Con un comunicato i minatori di BELARUSKALI rompono ogni rapporto di sudditanza con la borghesia di opposizione a Lukashenko che per più di un anno li ha portati a spasso senza una vera scelta di rottura, senza prospettive. Sostengono la resistenza degli operai ucraini e vogliono fare in proprio.
Nel 2020 tramite Telegram e altre fonti ho seguito la protesta dei cittadini bielorussi per l’ennesima farsa elettorale che ha rinnovato il mandato presidenziale a Lukashenko, che ad oggi grazie a brogli, crimini, repressione è in sella da 28 anni. Era evidente che il risultato ufficiale 80% contro 10% di Svetlana Tikanovskaja era artefatto.
Le proteste di strada, con scontri con la polizia, sono iniziate già la sera del 9 agosto, guidate da giovani e il 10 sera c’è stato il primo morto. Il movimento di protesta si è allargato velocemente, malgrado la violenta repressione poliziesca e ha coinvolto molti settori della popolazione cittadina di Minsk e di altre città. Le campagne restano in genere tranquille per tutto il periodo; sono la base di Lukashenko che aveva iniziato la carriera in un kolkhoz.
Ma nelle città si respira un’aria che pare pre-insurrezionale: in tutti i settori vi sono scioperi, picchetti: nelle grandi fabbriche meccaniche di Minsk, nelle miniere di potassio a Soligorsk dove si avanzano richieste salariali e di allontanamento di dirigenti, nelle officine e fabbrichette anche a Brest, Gomel, Grodno ecc; scioperano gli studenti, alcuni insegnanti, medici e infermieri, artisti e lavoratori del teatro. Qualche presentatore televisivo si dimette e i veterani protestano indossando le medaglie. Ai lati delle arterie stradali che portano in centro si formano lunghi picchetti che agitano la bandiera tradizionale bianca e rossa: vanno avanti fino a tardi e creano anche blocchi stradali per ostacolare il movimento della polizia. Ad una manifestazione hanno partecipato ex-parà marciando inquadrati. Nei quartieri popolari la sera dopo il lavoro la gente scende nelle corti tra le case per scambiarsi notizie, cenare assieme, partecipare a ronde che urlano slogan e rafforzare i picchetti sulle strade. Uno anche si suicida, per protesta, con il fuoco.. Gira voce che alcuni sottufficiali della polizia e delle guardie di frontiera abbiano rassegnato le dimissioni disgustati dalla violenza contro i manifestanti. Il tutto mentre si ripetono manifestazioni domenicali di più di 200.000 persone a Minsk e mobilitazioni in molte altre città.
Lukashenko in effetti pare molto preoccupato: si muove in elicottero, indossa giubbotto antiproiettile e tiene a portata il kalashnikov: sta preparando anche un incontro, che farà poco più avanti, con alcuni dirigenti dell’opposizione in carcere, evidentemente per saggiare la possibilità di una mediazione nel caso si mettesse male per lui.
Gli operai non prendono posizione in modo organizzato nelle manifestazioni centrali; certamente sono sparpagliati nei cortei, solo una volta, a fine agosto partecipano ad una di queste concentrandosi e partendo dal quartiere Zavod (fabbrica) e si dirigono al centro senza striscioni o bandiere a distinguersi a seconda delle varie fabbriche: sono solo una massa unica. Per il resto gli operai erano mobilitati nelle fabbriche dove facendo i conti con la repressione poliziesca, le delazioni e l’opposizione dei sindacalisti “di stato”, lottavano per il riconoscimento del risultato elettorale implicitamente per diritti democratici nelle fabbriche, per miglioramenti salariali, per la riassunzione di colleghi licenziati per motivi politici e l’allontanamento di dirigenti, capi e capetti con i quali si scontravano. I minatori di Soligorsk organizzavano di quando in quando un incontro nel parco cittadino la domenica pomeriggio. Venivano regolarmente disturbati, picchiati e arrestati dalla polizia, ciò nonostante continuavano la lotta in miniera.
In tutta questa fase la direzione politica e pratica del movimento era gestita soprattutto dal Comitato di Coordinamento per la transizione, di cui la Tikanovskaja faceva parte. Raccoglieva gli oppositori al regime, era stato il comitato di sostegno della campagna elettorale, trasmetteva parole d’ordine e indicazioni organizzative pratiche e anche aria fritta tramite il canale Basta! di Telegram.
Dopo un po’ di quelle manifestazioni oceaniche mi chiedevo perchè non venissero riprese spinte più radicali che emergevano qua e là nei cortei e non si sfruttasse il momento favorevole per imporre quella che chiamavano la transizione. Tanto più che il 14 settembre 2020 Putin, incontrando Lukashenko a Sochi, ribadì sottilmente quanto anticipato da diplomatici russi, cioè che non sarebbe stato contrario ad una modifica pacifica del regime a Minsk purchè non si fossero affacciati al potere elementi filo Nato. Putin sarebbe stato pronto a venire a patti con la borghesia bielorussa pur di evitare che divampasse un incendio che avrebbe anche potuto estendersi in Russia. La stessa attitudine da parte dei capitali stranieri in relazione d’affari con il paese, primo fra tutti Yara, multinazionale di origine norvegese, maggiore acquirente del potassio estratto dalla Belaruskali di Soligorsk.
La risposta stava nella composizione e nella politica del Comitato di Coordinamento. Eccoli:
.Svetlana Tikhanovskaya – insegnante di inglese e interprete, moglie di Sergej Tikhanovsky che è in prigione. Si è presentata alle votazioni per le presidenziali il 9 agosto 2020 alle quali ufficialmente ha ottenuto il 10.12% contro l’80.10% di Lukashenko cifra segnata da evidenti brogli in tutto il paese. La Tikhanovskaya non ha atteso molto a lasciare il paese sebbene la protesta popolare ad agosto fosse montante. Il 20 agosto 2020 si è rifugiata in Lituania dove aveva già provveduto a riparare i due figli. Da allora si comporta da presidente “ombra”, viaggia il mondo tessendo contatti con governi, associazioni, enti finanziari, imprenditori, allo scopo dichiarato di sostenere la resistenza nel paese, una bella vita. Tra un viaggio, una conferenza o un pranzo di gala, si ricorda però di incitare i bielorussi alla lotta, al sacrificio, contro il dittatore.
.Maria Kolesnikova – musicista, unico membro del Consiglio ancora in Bielorussia. E’ presente nel movimento, marcia in testa ai cortei, progetta di fondare un partito “Assieme” che sarebbe lo strumento politico per trattare con Lukashenko. Ma il 7 settembre viene rapita, non arrestata, dalla polizia, trattenuta in posto segreto per poco tempo, minacciata di “sparizione”, poi portata ad un posto di confine con l’Ucraina per un espatrio forzato. Lei fa a pezzi il suo passaporto, che le era stato restituito per l’occasione, così da non avere titolo a passare la frontiera. Viene allora incarcerata, processata nel 2021 e sta scontando 11 anni. Di recente aggiunta alla lista di 60 terroristi, rischia la pena capitale.
.Valery Kovalewsky – ex-diplomatico, espatriato, qualche apparizione in ambienti diplomatici per raccolta fondi.
.Svetlana Aleksievich – giornalista, premio Nobel per la letteratura, espatriata, non ho notizie.
.Sergej Dylevsky – tecnico della MTZ (Fabbrica trattori di Minsk), espatriato a Varsavia, non ho notizie.
Si noti che tutti gli espatrii sono avvenuti prima della fine del 2020 quando il movimento era ancora abbastanza forte. Inoltre in prigione, tra gli altri:
.Viktor Babariko – banchiere. Dal 2000 presidente di Belgazprombank, la banca che cura le relazioni finanziarie con la Russia relative alla fornitura di gas russo. Uno tra gli inspiratori dell’opposizione a Lukashenko. Nel 2020 si dimette per partecipare alle elezioni presidenziali ma viene tolto di mezzo con l’accusa di corruzione ed evasione fiscale; nel 2021 condannato a 14 anni.
.Sergei Tikhanovsky – impresario, blogger e youtuber famoso in Bielorussia, arrestato nel maggio 2020 prima che potesse presentarsi alle elezioni presidenziali. Condannato a 18 anni per avere organizzato rivolte di massa, incitato alla violenza e ostacolato lo svolgimento delle elezioni dell’agosto del 2020. Marito di Svetlana Tikhanovskaya.
La matrice di classe borghese di questi personaggi non lascia dubbi. A parte il tecnico Sergej Dylevsky, sempre dietro al carro del Comitato e abbastanza amorfo, tutti gli altri sono i rappresentanti della borghesia cresciuta all’ombra del sistema oligarchico di Lukashenko e che in alcuni casi, come Babarenko hanno contribuito significativamente allo sviluppo di quel sistema prima di venirne schiacciati per non essere stati al loro posto. Raggiunto un certo benessere e posizione sociale reclamano anche il potere politico, da ottenersi con una transizione basata sui meccanismi della democrazia elettiva, modo che permette di cavalcare il malcontento e ottenere voti da ampi strati piccolo borghesi e proletari delle città che non ne possono più di Lukashenko. La proposta del Comitato di Coordinamento è quindi riformista già per la sua natura di classe, di fatto al di là delle parole mira ad un accordo, in qualsiasi forma, per la spartizione con Lukashenko. Inoltre il Comitato ha più volte tenuto a sottolineare di non progettare l’ingresso nella Nato, con un occhio alla Russia fornitrice di gas e ottimo cliente per il mercato nero nel quale la Bielorussia si pone come intermediario per aggirare le sanzioni (allora) contro la Russia.
E’ dunque chiaro che i borghesi del Comitato di Coordinamento non hanno alcun interesse a che il movimento popolare tolga di mezzo Lukashenko, privandoli di una controparte più che autorevole per una possibile trattativa, e che tale movimento riesca a scrollarsi di dosso sindacati conniventi, salari da fame e repressione nelle fabbriche. Ecco il motivo dell’azione di pompieraggio: il movimento è stato raffreddato, lasciato alla mercé della repressione: i sacrifici, le botte, gli omicidi sono solo finalizzati alla realizzazione del progetto di una banda di ricchi per poter controllare in prima persona le ricchezze del paese e firmare contratti ad est e ad ovest per espandere l’attività industriale sfruttando ancora più intensamente i lavoratori bielorussi.
Ma il dittatore adesso non cerca soci in affari, è ancora ben forte e la guerra lo rende ora insostituibile per i russi e forse anche per l’occidente. Allora peggio per quei borghesi che, non osando con la loro mentalità ristretta, hanno perso un’occasione storica.
Nel mentre gli operai, che non sono molto in contatto con il ceto politico borghese, hanno dunque seguito la propria strada, al momento non hanno altra possibilità che quella di difendere gli spazi di agibilità politica in fabbrica e a difendere le loro già misere condizioni. Inoltre i minatori si sono espressi chiaramente, il 24 febbraio, in favore degli ucraini e sostengono il battaglione Kastus Kalinovsky, formato da bielorussi, che combatte a fianco degli ucraini.
Messi assieme i fatti che si sono dipanati per mesi ero giunto alla conclusione che la borghesia bielorussa usa il movimento di massa solo per dare forza al proprio progetto di transizione; i ceti popolari che animano il movimento credono a quella prospettiva di democrazia parlamentare, si mobilitano e non ottengono niente; gli operai delle grandi industrie ed i minatori non si fanno grosse illusioni ma sentono che il momento è favorevole alle proprie rivendicazioni salariali e democratiche ed infatti con la lotta nelle fabbriche ottengono risultati sindacali e politici.
Ne ero convinto ma non potevo scriverne, semplicemente non avevo documenti a sostegno e non ero riuscito ad avviare un dialogo con elementi avanzati delle fabbriche per avere spiegazioni.
Ne scrivo ora perchè adesso un documento c’è, viene dal Comitato di sciopero dei minatori di Belaruskali, un documento diretto, semplice e chiaro. Un documento che mostra quale sia la relazione tra gli operai e i dirigenti borghesi del movimento, in primis Svetlana Tykhanovskaya. Il documento testimonia la chiara visione strategica dei minatori, e probabilmente degli operai di altre fabbriche che sicuramente lo hanno letto: gli operai scindono la loro posizione da quella dei borghesi che cianciano di democrazia per il loro tornaconto. In una situazione difficile per la repressione, cui si aggiunge lo stato di guerra, non è poco. Il documento rammenta ai borghesi che gli operai, i loro nemici, stanno in guardia. Un documento che scalda il cuore. Buona lettura.
M.B.
Da Telegram СТАЧКОМ ОАО “Беларуськалий” (Comitato di sciopero di Belaruskali) 26/5/22
Il comunicato del Comitato di sciopero‼️
Al forum di Oslo, in Norvegia, l’ufficio di S. Tikhanovskaya e la Fondazione Baysol hanno nuovamente tentato di raccogliere fondi promuovendosi nel movimento operaio.
Il comitato di sciopero del JSC “Belaruskali”, essendo allo stesso tempo co-organizzatore dell’Associazione bielorussa dei lavoratori del boro, dichiara ancora una volta a una certa struttura che si chiama fondazione di beneficenza Baysol, nonché un’iniziativa con un carattere di incerto status – Ufficio di S. Tikhanovskaya: SMETTETE di raccogliere denaro e di annunciare raccolte finanziarie per nostro conto, sotto le nostre organizzazioni e in linea di principio per ogni movimento della classe operaia!
Al momento, gli attivisti del Movimento Operaio, tramite fughe di notizie, sono incarcerati, minacciati con articoli di “estremismo” e “tradimento”. Non avete ASSOLUTAMENTE alcun legame con le iniziative dei lavoratori, con i lavoratori all’interno del paese, ma con persistenza maniacale raccogliete i finanziamenti per il movimento di resistenza sindacale. Sono state raccolte somme enormi. Da chi le raccogliete, come e tra chi le distribuite?!
Ancora una volta mostrate la vostra avidità e la vostra mancanza di scrupoli.
RICHIEDIAMO inoltre relazioni sui fondi precedentemente ricevuti dall’UE, dalle organizzazioni sindacali in Europa e dalla società norvegese Yara ai fini del movimento operaio e dell’assistenza ai dipendenti repressi delle imprese, compresi importi molto specifici per i minatori che sono stati repressi e licenziati per ragioni politiche.
CHIEDIAMO di rispondere alla lettera precedentemente ricevuta da S. Tikhanovskaya dal Comitato di sciopero.
CHIEDIAMO di rispondere a quale diritto morale hanno la suddetta società Baysol e la cittadina S. Tikhanovskaya di parlare a nome dei lavoratori del paese, da loro traditi e abbandonati? Comprendiamo che la S. Tikhanovskaya attualmente non ha la sua volontà politica, è completamente controllata ed esprime gli interessi di Baysol e di alcuni compagni che le pagano le spese.
In caso di ulteriore ignoranza dei nostri ricorsi, verrà presa in considerazione la possibilità di ricorrere ai tribunali della giurisdizione europea nel luogo di registrazione con un’istanza per avviare un’indagine finanziaria contro il suddetto gruppo di persone.
Per capire, aggiungiamo che Baysol è una specie di organizzazione che spende i fondi raccolti dal mondo a un filo di premurosi bielorussi, come piace a lei. Ci auguriamo che i servizi speciali dell’Ucraina e Kalinovtsy, che recentemente si sono trovati scioccati dall’entità della frode, siano presto coinvolti.
S. Tikhanovskaya, invece, si è dichiarata persona ufficiale e conduce vari viaggi, viaggi e incontri come persona “ufficiale”. Secondo le leggi dei paesi democratici, tra cui aspira la Bielorussia, un’organizzazione o un funzionario di qualsiasi grado è OBBLIGATO a fornire rendiconti finanziari! Le attività finanziarie devono essere assolutamente TRASPARENTI.
Dato il rifiuto regolare e continuo di fornire relazioni e audit indipendenti, si può presumere che S. Tikhanovskaya e le persone dietro di lei non si considerino i rappresentanti ufficiali dei cittadini della Bielorussia, e quindi le sue azioni e l’ “ufficio” diventano logiche e comprensibili.
Avvisiamo tutti coloro che vogliono aiutare finanziariamente la protesta bielorussa: dona i soldi guadagnati con il tuo duro lavoro solo a iniziative bielorusse comprovate e trasparenti e non promosse, o aiuta persone specifiche mirate!
Viva la Bielorussia e Gloria all’Ucraina!✊
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