Una risposta al volo alle critiche, da parte di alcuni “internazionalisti”, alle posizioni espresse nell’articolo “Sulla resistenza in Ucraina” pubblicato su Operai Contro il 2 marzo 2022.
Ah, questo smanioso internazionalista non capisce la differenza fra un fucile in mano ad “un operaio con le mani callose” che lo usa contro un esercito invasore e un fucile immaginario, di là da venire, fra le dita di un piccolo intellettuale con i calli da tastiera. Che noia, leggere ancora queste battute sugli operai dalle mani callose, iniziò Turati il capo del riformismo italiano per sfottere gli operai che volevano costituirsi in un proprio partito nel 1882. A parte le battute e le controbattute, che hanno anch’esse un significato, abbiamo cercato di ragionare sulle scelte da fare sul campo da parte degli operai ucraini e proprio a nome e per conto degli operai come classe internazionale. Abbiamo sostenuto che nel caso specifico di un’invasione dell’esercito di un paese imperialista come la Russia, seconda o terza potenza mondiale, contro un paese per conquistarlo e sottometterlo al proprio potere e nella misura in cui gli operai del paese aggredito si possano armare e contare come massa nel movimento di resistenza è necessario per i loro interessi che ne prendano parte. L’autonomia dai loro borghesi è possibile proprio nella forza che mettono in campo in questo movimento di liberazione. Lo smanioso internazionalista agita la questione dell’unità mondiale dei proletari, ma nelle sue mani diventa una frase fatta che ha una sua concretezza nel fatto che in ogni scritto confuso e pesante da leggere la riscrive. Per gli operai il problema è sempre in che condizioni e attraverso quali processi concreti la loro unità mondiale contro i padroni si fa strada e soprattutto attraverso quali esperienze di lotta può maturare la necessità di una loro rivoluzione. È chiaro che coloro che hanno ridotto l’analisi dei fatti storici, della storia delle lotte fra le classi nei riflessi che questi hanno nelle teste dei diversi attori e confondono questi con la realtà tutto potranno fare, enunciare, denunciare e strillare scrivendo, ma non capiranno niente dell’evoluzione dei processi storici e delle condizioni materiali che li producono. L’imperialismo mondiale? Per questi è solo una condizione mitica. I paesi a capitalismo imperialista non esistono nella loro situazione concreta. Spartizione e ripartizione del mondo fra queste potenze? Cosa importa allo smanioso internazionalista di queste realtà che maturano nel mercato mondiale? E la possibilità sotto l’imperialismo che ci siano movimenti di liberazione nelle nazioni oppresse? Non può essere, ragiona quello di prima, l’imperialismo non può opprimere nazioni borghesi. Quella del diritto delle nazioni all’autodeterminazione è una mistificazione che porta a legare gli operai al carro dei propri governi borghesi. Un vero peccato che sia stato proprio Lenin a sostenere, nell’interesse degli operai del mondo, questa rivendicazione. Nega all’imperialismo la sua politica di aggressione, di rapina di popoli e nazioni intere e hai negato l’esistenza stessa dell’imperialismo. Tanto che nella lotta fra talebani e americani il nostro è stato titubante con chi schierarsi, così come nella guerra strisciante fra palestinesi e israeliani si è mosso con equidistanza, anche per la ribellione degli operai in Kazakistan e l’intervento dell’esercito russo per schiacciarli ha dovuto scrivere una decina di pagine, l’inchiostro non gli manca, per sostenere che in fondo non era tutto oro quello che luccicava nella guerra di strada degli insorti. Brutta gente, maschera con una fraseologia rivoluzionaria il sostegno all’imperialismo sminuendo chi lo combatte perché non si presenta sulla scena con le loro tavole della legge, non si presenta nella forma pura che il loro cervello immagina.
Per l’Ucraina oggi il gioco si ripete, siccome il governo Zelenski è un governo borghese gli operai non devono svolgere nessun ruolo se non nascondersi, non fa niente che l’imperialismo russo ha invaso il paese, non è rilevante che il borghese per difendersi dall’aggressione ha dovuto distribuire le armi agli operai. Non è significativo che così facendo ha dato al suo nemico interno lo strumento tecnico per imporsi man mano che maturano le sue condizioni. L’evolversi concreto della situazione, delle forze in campo diranno verso quale direzione si sta andando, quello che, qui come operai, riteniamo sia l’unica scelta giusta che i nostri compagni operai debbano fare in Ucraina è quello di combattere contro l’imperialismo russo che si trovano davanti nelle strade delle città e su questa base costruire, se già non ce l’hanno, una loro rete organizzativa politica e militare indipendente. La lotta di resistenza degli operai ucraini dà così un contributo reale concreto a tutti i proletari che in ogni parte del mondo combattono l’oppressione imperialista, ma è quasi impossibile che il nostro internazionalista capisca questo risultato. Per lui gli operai commettono un grave errore a partecipare alla resistenza ma almeno avesse il coraggio di andare alle estreme conseguenze, arrendetevi all’esercito imperialista. È un vizio assodato per il quale basta ricordare che le armi per la resistenza le stanno fornendo gli altri banditi imperialisti per renderla impura. Lenin era pagato dai borghesi tedeschi per andare in Russia a fare la rivoluzione per i loro interessi imperialistici, una vecchia storia. Gli antenati di questo ideologismo internazionalista si opposero anche all’aderire combattendo alla resistenza al nazifascismo, anche se la parte più operaia della loro tendenza, in contrasto con le loro direttive, combatterono nelle file della lotta armata partigiana, conquistandosi il diritto di criticare nel dopoguerra le svolte del Partito comunista che adottava sempre più una politica borghese. Tutta la piccola borghesia sovversiva e di sinistra in Italia ci ha veramente stufato, è incapace di dare un giudizio obiettivo delle forze in campo, non ha capito niente della rivoluzione russa, niente del significato sociale del fascismo, si fa abbagliare dalle forme politiche, confonde l’armata rossa con l’esercito russo, mentre ripete ogni sorta di insulto contro lo stalinismo simpatizza per Putin, lo zar del capitalismo russo. Stanno zitti di fronte alla resistenza degli operai, della piccola borghesia ucraina contro l’invasione, nemmeno un atto di solidarietà. Sono, da vecchi seguaci del pretume, contro la guerra in generale, senza specificazione di chi la fa, chi la subisce e per quali ragioni di classe. Fortunatamente le forze che muovono le classi non dipendono dalle loro chiacchiere e come operai non abbiamo bisogno dei loro predicozzi politici “antagonistici”. Gli internazionalisti, dei quali abbiamo apprezzato la battaglia contro i cedimenti riformisti di alcuni altri sedicenti internazionalisti, ci hanno qui deluso, il loro approccio al marxismo si è rivelato solo una formalità ripetitiva. Si ritagliano il ruolo di tenere accesa una fiammella di testimonianza dell’internazionalismo proletario proprio mentre con le primitive bottiglie molotov gli operai prendono parte alla lotta all’invasione dell’esercito imperialista russo e danno un contributo agli operai in Russia e a quelli del modo intero mostrando che l’imperialismo può essere combattuto e vinto. Facevamo già uno sforzo per leggere il materiale prodotto da questi “internazionalisti” fra virgolette ma dopo che abbiamo avuto la conferma che nell’epoca dell’imperialismo non riescono a distinguere aggrediti da aggressori l’interesse per quello che scrivono si riduce a zero.
E.A.
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