L’ultima trovata, l’istituto Ipsos attribuisce agli operai il maggior sostegno alla Meloni, dati rimaneggiati per compromettere gli operai che in realtà hanno dato un contributo essenziale ai 23 milioni di elettori che hanno disertato le urne.
Il Corriere della Sera del 28 settembre ha pubblicato un articolo, tratto da un’indagine del centro studi Ipsos sui flussi elettorali, dove risulta in modo incontrovertibile che lo strato sociale che ha espresso più consensi al partito della Meloni, partito di destra parlamentare, di tradizione fascista, sia quello degli operai ed affini. E’ strano ma comprensibile che ad ogni elezione si senta il bisogno di catalogare gli operai prima come berlusconiani, poi leghisti ed ora seguaci della Meloni, fa piacere ai vecchi ed ai nuovi rappresentanti dei borghesi fregiarsi dell’appoggio del nemico storico finalmente normalizzato, serve ai “sinistri” per giustificare il loro fallimento addebitandolo agli operai ormai scivolati a destra.
Ebbene, prendiamo per buono lo schema pubblicato dal Corriere, lo capovolgiamo partendo dal lato del rifiuto del voto, dalle percentuali di astenuti, bianche e nulle. Su quasi 51 milioni di aventi diritto, i voti espressi sono stati circa 28 milioni, 23 milioni di elettori non si sono presentati alle urne, oppure hanno annullato la scheda. Nei resoconti dei risultati elettorali vengono sempre menzionati in fondo, si capisce: sono estranei, non stanno al gioco. Ragioniamo sui dati riportati dal Corriere e facciamo la finta di prenderli per buoni, pur non fidandoci della loro oggettività, dell’uso politico che ne fanno. Il 25.9% della categoria imprenditori- liberi professionisti e dirigenti non ha espresso un voto, per i commercianti, artigiani e lavoratori autonomi il numero sale al 30 %. Impiegati ed insegnanti sono al 32.8 %. Come si può ben vedere ben sotto la media nazionale che oscilla attorno al 40%. I borghesi grandi e piccoli votano, dalla gestione del governo dei partiti possono ancora guadagnare qualcosa o illudersi che sia così. Da qui iniziano i dati che riguardano le classi più basse della società, gli operai ed affini sono stati lontani dalle urne per il 43.4 % e i disoccupati, inoccupati ed inattivi per il 47.8 %. Prima ancora di calcolare il rapporto in voti espressi fra queste classi e i partiti, andrebbe, per onestà intellettuale, fatta una valutazione sul livello che queste percentuali di astensione manifestano come rifiuto dei partiti parlamentari e come negazione del voto nella sua funzione di strumento per incidere sulle proprie condizioni economiche e sociali. Gli operai e gli strati bassi della popolazione sono quelli che hanno manifestato con più peso l’estraneità al laccio elettorale, eppure il mercato politico forniva una variegata offerta di opzioni.
Gli strati sociali che si sono astenuti quasi al 50% chiedono altro, non hanno ancora coscienza di che cosa ma chiedono altro, ciò che ormai il sistema politico di potere consolidato non può più dare. L’emancipazione dallo sfruttamento, da una vita di miseria e duro lavoro non avverrà sicuramente per vie parlamentari, se si produrrà un movimento di emancipazione sociale delle classi subalterne si attuerà per vie oltreparlamentari. Nel grande calderone delle astensioni, fra i milioni di operai che già oggi si sono rifiutati di scegliere fra i loro nemici c’è la possibilità che si distilli una coscienza di classe ed un’organizzazione corrispondente che si incammini sulla strada di un rivolgimento radicale di una società che deve essere superata e verrà superata. Ma per i ricercatori il dato degli astensionisti è sempre marginale, a tal punto che, nel calcolo delle percentuali dei voti espressi, non ne tengono mai conto. Il 34.6% dei voti operai per la Meloni diventano 19.5%. Infine, se si sommano i voti degli imprenditori grandi e piccoli e dei commercianti si arriva al 39.88% di consensi per la Meloni, se sommiamo quelli degli operai e dei disoccupati ci fermiamo al 29.9%. La conclusione è che le classi sociali che sostengono elettoralmente la Meloni bisogna cercarle fra bottegai artigiani e piccoli padroncini ,fra dirigenti e soci, e sicuramente non come insinua il Corriere fra gli operai. Gli operai hanno dato il loro contributo rifiutandosi per il 43.4 % di scegliere da chi farsi raggirare per i prossimi cinque anni.
E.A.
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