Mentre pubblichiamo questo articolo altri due operai sono morti uccisi sul lavoro a Milano. La strage non si ferma. Ce n’è abbastanza per uno sciopero di protesta di tutte le categorie contro i veri responsabili, i padroni affamati di profitti. Ma i capi sindacali sono impegnati a chiacchierare sul lavoro sicuro con il capo del governo
Caro Operai Contro, meglio perdere il lavoro che perdere la vita per il lavoro!
Da questa consapevolezza occorre vincere ogni titubanza e rifiutarsi di eseguire operazioni e mansioni, in mancanza di reali misure di sicurezza. Disobbedire a padroni e padroncini, capi e capetti ogni volta che i loro ordini e disposizioni, destano solo, fosse pur intuitivamente, il minimo sospetto che vi è un rischio di pericolo in quel determinato modo di lavorare.
Ma non basta!
Quando l’operaio si trova da solo a dover prendere queste decisioni, dovrebbe sempre poter contare sul sostegno deciso dei propri compagni e del sindacato, per fare squadra contro le ritorsioni padronali, compreso il licenziamento. Ogni minaccia o provvedimento che l’azienda impone all’operaio non deve passare sotto silenzio, ma ritorcersi contro l’azienda stessa.
Nelle aziende dove gli operai non possono contare sul risoluto sostegno dei delegati addetti all’antinfortunistica, o perché sono impreparati o perché non ci sono proprio, come in tante piccole aziende, andrebbero comunque ricercati i modi di mettersi in sicurezza dal rischio infortuni.
Gli operai, taluni magari scrollandosi di dosso personalismi e indifferenza, riconoscendosi e agendo come una comunità, dal proprio posto di lavoro, a tutta l’area della fabbrica, o altra entità lavorativa, possono rivendicare – e sostenere con adeguate iniziative – tutte le misure antinfortunistiche necessarie per abbattere il rischio infortuni.
Ma non basta!
Molti infortuni anche mortali, avvengono perché le aziende rimuovono o disattivano le protezioni per aumentare la produzione, come nel caso di Luana D’Orazio giovane mamma di 22 anni, maciullata dai rulli di un orditoio il 3 maggio scorso in una tessitura di Montemurlo (PO), perché il sistema di protezione dell’orditoio era stato rimosso.
Le aziende che disattivano i sistemi di sicurezza, li riattivano quando arrivano in fabbrica gli ispettori del lavoro.
Tutta una pantomima! Un’antinfortunistica di facciata! Una passerella con la quale queste aziende fanno bella figura, evitano le multe, scalano l’importo che devono pagare per l’assicurazione, poi sono gli operai a infortunarsi o addirittura lasciarci la vita.
Ma non basta!
Nel 2020, 8 aziende su 10 non erano in regola. E gli enti che dovrebbero fare i controlli sono sotto organico: l’Ispettorato nazionale ha 4.500 dipendenti, a fronte di una pianta organica di 6.500, ne manca il 44,5 per cento!
I dipartimenti di prevenzione delle Asl hanno 2 mila dipendenti, contro i 5 mila del 2009, ne manca il 150 per cento!
All’Inail in cinque anni gli ispettori sono diminuiti da 350 a 246, ne manca il 42,3 per cento!
Le strutture predisposte per i controlli sono disastrosamente sotto organico, grazie ai tagli dei governi dei padroni che si sono avvicendati. Questi sono i fatti al di là delle promesse e frasi di circostanza dei politici di turno per i “morti sul lavoro”.
Ma non basta!
Finchè gli investimenti per le tecnologie più avanzate, vengono usate dai padroni solo per aumentare la produttività, rimarrà una differenza abissale tra l’alta resa dei processi produttivi, e la scarsa o zero prevenzione antinfortunistica della forza lavoro.
700 morti sul lavoro dall’inizio dell’anno, sono una strage per il profitto, la denuncia di questa situazione è diventata quasi un luogo comune, un rumore di fondo dell’industria.
Ma non basta!
Come si muore sul lavoro?
Quella degli operai è una morte atroce, le forze produttive hanno raggiunto una potenza inimmaginabile, l’operaio è un granello che non protetto dalle norme di sicurezza viene schiacciato, ridotto a brandelli, torturato.
Ma non basta!
Nel tritacarne padronale degli omicidi per il profitto, vengono gettati anche operai a gruppi. L’ultimo in ordine di tempo si è verificato il 7 maggio 2021 a Gubbio, (PG) con l’esplosione di un laboratorio di Cannabis terapeutica ha causato 2 morti e 3 feriti gravi.
Ma non basta!
Tra le vittime del magma del lavoro sommerso, si contano anche invalidi costretti al nero dalla scarsa pensione. Il 16 settembre 2021 è toccato a Antonio Vasto 59 anni, invalido. Morto cadendo da una impalcature di 4 metri, mentre tinteggiava le pareti esterne di una villa di Marano (NA).
Non aveva un’occupazione regolare, né poteva campare con i pochi soldi della pensione d’invalidità civile.
L’impresario edile che lo faceva lavorare in nero, si è giustificato dicendo che si trattava di una “prestazione occasionale”. Ha dichiarato: “Lo avevo chiamato solo per farmi dare una mano”.
Con Antonio è il terzo morto in pochi giorni nel napoletano, Francesco Martino 34 anni ha perso la vita schiacciato da una balestra in un cantiere di Pomigliano D’Arco. Luigi Mancuso 59 anni è morto nel cantiere della Metropolitana 1 di Napoli.
Ma non basta!
Per le classi superiori la strage dei morti sul lavoro è una normalità, il prezzo da pagare per consentire il livello di sfruttamento operaio, che permetta loro di vivere da nababbi, dall’agiatezza sociale fino a ricchi sfondati. Se così non fosse non “risparmierebbero” sulle misure antinfortunistiche. Invece si vedono ancora metodi primordiali di lavoro, come gli operai sulle autostrade costretti a fermare o deviare il traffico sventolando una bandierina.
Mariano Laino operaio di 27 anni di una società in appalto che lavora per Autostrada per l’Italia, è stato ucciso il 13 settembre 2021 da un camion mentre, su un piccolo autocarro sull’Autosole, vicino al casello di Parma, stava segnalando lavori in cantiere. In questo caso l’operaio è morto pur essendo sull’autocarro, figuriamoci il rischio quando sono a piedi. Invece dell’operaio che sventola la bandierina, se la moderna tecnologia non fosse tenuta prigioniera del profitto, si potrebbero utilizzare robot comandati a distanza e droni. Sullo stesso cantiere autostradale il 5 agosto scorso, era stato investito e ucciso Salvatore Rabbito, un altro operaio di 53 anni.
Ma non basta!
Anche gli operai provenienti da altri paesi vengono sacrificati per i profitti dei padroni in Italia. Con buona pace della propaganda razzista, che li discrimina come coloro che “vengono a rubare il pane”.
L’operaio albanese Celtahiri Flamur di 42 anni, è morto a Mancaversa (LE) il 18 settembre 2021, cadendo da diversi metri mentre faceva lavori di potatura. Il Pubblico ministero oltre l’autopsia ha disposto una perizia su un dissuasore elettrico li vicino.
Tutti i giorni una mattanza che colpisce operai di tutti i settori.
Davide D’Aprile aveva 54 anni è morto a Genova il 15 settembre 2021 cadendo sul marciapiede dal 3° piano, faceva il ponteggiatore. Troppo spesso si vedono ponteggi senza sbarre per lavorare in sicurezza. Viene montato solo l’essenziale, al massimo i teloni per impedire che i calcinacci colpiscano i passanti. Tutto per non spendere soldi per le necessarie attrezzature e non perdere tempo a montarle. Così i padroni costringono questi operai a lavorare come equilibristi e trapezisti del circo, a differenza di questi, se per qualsiasi motivo perdono l’equilibrio, senza le sbarre di sicurezza, cadono e per loro non c’è neanche la rete sotto a salvarli.
Giovanni Delpero operaio di 58 anni, il 14 settembre 2021 viene stritolato da un ingranaggio mentre faceva manutenzione sul tetto di una cabinovia di un impianto di risalita sul ghiacciaio del Passo del Tonale in Trentino.
Le cause si spiegano nel fatto che era costretto a lavorare con l’ingranaggio in moto. Un episodio che rimanda alla tragedia del Mottarone del maggio scorso con 14 morti. Come si ricorderà erano stati rimossi i sistemi di sicurezza, pur di non fermare l’impianto e garantire gli incassi.
L’operaio Giuseppe Sino aveva 48 anni faceva il 2° turno, è morto sul colpo il 17 settembre 2021, schiacciato fra 2 rulli che l’hanno tirato dentro, in un’azienda di Campi Bisenzio che produce moquette. I compagni di lavoro l’hanno liberato subito dai rulli, era ormai morto.
Una guerra continua che ogni giorno lascia sul campo 2 o 3 operai morti, tra l’indifferenza – al di là delle belle parole – delle classi superiori, dei loro politici e del loro governo.
Queste brevi considerazioni vogliono contribuire a tener viva la spinta degli operai, ad occuparsi collettivamente di come evitare infortuni e salvare la vita sul posto di lavoro.
Tocca ai padroni e al loro governo farlo. Ma loro la considerano una spesa a perdere.
Tocca al sindacato fare pressione con scioperi e mobilitazioni. Ma senza la spinta operaia tutto finisce (quando c’è) con lo sciopero nella fabbrica il giorno dell’infortunio mortale.
Ma non basta!
Saluti Oxervator
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