Già il nome Rostrum con cui si firmano rimanda a qualcosa di mostruoso, leggendo poi i loro articoli la mostruosità è tangibile, e se Lenin fosse in vita oggi dedicherebbe a Rostrum il massimo disprezzo nel rispondergli, come meritano i filistei, così li chiamava Lenin, e chi fa caricatura del marxismo. Anzitutto questi che nelle loro precedenti uscite avevano fatto professione di sbrindellati principi internazionalisti, indicando che l’unica via d’uscita per il proletariato ucraino era la fuga, la resa, e qualsiasi partecipazione attiva alla resistenza all’invasione dell’imperialismo russo sarebbe stato un inutile coinvolgimento in un conflitto, che lo avrebbe tenuto al traino delle istanze borghesi di libertà e unità nazionale, adesso ripescano frettolosamente qualche testo di Lenin e parlano per la prima volta, dopo svariati articoli e a 40 giorni dall’invasione russa in Ucraina, del principio di autodecisione delle nazioni (benvenuti!), mostrando (perfino!) un qualche interesse per le sorti del proletariato ucraino ma, nel tentativo di interpretarli a sostegno della loro tesi, commettono errori ancora più grossolani di quanto non abbiano già fatto in precedenza. Così questa coraggiosa operazione di arrampicata sugli specchi finisce per essere necessariamente confusa e trattare la questione complessa dell’autodecisione con qualche furbata lessicale e risvolti meccanicisti e liquidatori del tipo: “l’autodecisione delle nazioni è sempre subordinata, per il socialismo rivoluzionario, agli interessi della classe proletaria”. Il “subordine” esiste (benvenuti anche su questo!), non a caso chi non aveva la necessità di rimestare tra opuscoli e documenti, “il tale E.A.”, su questo giornale ha posto fin dall’inizio la questione ucraina sia nei termini del diritto all’autodeterminazione sia nei termini di come il proletariato ucraino potesse farsi largo in questo scontro, ma dentro un ragionamento più articolato, che presuppone passaggi precisi che i nostri detrattori volutamente non guardano per portare acqua al loro mulino che gira tra enunciazioni astratte e negazioni pratiche, enunciano e negano, per arrivare ad identificarsi con un indifferentismo annessionista.
Facciamo chiarezza: il principio della piena uguaglianza di diritti tra nazioni, che passa per il riconoscimento del diritto di autodecisione delle nazioni, permette la più stretta unione del proletariato di tutti i paesi. Chi tiene all’internazionalismo proletario non può eludere con parole vaghe e ambigue il diritto di autodecisione delle nazioni, e se lo sostiene, deve essere conseguente nella sua politica, sostenere cioè attivamente il diritto di ogni nazione di decidere essa stessa delle proprie sorti, riconoscerlo e sostenerlo, entro questa attività dialettica noi guardiamo le possibilità del proletariato della nazione oppressa e della nazione dominante di rafforzare il proprio legame e la propria lotta, e di opporsi ad ogni esclusivismo e privilegio che anche la borghesia del paese oppresso, impegnata nella lotta per l’indipendenza, cercherà di conquistare. Cercherà di usare la forma democratica del suo potere, una volta conquistata l’autodeterminazione, per ristabilire il suo dominio sugli operai e sui lavoratori in generale. Ma è qui che si apre la possibilità reale di una lotta per il potere delle classi subalterne che armi alla mano hanno preso parte al movimento di liberazione. È in questa realtà, nel distinguo tra noi e loro, noi proletariato, loro borghesia, che la classe operaia affronta i passaggi necessari per la sua emancipazione e si educa alla lotta rivoluzionaria. Il veleno nazionalista che la borghesia sparge in ogni conflitto, e naturalmente anche in quello nazionale, non può portarci a chiudere gli occhi sull’oppressione e la violenza scatenata dal paese dominante, e solo in questa lotta il proletariato affianca la sua borghesia, per combattere con la stessa risolutezza il suo nazionalismo. Nella guerra per l’indipendenza politica gli interessi del proletariato e quelli della sua borghesia convergono e confliggono, convergono dal lato della lotta contro la borghesia della nazione dominante e confliggono dal lato del nazionalismo e degli interessi nazionali che sono interessi esclusivi della propria borghesia. Chi non tiene conto di questa dinamica e allontana da sé con lo spauracchio del nazionalismo il principio dell’autodecisione delle nazioni, non solo non guarda agli interessi del proletariato internazionale, ma è il miglior complice dell’imperialismo dominante, un servetto sciovinista. Per questi motivi Lenin si spinge a dire, senza il timore di perdere le coordinate della rotta internazionalista, che nelle circostanze delle guerre per l’indipendenza economica e politica, è un intero popolo a ribellarsi, a muovere guerra o a difendersi nella guerra, nella sua composizione necessariamente interclassista diremmo oggi, con i distinguo di cui sopra, e che non è sbagliato, anzi necessario, in queste circostanze, parlare di “difesa della patria”, concetti che gli internazionalisti evangelisti di casa nostra taccerebbero immediatamente come tradimento delle sacre scritture ispirate al loro astratto e ipocrita internazionalismo proletario. Ma gli manca il coraggio che altri anticomunisti di sinistra hanno di attaccare direttamente Lenin come difensore della patria dei paesi oppressi.
Dicono i coalizionisti, pur ammettendo l’autodecisione delle nazioni (che nel loro caso resta tuttavia un’enunciazione vuota di senso politico) nell’attuale guerra in Ucraina questo aspetto è del tutto marginale, perché prevarrebbe lo scontro imperialistico tra due fronti.
Del tutto marginale? Allora sono veramente dei rostrum!
Lenin dice: la guerra è la continuazione della politica. Per analizzare le caratteristiche di un conflitto e capire se esso ha natura imperialistica o nazionale, bisogna valutare la politica. La politica che ha preceduto quel conflitto, la politica che ha portato a quel conflitto. Gli evangelisti dell’internazionalismo si vede che conoscono poco e niente di quello è successo in Ucraina negli ultimi trent’anni. I movimenti nazionali in Ucraina sono scoppiati immediatamente dopo la dichiarazione d’indipendenza del paese a seguito della disgregazione dell’URSS, perché si trattava di un’indipendenza formale, incompiuta, sia dal punto di vista economico, ma soprattutto dal punto di vista politico. Come giudicano gli internazionalisti le rivolte che ci sono state nel 2008 in Ucraina, la cosiddetta rivoluzione arancione, che portò alla prima destituzione del governo filo russo, e che ha rappresentato in Ucraina quello che le cosiddette rivoluzioni di velluto hanno rappresentato per i paesi dell’Est Europa alla fine degli anni 80 per liberarsi dal giogo russo? E come giudicano quello che è accaduto nel 2014 con le rivolte di piazza Maidan? Il paese in oltre trent’anni è stato costantemente attraversato da movimenti per l’indipendenza politica nazionale tesi a liberarsi dei clan politici scelti da Mosca. Questo è il retroterra preciso, concreto e storico, che ha portato all’invasione russa del febbraio scorso. E su questo dovrebbero ragionare i «coalizzati senza operai» che parlano di guerra imperialista.
Si dirà: ma l’intervento strumentale di altri paesi imperialisti europei o dell’alleanza Nato è incontestabile, hanno un ruolo attivo nella guerra in Ucraina, e questo denota il carattere imperialista del conflitto in corso. Certo, c’è sempre stato l’intervento di paesi terzi che hanno tentato di profittare dell’instabilità politica in Ucraina e dei moti nazionali che sono sorti per attrarre l’Ucraina nella loro sfera di influenza economica e politica. E il ruolo attivo da parte di questi paesi è presente anche oggi. Ma rispondiamo, ancora, con Lenin: l’intervento di altri paesi imperialisti in una guerra di carattere nazionale non deve portarci a negare il carattere nazionale di quella stessa guerra, in quanto la dinamica di scontro tra paese dominante e paese oppresso permane, nonostante l’intervento attivo di altri paesi imperialisti. Ed è esattamente quanto sta accadendo oggi in Ucraina. Nonostante queste evidenze storiche i “coalizionisti senza operai” negano che la guerra in Ucraina abbia il carattere di una guerra per l’indipendenza politica e democratica. Inoltre Lenin, rispondendo a chi gli contestava che nell’epoca imperialistica fosse sbagliato parlare ancora di autodecisione delle nazioni, proprio come fanno questi saltimbanco, afferma che appigliarsi “all’epoca” è non dire niente. Nella nostra epoca l’imperialismo è dominante, ma dato lo sviluppo ineguale del capitalismo nelle varie regioni del mondo, non possiamo negare che possano svilupparsi ancora guerre di carattere nazionale, e in effetti nel secolo scorso abbiamo tantissimi esempi: la questione irlandese si è protratta fino alla fine del Novecento ad esempio, le regioni delle ex-repubbliche sovietiche sono costantemente in tensione per lo sviluppo di movimenti nazionali, dalla Cecenia, alla Georgia, all’Ucraina, poi abbiamo il caso palestinese, con delle sue peculiarità, quello curdo, nazione negata all’interno delle frontiere di tre Stati, l’invasione dell’Afghanistan, prima da parte dei russi, poi ad opera degli americani etc. Lenin escludeva che guerre di carattere nazionale si potessero ancora sviluppare nei paesi progrediti, imperialisti dell’Europa occidentale e negli Stati Uniti, dove i tempi erano maturi per la rivoluzione socialista, ma in altre regioni del mondo, dove il processo democratico era incompiuto, le guerre di carattere nazionale sarebbero state all’ordine del giorno, perfino dopo l’avvento di una possibile rivoluzione socialista nei paesi più sviluppati. Il mostruoso internazionalista Rostrum ha deciso che poiché siamo nell’epoca dell’imperialismo, le guerre nazionali non esistono e non esisteranno più, dovendo quindi piegare la realtà alle sue convinzioni teoriche bislacche, deve necessariamente negare quanto sta accadendo in Ucraina non già adesso, ma da almeno 30 anni! Negare perfino che in Ucraina non si sia mai sviluppato un processo democratico compiuto, indipendente, libero, e che questo ritardo sia indissolubilmente legato alla storia del Novecento e all’URSS che ha inevitabilmente ritardato il processo di emancipazione di quel paese come degli altri paesi di quell’area (vuoi vedere che gratta gratta sotto la scorza di questi duri internazionalisti ci troviamo degli inconsapevoli sciovinisti e difensori inconsapevoli dell’autoritarismo sovietico?). L’implacabile Rostrum negherà forse ancora questa circostanza quando prossimamente assisteremo allo scoppio di altre guerre di carattere nazionale, ad esempio la più che probabile aggressione militare della Cina a Taiwan, perché lui e la sua corrente hanno deciso che l’imperialismo dominante nega lo stato di asservimento politico in cui si trovano decine di nazioni nel mondo.
Maliziosamente, da infimi opportunisti quali sono, recuperano le parole di Lenin sulla necessità di tramutare la guerra imperialista in guerra civile, in scontro con la propria borghesia da parte del proletariato, nella guerra imperialistica o nelle guerre tra Stati progrediti, guerre di rapina, di spartizione di bottino, di conquista o difesa di mercati, per dimostrare che in Europa oggi sta accadendo questo. In Europa e quindi – aggiungono – anche in Ucraina. Quindi anche in Ucraina? E questo sarebbe un metodo di analisi marxista? E quali sarebbero le basi economiche e politiche che caratterizzano quindi la guerra imperialista da ambo le parti? Non fanno uno straccio di analisi al riguardo e a sostegno della loro teoria, inanellano solo una serie di citazioni carpite in modo dissennato e fraudolento per adattare la realtà storica e politica dell’Ucraina ai dogmi della loro corrente. Che straccioni! Del resto Lenin non ha mai negato, quello che invece loro vorrebbero far apparire come già presente in mezzo a noi, cioè le caratteristiche di una guerra imperialistica tra Stati, anzi a più riprese sottolinea che una guerra nazionale può tramutarsi in una guerra imperialistica, e se pure ciò dovesse avvenire, e noi non escludiamo che possa avvenire per il caso ucraino, questo non nega la giustezza delle posizioni assunte quando quel conflitto, per ragioni storiche, politiche ed economiche ben precise, in considerazione dello sviluppo della politica di quei paesi, aveva le caratteristiche di una guerra per l’indipendenza nazionale.
Un’altra perla del loro scritto: “È innegabile che anche nella guerra in corso in Ucraina si presentino degli elementi di oppressione nazionale, anzi, questi elementi si manifestano con il procedere di qualsiasi guerra imperialista”. Sono proprio dei burloni, ravvisano degli elementi di oppressione nazionale, anche se si guardano bene dal dire quali e in quali circostanze si siano sviluppati (che sono gli elementi? Forse il controllo politico totale su quel territorio, l’innesto di governi fantoccio che rispondessero ai diktat di Mosca e ai sovrapprofitti della borghesia russa, la reiterazione di elezioni farsa con dei palesi brogli? E questi elementi non caratterizzano forse il grado di oppressione e sottomissione politica in cui versa quel Paese?) ma al contempo, nonostante la presenza di questi elementi – indefiniti per loro – negano che ci siano le caratteristiche di un’oppressione nazionale in questo conflitto. E quindi dovrebbero spiegarci da quali circostanze storiche e politiche trae origine questo conflitto, perché se non lo fanno – e infatti non sono in grado di farlo – tutto quello che sostengono nel loro articolo porta alla conclusione che, posti questi elementi di oppressione nazionale, siamo in presenza di una guerra di tipo nazionale.
E il carattere di una guerra nazionale è ben distinto da quello di una guerra imperialista in cui – dice Lenin – i fronti contrapposti entrano in guerra per la spartizione del bottino, per decidere con la violenza militare quale dei due fronti avrà la meglio sul numero delle nazioni oppresse da sfruttare. Sono molteplici i passaggi in cui Lenin differenzia le caratteristiche di una guerra per l’autodecisione nazionale da quella imperialista, e per questo motivo, solo chi tenta una scellerata operazione di revisionismo opportunistico può citare Lenin per affermare delle tesi che Lenin stesso ha puntualmente smentito!
Continuano: “altrettanto innegabile è che il carattere predominante di questa guerra non è quello di una lotta di “liberazione nazionale”, perché la libertà economica e politica dell’Ucraina era assai relativa anche prima dell’invasione russa e sicuramente non si libererà dal dominio imperialista con la sconfitta del solo imperialismo russo”. Qui siamo all’apoteosi dell’idiozia, di chi fa delle affermazioni senza avere la minima capacità di accorgersi che queste affermazioni sono la precisa negazione della tesi che sta tentando con una fatica puerile di portare avanti. Affermano che non si può trattare di una guerra d’indipendenza nazionale perché le libertà economiche e politiche dell’Ucraina erano assai relative anche prima dell’invasione russa. Niente meno che forse sono arrivati a capire per quale motivo abbiamo una forma incompiuta e arretrata di democrazia in Ucraina? Le libertà erano relative in Ucraina? E perché erano relative? A quale nazione l’Ucraina era asservita sia economicamente che politicamente? A quale nazione è stata asservita in tutto il Novecento? E se questo grado di asservimento non ha mai consentito che si sviluppassero libertà democratiche piene e compiute, tant’è che le definiscono “relative”, allora come si può negare che il movimento che attraversa l’Ucraina da trent’anni contro l’oppressione russa sia un movimento d’indipendenza nazionale? Dicono che non tutto è cominciato con l’invasione russa. Bravi. Infatti la guerra è la continuazione della politica. E all’invasione giungiamo proprio perché il paese dominante, la Russia, non tollera e non riesce più a contenere con altri mezzi politici le spinte indipendentiste che in questi anni sono sedimentate ed esplose nel paese oppresso e che si sono necessariamente collegate anche agli interessi di paesi terzi. Ci sarebbe ancora molto da scrivere sul mostruoso Rostrum, ma meglio smetterla qui con questi falsificatori del marxismo!
A. B.
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