La situazione degli operai peggiora di giorno in giorno, bassi salari, precariato, licenziamenti. Se gli operai inizieranno un vero movimento di resistenza vedranno la vera faccia di Draghi, da interessato paladino degli ucraini a sostenitore aperto dei profitti dei grandi industriali italiani.
Caro Operai Contro, non passa giorno che un’azienda licenzia, l’altra chiude o si trasferisce, altre ancora – ognuna con la propria storia – non pagano o prendono provvedimenti peggiorativi per gli operai.
Insieme alle condizioni dei contratti capestro che vengono imposte ai giovani ma non solo, la “precarietà del lavoro” dilaga sempre di più, ben oltre i dati riportati da una certa stampa come “L’Espresso” (8 maggio 2022) che identifica “L’esercito dei precari” (in attività ndr) solo con “i dipendenti a termine” che sarebbero a febbraio 2022 (L’Espresso cita l’Istat) 3.175.000.
Ma l’Istat non dice assolutamente che (fra gli attivi ndr) solo “i dipendenti a termine” sono precari. Questa è un operazione dell’Espresso che in ossequio alla linea editoriale della famiglia Agnelli, ridimensiona il numero dei precari, (in attività ndr) che tali sono pur con svariate differenze al loro interno.
Basandosi sui dati Istat del 2019, non condizionati dalla pandemia, si hanno tra operai e lavoratori dipendenti:
12.237.000 permanenti a tempo pieno.
2.745.000 permanenti a tempo parziale.
2.122.000 a termine a tempo pieno.
944.000 a termine a tempo parziale.
18.048.000 totale lavoratori dipendenti nel 2019.
Senza i “permanenti a tempo pieno”, la somma delle altre tipologie contrattuali, dà 5.811.000 operai e lavoratori dipendenti, appartenenti a quelli che vengono definiti “contratti atipici”. Sono il 32% di tutti i lavoratori dipendenti e il 47,5% rispetto i “permanenti a tempo pieno”.
Poi ci sono da aggiungere valanghe di precari che si trovano nei “permanenti a tempo pieno”. Perché, quando per vari motivi all’operaio viene a mancare in parte o in toto il salario, per cig, licenziamento o altro, (salario già fermo in Italia da 30 anni) finita la Naspi se c’è un reimpiego è quasi sempre in peggio, anche se assunto a tempo indeterminato. Questo processo può durare anni: operai che per le statistiche risultano tra i cosiddetti “garantiti” ma sono precari. Per ritrovarsi quasi sempre tali anche alla fine di questo percorso.
Quindi non è precario solo chi è inquadrato in un contratto atipico, o come vorrebbe L’Espresso “i dipendenti a termine”, ma in modo diverso, anche numerosi operai e lavoratori dipendenti “permanenti a tempo pieno”.
Mentre la guerra in Ucraina, aggredita dall’esercito di Putin polarizza l’attenzione, nei paesi dove non si combatte direttamente armi in pugno, la guerra generata dallo sfruttamento operaio viene alimentata sempre di più dai padroni, con l’aumento di ritmi, orari, turni, carichi di lavoro, mansioni, mezzi e soluzioni posticce, insicure e precarie, che tutti i giorni lasciano morti e feriti sul campo.
Al 6 maggio 2022 i morti sul lavoro (escluse malattie professionali) sono 455 di cui 222 sui luoghi di lavoro e 233 in itinere e sulle strade. Dei feriti e superstiti riportiamo qui sotto alcuni esempi fra i casi degli ultimi giorni.
12 maggio.Solo vaghe promesse da parte del ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco, per il ricollocamento dei 7.800 dipendenti della ex Alitalia. 800 di loro arriveranno alla pensione nel biennio di cig, 2022/2023. Dopodichè per i rimanenti 7 mila l’unica certezza saranno 2 anni di Naspi.
11 maggio. Mentre per i giovani e non solo per loro, ci sono contratti capestro con condizioni e salari iniqui, Eurostat rende noto che nei 10 anni a ritroso dal 2021, gli operai e i lavoratori in attività tra i 55 e i 64 anni, sono aumentati nientemeno che del 63%. Passando dai 2.813.000, a 4.588.000, ben 1.775.000 in più.
10 maggio. 29 operaie/i nell’appalto di pulizie della Romeo Gestioni nel foggiano, hanno manifestato ieri davanti ai cancelli dell’aeroporto militare di Amendola, base del 32° Stormo dell’Aeronautica Militare, dove lavorano. La protesta è contro i contratti di 2,5 – 3 ore con salari di 300 euro mensili.
9 maggio. Oggi circa 2 mila operai compresi 350 degli appalti, hanno scioperato per 4 ore nelle fabbriche Eni di Porto Marghera e Mantova. Lo stato di agitazione continuerà per opporsi ai piani aziendali di Eni di chiudere l’impianto chimico di Porto Marghera.
8 maggio. In una RSA di Piove di Sacco, Padova, una ventina di operatori sanitari e infermieri aspettano ancora la tredicesima, la cooperativa Carpiedem non salda alcune mensilità arretrate. Le conseguenze per molti lavoratori: non riescono a far fronte al mutuo che rischia di saltare; altri non riuscendo a pagare la retta degli asili nido, rischiano l’allontanamento dei figli.
7 maggio. 70 esuberi alla Gilbarco di Firenze. In avvio la procedura di licenziamento collettivo per 31 operai. Ad altri 39 interinali non verrà rinnovato il contratto in scadenza a giugno. Eliminare 70 operai su 167 e portare la produzione in Germania. Così ha detto l’azienda alla Fiom che ha dichiarato: “L’azienda non è assolutamente in crisi e la decisione è dettata solo dalla volontà di aumentare i profitti”. Aggiungendo: “Non c’è nessuna disponibilità a trattare alcun licenziamento. Diffidiamo pertanto l’azienda dall’aprire la procedura di licenziamento collettivo”.
6 maggio. Dopo la dichiarazione di 325 esuberi la Verti, società nel campo assicurativo di Cologno Monzese (Mi) si muove per 180 licenziamenti collettivi.
5 maggio. Nella ex Fiat di Mirafiori oggi Stellantis, Fim e Uilm hanno firmato un accordo col padrone per estromettere altri 480 operai con i licenziamenti incentivati così suddivisi: 370 delle Carrozzerie, 80 delle ex Meccaniche, 30 delle Presse e Stampaggio. In totale si arriverebbe a 2.300 operai allontanati con licenziamenti “spontanei”. La Fiom non ha sottoscritto l’accordo ma finora non ha preso alcuna iniziativa, limitandosi a commentare: “In un anno hanno incentivato a lasciare lo stabilimento 2.300 lavoratori, l’età media dentro il sito produttivo attualmente è di 55 anni. Tra dieci anni Stellantis non dovrà chiudere Mirafiori perché andando avanti così si chiuderà da solo”. Soprattutto se il sindacato resterà a guardare – aggiungiamo noi.
4 maggio. i 70 dipendenti della Pernigotti di Novi Ligure sono in assemblea permanente. La produzione è ferma da mesi e il 30 giugno finirà per tutti la cassa integrazione.
L’azienda vuole trasferire l’attività da Novi Ligure a Gorizia nel Friuli, così il padrone manterrebbe lo storico marchio, mettendo i 70 dipendenti nella condizione di licenziarsi.
Saluti Oxervator.
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