una trattativa e noi rispondevano che assolutamente non avremmo dato il consenso alla demolizione della fabbrica. Alla fine ci stavano portando ad essere spazzati via.
Infatti, dopo quattordici mesi di tira e molla, il padrone e tutti i suoi sostenitori diretti e indiretti senza se e senza ma con una azione militare, dove vennero coinvolti centinaia di agenti, decise di porre fine alla partita e riportare sui legittimi binari della legalità come dicono i padroni la vertenza, peccato che questa legalità è a senso unico.
Questa fantomatica legalità dava spazi a 360 gradi al padrone dopo due anni dall’acquisto della fabbrica con tutte le agevolazioni governative date dalla amministrazione straordinaria e a noi operai che per trenta/quarant’anni avevamo prodotto ricchezza per tutti i padroni che si erano succeduti non ci doveva essere nessun tipo di diritto.
Dunque la INNSE doveva venire chiusa, tutti i macchinari venduti e gli operai dovevano disperdersi nei meandri delle chiacchiere sindacali, le cosiddette ricollocazioni fantasma.
Poi come in tutte le cose in cui ci si crede veramente e si è disposti a tutto ci siamo creati un’occasione per cercare di fermare il tutto e ha funzionato.
Qualcuno potrebbe dire ma tutto qui? E l’assemblea permanente? E la produzione senza padrone? E la fabbrica sotto sequestro giudiziario? Il presidio fuori nella vecchia portineria? I turni al presidio? Le decine d’incontri istituzionali? Le manifestazioni e gli incontri pubblici con i sostenitori? Gli scontri con la polizia? le denunce? I giorni sul carroponte? E tutto il resto?
E tutto …… ha funzionato.
Una collettività operaia, pur sfiancata da mesi e mesi di dura lotta ha dimostrato che si può resistere al padrone, poi quando noi operai potremo essere veramente liberi e non essere più sfruttati da nessuno forse capiremo cosa ha funzionato nella lotta alla INNSE.
Un saluto a tutti gli Operai della GKN e a tutti gli operai che resistono nelle fabbriche.
12 Agosto 2021
Un operaio della INNSE

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