Bonomi presidente di Confindustria ha il coraggio di sostenere che in Italia i salari industriali non sono bassi. Gioca con i numeri e scarica le colpe sulle “finte cooperative” delle quali i suoi associati fanno largamente uso e proprio per tenere bassi i salari.
Caro Operai Contro, Bonomi presidente di Confindustria, parla come se i padroni che rappresenta, fossero profusori a piene mani di alti salari, che però gli operai non hanno mai visto. Come confermano le tabelle contrattuali dei CCNL, risulta proprio il contrario: salari da fame per gli operai in Italia, peggio se rapportati con l’esplosione dell’inflazione. Bonomi non può neanche giustificarsi rivalendosi dietro “il premio di produzione”, perché la stragrande maggioranza delle aziende è sprovvista del contratto aziendale o di 2° livello, là dove esiste si tratta quasi sempre di cifre irrisorie. Poi c’è l’universo del lavoro precario, prodotto dalla divisione del lavoro della grande industria. Bonomi dovrebbe solo nascondersi, invece sentiamo come le spara grosse.
Bonomi. “Il problema dei bassi salari in Italia, non dipende dall’industria. Semmai dipende da “un mondo di finte cooperative” su cui non si vuole intervenire perché si andrebbero a colpire i sostenitori di alcuni partiti politici”.
“Possibile che ci siano settori dove si paga 4 euro l’ora? Un mondo di finte cooperative che continua a pagare stipendi così bassi: sappiamo dove sono i problemi e non si vogliono affrontare, perché ci sta un dividendo elettorale, perché vuol dire andare a colpire le constituency di alcuni partiti”.
“Si dice che Confindustria non rinnova i contratti, si racconta di 7 milioni di lavoratori in attesa del contratto. Ma quelli di Confindustria sono 242 mila e la gran parte sono nei servizi e nella Pubblica amministrazione”.
Commento. L’attacco al salario, le finte cooperative, sono prodotti proprio da Confindustria, fin dall’abolizione della “scala mobile, i punti di contingenza”, con la complicità esplicita e diretta del governo Craxi. E dopo con miserabili aumenti nei rinnovi contrattuali, figli anche di un inadeguato sindacalismo, Confindustria ha ridotto il livello salariale in Italia, fanalino di coda nei paesi europei e dell’Ocse.
La complicità dei governi e dei partiti di cui Bonomi ora finge di lamentarsi, sono serviti a Confindustria per ottenere le finte cooperative, i contratti atipici, il jobs act, la legge Fornero, il lavoro interinale, le agenzie ecc. Tutte quelle “sottoccupazioni”, a cui l’industria attinge a piene mani sia direttamente nelle proprie fabbriche con le varie forme dei contratti atipici, sia esternalizzando determinate lavorazioni e ciò che attiene alla distribuzione e commercializzazione dei prodotti industriali.
Questo comunemente detto “per ridurre il costo del lavoro” rientra nella divisione del lavoro che smembra dai contratti collettivi nazionali di lavoro, una buona parte di forza lavoro. Che poi tanti contratti atipici non appartengono al settore industria, ciò non cambia il fatto che siano nati da una divisione del lavoro creata dall’industria.
Bonomi. “Dal 2000 al 2021, fatti 100 i salari di partenza nell’industria in Italia sono arrivati a 120, con la produttività salita a 120 – ha detto -. In Spagna i salari sono andati a 115 ma con la produttività a 157, in Francia e Germania la produttività è salita a 140. Ma se guardo all’economia complessiva, in Italia gli stipendi sono andati da 100 a 107 (sempre tra 2000 e 2021) e la produttività a 104 rispetto a 120” dei maggiori competitor Ue”. Quando c’è stata la discussione sul salario minimo, noi abbiamo detto che non era un problema per noi, visto che fissava un livello inferiore alle paghe già previste nell’industria”.
Commento. Una serie di dati fra l’altro senza citarne la fonte. Si noti che Bonomi per Francia e Germania indica la produttività ma, inspiegabilmente perde la lingua sui salari. In Italia sulla produttività al di là dei dati empirici di Bonomi, si può dire che purtroppo per l’alto sfruttamento degli operai, la produttività è fra le più alte, e citiamo per tutti le ex fabbriche Fiat oggi Stellantis.
Ma veniamo ai dati reali sul salario , quello che Confindustria ha sottoscritto con il sindacato nei contratti nazionali di lavoro. Partiamo anche noi dal 2000 come Bonomi, tralasciando i suoi parametri sconosciuti.
Al primo aprile del 2000, per effetto del CCNL metalmeccanici dell’industria, scatta un aumento salariale in paga base per tutti i livelli che, prendiamo come esempio un operaio del 3° livello, portava la sua paga base contrattuale a 1.039 euro lordi mensili. (Comprensivi dell’ex idennità di contingenza soppressa).
Oggi un operaio metalmeccanico di 3° livello (ora livello D2 anche per la soppressione della prima categoria) con l’ultimo CCNL dell’industria, (1/1/2021-30/6/2024), prenderà 100 euro lordi in 4 rate, ciascuna ad ogni 15 giugno dal 2021 al 2024 compresi.
Ciò comporta appunto un aumento di 100 euro in 4 anni, sui minimi tabellari in vigore dal 15 giugno 2020, che di fatto con l’ultima rata del 15/6/24, costituisce un aumento del 6,1 per cento (1.728 su 1.628). Adesso però non siamo ancora nel 2024, la paga base è ferma a 1.709 euro lordi, pari a più 4,9%. Un salario che rimane schiacciato dai prezzi rimasti alti per l’inflazione del 2022 all’11,6 per cento, gli alimentari al 12,8% (Istat), e il carrello della spesa al 24%. (Altroconsumo).
Considerando sempre il 2000 fino al 2024 compresi, un operaio metalmeccanico di 3° livello (D2) quando avrà presi gli aumenti del 2023 e 2024, mediamente per ognuno di questi 25 anni, avrà preso un aumento medio mensile di 27,5 euro lordi. E ribadiamo, si parla di lordo! Quando basta per conferire a Bonomi lo scettro del Regno del lavoro malpagato, dei salari da fame, delle finte cooperative, del lavoro precario in tutte le sue forme.
Saluti Oxervator.
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