Stesso padrone, stesso lavoro, diversa condizione salariale. In Francia gli operai con gli scioperi hanno ottenuto significativi recuperi salariali e non sono nemmeno soddisfatti. In Italia le richieste dei sindacalisti accreditati sono sotto l’inflazione reale. I manager di Stellantis Italia possono dirsi soddisfatti del lavoro dei sindacalisti che hanno a libro paga.
È stata pubblicata in questi giorni la proposta di rinnovo contrattuale in Stellantis da parte di Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Aqcf (organizzazione sindacale dei capi). Si tratta, come è noto, di un contratto separato (CCSL) rispetto a quello nazionale (CCNL) valido per tutti gli altri metalmeccanici.
Quello che spicca nel documento è la proposta di aumenti contrattuali.
I bravi rappresentanti dei lavoratori fanno una proposta di aumento che rispecchia, grosso modo, il tasso d’inflazione ufficiale.
E quindi chiedono per il prossimo anno, il 2023, l’8,4% di aumento, il 4,5% per il 2024, il 2,5% per il 2025 e da definire per il 2026, basando le loro richieste su dati e stime dell’Istat.
La prima questione che balza agli occhi è che l’aumento dell’8,4%, è riferito al 2023 mentre per quello che si è già perso fino ad ora non c’è nessuna richiesta di recupero e che lo stesso meccanismo varrebbe per tutti gli altri aumenti, che scatterebbero solo all’inizio dell’anno successivo, senza poter recuperare in alcun modo quello che si è perso l’anno prima. Ricordiamo che il tasso ufficiale attuale per l’inflazione è dell’8,9%. Come ricordiamo pure che gli operai francesi di Stellantis hanno rifiutato, perché ritenuti insufficienti, 1400 euro una tantum per recuperare quello che si è perso finora, proposti dall’azienda incalzata dagli scioperi, oltre a chiedere aumenti salariali consistenti per il futuro.
La seconda questione da sottolineare è che il tasso d’inflazione sui consumi prende in considerazione tutti i beni di consumo e sull’andamento dei prezzi si attua una media ponderata.
Che sia un calcolo discutibile lo può verificare chiunque. L’8,9% di aumento sono meno di 9 centesimi ogni euro, ma la realtà ci dice cose completamente diverse. Inoltre il consumo operaio, per forza di cose, è limitato a certi beni di consumo e non tutti i beni presi in considerazione dall’Istat vi entrano.
Nel “paniere” dei prezzi dei beni consumo operai sono la pasta, il pane, le bollette l’affitto della casa, il prezzo dell’utilitaria usata, la benzina, l’essenziale per sopravvivere in questo sistema e che hanno un peso determinante. Questi beni sono aumentati tantissimo come tutti noi verifichiamo quotidianamente. Un chilo di pane che dalle mie parti, il meridione, ha avuto sempre un prezzo contenuto, è aumentato mediamente del 40%. Gli aumenti della pasta sono ancora più alti. Per le bollette gli aumenti hanno superato abbondantemente l’80% e continuano a salire. Il prezzo delle auto usate è almeno del 30% in più rispetto a qualche mese fa.
I calcoli dell’Istat sono completamente inaffidabili. Eppure per i nostri rappresentanti dei lavoratori sono oro colato e basano su questi dati tutte le loro richieste di aumento.
Con le loro richieste esclusi l’ultimo anno il 2026, alla fine del 2025, tra tre anni, un operaio percepirà un aumento mensile lordo di circa 200 euro lordi in più con i quali non sarà riuscito a coprire neanche l’aumento della bolletta del gas.
La terza questione è che i sindacati “firmatutto” sono talmente consapevoli della insufficienza delle loro richieste che evitano perfino di discuterne con gli operai, limitando l’approvazione della piattaforma solo alla consultazione delle RSA, che, se pur votati dai lavoratori, sono sempre di nomina sindacale. Eppure non hanno dimenticato di inserire nella piattaforma il criterio del silenzio/assenso per estorcere agli operai non iscritti le 40 € come compenso dei loro “servigi” sindacali!
Mentre fanno richieste di questo tipo al padrone, che il padrone sicuramente conterrà ulteriormente, si impegnano come la Fim in veri e propri studi di settore, dove, invece di denunciare il peggioramento della condizione operaia, gli aumenti dei carichi di lavoro individuali, i tagli salariali, la pratica della chiamata a giornata, si dilungano su quali sono le ragioni della sofferenza economica del padrone Stellantis e invocano come al solito l’intervento del governo. Dimostrano così la loro vera natura di agenti del management aziendale e non di rappresentanti degli operai
F. R.
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