Michele lavora alla Stellantis di Melfi, ha 25 anni di linea di montaggio.
Non biasima i giovani che scappano, ma sa che lo fanno perché hanno altre possibilità.
Lui non può farlo. La famiglia da sostenere, il mutuo da pagare.
Sa che la fabbrica è una galera, che i sindacati non difendono gli operai.
Più di tante chiacchiere sul futuro di Stellantis, Michele individua benissimo la ristrutturazione in atto.
Il suo sguardo disincantato vede riduzione del personale, ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro.
Se Stellantis a Melfi ha un futuro questo si baserà sul lavoro precario dei giovani che verranno assunti senza tutele e quindi più ricattabili, al posto di quelli che vanno via con contratti a tempo indeterminato o a “tutele crescenti”.
Michele rispecchia quella che è la condizione degli operai in una fabbrica moderna oggi: la constatazione lucida che la condizione operaia è peggiorata nel corso degli anni e peggiorerà ancora in futuro. La mancanza di un’organizzazione che li rappresenti.
Nella sua visione disincantata non accenna a nessuna reazione da parte degli operai, non la esclude per principio, ma è costretto ad adattarsi.
Il bisogno, la repressione del padrone, il controllo dei sindacati, per quanto tempo riusciranno ancora ad imbrigliare il malcontento di questi schiavi moderni?
F. R.
Da un articolo di Basilicata24.it del 17 novembre 2021
Stellantis Melfi, Michele: “Una famiglia e un mutuo da pagare, a 50 anni dove vai?”
La voce di chi “non può” accettare il licenziamento con incentivo proposto dalla fabbrica
Tra 10 anni andiamo in pensione, non c’è tempo per reinventarsi. Certo, 25 anni di turni ti logorano, non è stato facile e col passare del tempo le condizioni sono peggiorate; però poi ti abitui e ti dici: a 50 anni perché lasciare senza una prospettiva?”. Così Michele, cinquantenne che opera alla ex Sata di Melfi, riassume il tema caldo del momento che ha visto 390 suoi colleghi accettare il licenziamento con incentivo pari a 58mila euro
“Una famiglia e un mutuo da pagare. A 50 anni dove vai? Il ragionamento di Michele è chiaro e racchiude in sé il punto di vista comune a tutto quello zoccolo duro di operai che hanno fatto la fortuna della ‘fabbrica integrata’ di S. Nicola di Melfi. “Era metà degli anni ’90 che siamo venuti a lavorare qui. Oltre 25 anni di contributi, ma anche tanta sofferenza”. I turni, i dolori muscolari, un lavoro piatto, ogni giorno al montaggio. “Ma nonostante tutto – spiega – col tempo si crea quel senso di normalità per cui più nulla ti scalfisce, niente ti stupisce. Sai solo che devi fare il tuo lavoro per portare la pagnotta a casa. Anzi, ti fa più paura immaginare la tua vita senza questa normalità”. Certo non un’attività proprio stimolante, ma la sicurezza di non trovarti per strada, in Basilicata, per lo più “con una famiglia e un mutuo da pagare”.
“Se non hai di meglio, ti tieni ciò che hai” A Michele chiedo se abbia preso in considerazione l’ipotesi di licenziarsi con incentivo, come hanno fatto in quasi 400 a fine ottobre, e la sua risposta non lascia spazio a dubbi. “Se sapevo che uscendo da qui, avevo già un posto da impiegato, o che potevo migliorare la mia posizione lavorativa, certo che lo facevo. Ma alle condizioni attuali non ha senso”. L’operaio parla poi dei suoi coetanei, tra cui, qualcuno l’addio con incentivo l’ha anche accettato. “Alcuni lo hanno fatto – racconta – ne abbiamo parlato, ma adesso, a due settimane di tempo, hanno già un’occupazione, quindi vuol dire che hanno aspettato il momento giusto, ma soprattutto erano già sicuri di ciò che avrebbero fatto a breve”. Un “calcolo”, più che un “reinventarsi” un futuro a 50 anni.
“I prossimi anni? Sempre peggio e giovani solo con contratti mensili” Michele però non ha certo gli occhi foderati di prosciutto e non è neanche tra quelli ben inseriti nei circuiti sindacali. “Guarda – dice senza giri di parole – I sindacati hanno fatto il bello e il cattivo tempo. È noto a tutti. Ho una semplice terza media, ma non sono stupido”. Michele si riferisce al peggioramento delle condizioni di lavoro, sempre più marcate negli ultimi anni. “I tempi delle 21 giornate di protesta sono lontanissimi – attacca – negli ultimi anni i nostri rappresentanti sindacali hanno pensato solo al loro orticello. Con l’arrivo di Stellantis, nell’ultimo anno, sono solo peggiorate condizioni già prima pietose”. Assenti, anzi presenti ma solo ‘pro forma’ i sindacati, “le condizioni sulla linea vanno in malora. A novembre facciamo anche la notte e sudiamo da cani, poi all’improvviso ci troviamo mesi con poche giornate. Ma anche a questo abbiamo fatto il callo”. Infine guarda al futuro e ai segnali che appaiono sempre più chiari dalla sua postazione. “A me – conclude – pare che Stellantis si stia liberando dei giovani a contratto a tempo indeterminato, o a tutela crescente, e che in futuro voglia sempre più affidarsi a giovani con contratti mensili. E più facile per l’azienda, sono più ricattabili e tutto rientra nella logica dei tagli sempre smentiti ma che noi possiamo toccare con mano ogni giorno”.
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