Indetto dal sindacalismo di base l’11 ottobre lo sciopero generale. Ma si tratta di uno sciopero di tutte le categorie o di un semplice atto propagandistico? Proclamare tanti scioperi generali e non curarne la riuscita produce l’effetto contrario: la sfiducia nella forza operaia
Con lo sciopero generale non si scherza, è un atto collettivo del lavoro salariato contro l’intero sistema dei padroni e va adottato in particolari momenti di crisi sociale mettendo in campo forze di classe imponenti capaci di bloccare la produzione e il funzionamento dei servizi in buona parte del paese. Richiede, almeno dal punto di vista sindacale un’organizzazione ben strutturata, a cominciare dalle fabbriche industriali fino ai centri della distribuzione, per non parlare dei dipendenti pubblici della scuola, dei trasporti … Lo sciopero generale non si dichiara per la necessità di visibilità di qualche sindacalista arrabbiato, lo sciopero generale non riesce perché, come un elenco della spesa, si mettono in fila una serie infinita di rivendicazioni per accontentare tutti i lavoratori sperando che questa esca funzioni come richiamo alla lotta generale. Soprattutto non si dichiara lo sciopero generale per autoconvincersi che così si conta qualcosa nella lotta fra le classi. Continuare a dichiarare scioperi generali o nazionali di categoria senza che questi riescano minimamente e non fare mai un bilancio concreto della situazione è controproducente, stanca e isola sempre più anche i più generosi scioperanti d’avanguardia. Poi il nemico di classe se ne fa un baffo, non li prende nemmeno in considerazione.
Lo sciopero generale di tutti i settori, pubblico e privato, del 18.10.2021, indetto minacciosamente dalle 12 sigle del sindacalismo di base che hanno sottoscritto l’appello, è stato spostato all’11.10.2021. Tale spostamento, dovuto alla franchigia prevista dalla normativa sul diritto di sciopero, ha già in pratica fatto perdere valore alla paventata minaccia di essere un atto di forza ed agli organizzatori la possibilità di presentarsi come rigorosi oppositori al sistema. É pur vero che sono oramai molto lontani nel tempo gli scioperi generali che spaventavano padroni e governo, ai quali lo Stato rispondeva schierando la forza pubblica con cui gli operai si scontravano, è ormai storia quella di scioperi generali finiti in scontri feroci dove gli operai hanno pagato con la vita la scelta di manifestare per strada. Ma avere la roboante nomea di possedere una certa inflessibilità antagonista, per poi accettare di sottomettersi alla legge sul diritto di sciopero spostando lo sciopero in altra data, la dice lunga sul contenuto meramente propagandistico di queste scadenze.
Proclamare uno sciopero con mesi di anticipo ma senza che si organizzino capillarmente gli operai ed i lavoratori in ogni fabbrica, in ogni magazzino, in ogni deposito ferroviario e tranviario ed anche in ogni supermercato e centro commerciale, non ha nessun senso. In questo modo il fallimento dello sciopero come tale è quasi certo. Se l’obiettivo degli organizzatori fosse stato quello di uno sciopero vero la sua preparazione avrebbe richiesto un confronto con gli operai attivi delle fabbriche, una discussione pubblica sulla proposta con i rappresentanti sindacali di ogni situazione e di qualunque sindacato, anche per mettere in luce, agli occhi della massa operaia, il loro opportunismo. E se non c’erano ancora le condizioni di una sua riuscita non inventarsele.
Lo sciopero generale, perché funzioni, deve avere come obiettivo quello di riuscire a fermare tutte le attività produttive di tutte le categorie, o almeno rallentarle. Non basta riuscire a portare in piazza qualche migliaio di operai e di lavoratori per sostenere la riuscita dello sciopero generale, a meno che la conta degli uomini o donne dietro ad ogni striscione sindacale non serva come rivalsa tra le varie parrocchie sindacali.
Non basta portare in piazza i bravi combattenti dei magazzini della logistica per dire che lo sciopero è riuscito perché a lungo andare gli operai della logistica prima o poi si stancheranno nel vedere che sono solo loro a scendere in piazza. E gli altri ? E gli operai delle fabbriche? Perché il sindacalismo di base non è mai riuscito, se non in sporadici casi, ad organizzare gli operai metalmeccanici per esempio? Per la semplice ragione che siccome ragionano per parrocchie sindacali si dividono le sfere di influenza e danno per scontato che gli operai iscritti ai sindacati confederali o che fanno a loro riferimento siano la stessa cosa dei burocrati sindacali e per questa ragione persi alla possibilità di una loro iniziativa indipendente. La vicenda GKN li ha smentiti praticamente.
Perché ad esempio il sindacalismo di base non ha condotto una campagna massiccia per organizzare seriamente l’appoggio alla manifestazione di sabato18 settembre indetta dal collettivo GKN? Dichiarare che la lotta degli operai GKN è la nostra lotta non basta. Se avessero voluto avrebbero potuto organizzare degli scioperi nei magazzini della logistica, dove hanno una forza consistente, per partecipare massicciamente alla manifestazione della GKN, dato che gli operai della logistica al sabato lavorano. Solo così la dichiarazione di solidarietà agli operai GKN avrebbe avuto un senso.
Ma forse è più comodo per tutti fare gli scioperi generali preconfezionati per vedere chi ha la capacità di portare in piazza più uomini per poter contare di più in una lotta sotterranea tra le varie componenti del sindacalismo di base.
La concorrenza tra sindacati è la base della divisione degli operai.
Non basta fare un’assemblea di tutto il sindacalismo di base per dimostrare a se stessi ed al mondo di marciare in un unica direzione quando, al primo contrasto su qualsiasi punto in cui non si è d’accordo, ognuno tornerà sulla propria strada. Dalla pratica degli scioperi che si fanno nei rispettivi magazzini della logistica o in alcuni settori del pubblico impiego i sindacalisti alternativi avrebbero dovuto imparare che gli scioperi richiedono un lavoro capillare di organizzazione, la fantasia che basti dichiarare uno sciopero generale perché gli operai spontaneamente aderiscano per ottenere dai padroni e dal governo le rivendicazioni richieste, porta solo alla disillusione. Si imporrà lo sciopero generale quando la rete di organizzazione delle fabbriche lo renderà possibile e non avrà bisogno dei mesi di preavviso. Ai proclamatori degli scioperi di bandiera non interessa che lo sciopero riesca o fallisca a loro interessa fissare una data, un elenco di rivendicazioni onnicomprensive e qualche bandiera da sventolare. Al sindacalismo operaio interessa che gli scioperi riescano, che siano una vera scuola di guerra contro il sistema dei padroni. E i gruppi di operai che nelle fabbriche si stanno formando si muovono in questa prospettiva.
Lo sciopero è una scuola di guerra ma non è la guerra stessa e per fare una guerra occorrono gli eserciti ben organizzati.
D. C.
Comments Closed