In un’intervista a Parigi attivisti russi raccontano del movimento contro la guerra e come stanno affrontando la repressione del regime. Non sono esponenti di un generico movimento pacifista, agiscono contro il loro governo che ha voluto questa guerra, sono per le azioni più radicali per fermarla, sono i più veri e disinteressati sostenitori del popolo ucraino che sta resistendo a Putin e al macellaio della Wagner.
Da un articolo pubblicato il 21 maggio 2023 sul sito di informazione Mediapart.fr
Capire la guerra in Ucraina
In Russia “gli strati popolari portano il fardello di questa guerra che arricchisce i capitalisti”
In una sala dell’Assemblea nazionale, sei attivisti russi di sinistra, che si definiscono anche marxisti, sono stati invitati a parlare dal deputato del Nupes Arnaud Le Gall. La possibilità di ascoltare opinioni tanto chiare quanto ovattate.
Dei cittadini russi contrari ai criminali di guerra del Cremlino, senza però mostrare il minimo compiacimento nei confronti di questa Europa polacco-americana sotto l’egida della Nato che mette il naso a favore del conflitto in Ucraina?
Tali voci rare, che illustrano un sentiero stretto, si sono espresse a Parigi, nel “Premier bureau” dell’Assemblea nazionale. Il deputato Arnaud Le Gall (LFI, Val-d’Oise) [La France Insoumise, ribelle, ndr] , membro della commissione per gli affari esteri, ha preso l’iniziativa di riunire il 17 maggio sei rappresentanti della sinistra russa (tre uomini e tre donne), esfiltrati dal loro paese dopo la invasione dell’Ucraina. E questo «con l’aiuto del Quai d’Orsay e dell’Eliseo, nonostante tutto ciò che ci separa in campo politico», ha precisato il deputato insoumise.
Alexey Sakhnin, membro della coalizione dei Socialisti contro la guerra, ha da subito fortemente ridimensionato il sostegno unanime a Putin che si sente dire dalla propaganda di regime: “Gli intervistati che accettano di rispondere sono meno del 10%, poiché la paura ormai domina la società. Le loro risposte danno un quadro ambivalente dello stato d’animo generale poiché sostengono la guerra poco più del 50%, pur auspicando che finisca…”
Sulla base di recenti studi sociologici, Alexey Sakhnin afferma che gli aderenti alla guerra sono ricchi e anziani mentre i sostenitori della pace sono precari e giovani, indipendentemente dal loro livello di istruzione.
“Non sosteniamo, ci sottomettiamo”
L’attivista però precisa: “In una dittatura ti senti impotente. Non sosteniamo la guerra, ci sottomettiamo alla forza del potere. Ma questo non può durare per sempre”. A riprova di ciò, malgrado la frammentazione, il terrore e l’impossibilità di organizzare una risposta collettiva, egli indica i singoli atti di resistenza: la fuga dalla coscrizione, la diserzione, la rivolta sulla linea del fronte (sono state individuate venti rivolte di soldati), o ancora i sabotaggi: cento postazioni di reclutamento incendiate, trecento linee ferroviarie degradate, atti spesso commessi da giovanissimi, un terzo dei quali minorenni.
Assicura che per l’opinione generale all’interno della Federazione la guerra è una brutta cosa, ma il peggio sarebbe senza dubbio che la Russia venga battuta, tanto che le conseguenze dovrebbero rivelarsi disastrose per la popolazione. Da qui la difficoltà per la sinistra di farsi sentire “di fronte al revanscismo e al fascismo che covano”.
Liza Smirnova, anche lei membro della coalizione Socialisti contro la guerra, ha un ottimismo tanto misurato quanto determinato. Insiste sui timori di un potere in guardia di fronte a un’opposizione alla guerra più massiccia di quanto si possa pensare, come testimoniano le 20.000 persone arrestate, le decine di casi di tortura, i 500 procedimenti penali e i 6.500 procedimenti amministrativi avviati; così come i provvedimenti legislativi predisposti per etichettare come “tradimento nei confronti dello Stato qualsiasi adunanza come la nostra in questo momento”.
Liza Smirnova si dice convinta che la società russa rimanga di sinistra, o almeno attaccata alla giustizia sociale e all’uguaglianza. A riprova, a Mosca e nelle grandi città, il successo dei candidati progressisti alle elezioni comunali del 2019 e a quelle legislative (alla Duma) del 2021, nonostante tutti i bastoni messi tra le ruote dell’opposizione – in particolare l’ esclusione in grande scala delle liste elettorali.
L’attivista sogna “se non di raggiungere quello che fu Woodstock ai tempi della guerra del Vietnam nel 1969, almeno di creare incontri, eventi, promuovere voci che i soldati russi potranno sentire”.
Sergei Tsukasov è proprio un oppositore che è riuscito a farsi eleggere a Mosca, nel distretto di Ostankino, dove non è stato nominato nessun candidato del partito di Putin (Russia Unita). Si è concentrato sulla difesa ambientale: resistenza contro l’abbattimento di alberi nei parchi destinati a consentire la speculazione edilizia degli alleati del regime con la lottizzazione degli appezzamenti.
Quando si è candidato alla Duma, la sua candidatura è stata annullata. La Corte costituzionale ha dichiarato illegale il provvedimento: “Ma era troppo tardi per reintegrarmi e farmi eleggere”, ha detto, sorridendo amaramente. Quindi Sergei Tsukasov ha ricevuto una condanna civile per aver sostenuto Alexei Navalny. Il 22 febbraio 2022, quando Putin ha riconosciuto le cosiddette Repubbliche popolari di Donesk e Luhansk, l’oppositore ha subito capito che l’invasione dell’Ucraina era imminente.
“Sono andato a manifestare, ha detto, davanti all’amministrazione presidenziale, cosa che mi è valsa l’immediata detenzione. È stato nella mia cella che ho appreso il 24 febbraio, dal mio avvocato, che la guerra era iniziata. In carcere ho visto tutte queste persone arrivare in carcere per aver protestato contro l’invasione. Sono sicuro che questa minoranza attiva non potrà che continuare ad espandersi”.
“Una Internazionale è possibile”
Rifugiato oggi in Germania, non lontano dal confine francese, Sergei Tsukasov sta lavorando per riunire tutti gli ex funzionari russi esiliati in tutta Europa che si oppongono alla guerra.
Elmar Kustamov, membro del gruppuscolo Russia Operaia, vuole essere ottimista sull’esistenza di un’opposizione di sinistra radicale, nata dopo la caduta dell’URSS, quando gli oligarchi capitalisti hanno depredato il Paese. Putin ha poi congelato la situazione a suo vantaggio, ma la guerra ha incrinato il suo regime: “Anche se la leadership del Partito comunista russo sostiene ufficialmente l’invasione, questa deve affrontare una molto viva opposizione interna. Il consenso putiniano non esiste più. Io credo addirittura che un dialogo, oggi, possa iniziare con le forze della sinistra ucraina e che una Internazionale sia possibile”.
Anche Maria Menshikova, che fa parte del gruppo di sostegno al matematico Azat Miftakhov – incarcerato per appartenenza a una rete anarchica e terroristica inventata di sana pianta dal FSB [servizi segreti russi, ndr] –, vuole essere ottimista nonostante la repressione: “I media occidentali prendono sempre più in considerazione le azioni radicali contro la guerra, le uniche oggi possibili in una Russia totalmente incatenata”.
Irina Shumilova è senza dubbio l’oratrice più impressionante. La 22enne era uno studentessa nella città sul Volga di Kostroma, a nord-est di Mosca. All’età di 16 anni, ha militato per sostenere Navalny. Si dice “marxista” e sta lavorando a un “Libro nero del capitalismo”. È stata costretta all’esilio dopo che la polizia di Kostroma ha messo online i suoi dati per consegnarla alla vendetta degli ultranazionalisti: aveva, dall’inizio della guerra, organizzato da sola una “micromanifestazione, è cioè un picchetto solitario di protesta ”.
Prima in Asia centrale e poi in Turchia, è riuscita a raggiungere la Francia grazie al sindacato FO [Force Ouvriere, uno dei sindacati francesi, ndr] e LFI. Irina Shumilova fa una dichiarazione chiara: “I redditi della popolazione russa sono diminuiti mentre il capitale acccumulato degli oligarchi è aumentato di 150 miliardi di dollari. La Russia ha ventidue miliardari in più rispetto a prima della guerra. »
Lei chiarisce il punto: “I profitti del padrone della Wagner, Evgueni Prigojine, sono aumentati di sei volte: egli vende le sue truppe più le razioni che nutrono l’intero esercito. Alexei Repik [padrone oligarca russo, ndr], che ha già accumulato milioni attraverso l’industria farmaceutica, si è appena aggiudicato l’appalto per la ricostruzione di Mariupol. Sono gli strati popolari che portano il fardello di questa guerra che arricchisce i capitalisti russi. »
Tutti gli attivisti vogliono che “il futuro della Russia si decida insieme con tutti i popoli che vi abitano”. Questo passa attraverso “una società decentrata che coinvolga i cittadini, unica garanzia di una pace duratura”.
Ma la pace sarà accettata dalla società russa solo a due condizioni, insistono. Da un lato punire quelli che hanno scelto questa guerra – il governo con i suoi legami – e non chi l’ha subita – il popolo. D’altra parte, che non vi sia alcuna ingerenza da parte degli Stati occidentali negli affari russi come negli anni ’90.
La pace sarà indubbiamente più difficile da vincere della guerra, da parte di una buona coscienza americano-europea incapace di tenersi a freno: questo è il messaggio che tenta di far passare una sinistra radicale russa minoritaria e profetica.
Antoine Perraud
Comments Closed