In Tunisia il governo di Kais Saied arresta gli oppositori, organizza spedizioni punitive contro chi ha la pelle nera, porta alla fame la maggioranza della popolazione: ma si sa gli interessi dei governi imperialisti vengono prima di qualunque giudizio politico, quando non si arriva perfino a tentare di comprare i governanti locali con un pacco di soldi.
La borghesia tunisina non ha saputo mantenere il controllo politico del paese che aveva ottenuto dai moti popolari nel 2011 alla fine della “rivoluzione dei gelsomini”, l’iniziale “primavera araba”. L’inconcludenza dei partiti, alcuni di impronta ideologica musulmana, altri liberal socialisteggianti, incapaci di porre un freno al progressivo deterioramento dell’economia e del debito del paese, ha lasciato spazio al nuovo uomo forte Kais Saied.
Eletto alla presidenza nel 2019, il 25 luglio 2021 con l’appoggio delle forze armate chiude il parlamento dei partiti. Le proteste popolari sono represse nelle strade mentre si diffondono gli arresti di politici riottosi, sindacalisti, magistrati, giornalisti e poi attivisti per i diritti umani, studenti, immigrati africani. Per gli elementi borghesi l’accusa è tradimento e terrorismo, per gli altri è criminalità.
Nuove elezioni, cui partecipa solo il 10% degli elettori, portano in parlamento personaggi non organizzati in partiti e acquiescenti verso il presidente. Il quale crea nuovi ministri ma governa direttamente a suon di decreti e riscrive personalmente la costituzione. L’agibilità politica è concessa solo ad un piccolo raggruppamento xenofobo e razzista, il Partito Nazionale Tunisino che può liberamente usare i media per diffondere propaganda razzista contro gli elementi subsahariani – neri – presenti da tempo nel paese o appena giunti illegalmente per cercare da vivere.
Si diffonde un’atmosfera da pogrom contro chi ha la pelle nera (colpisce anche cittadini tunisini discendenti da antichi schiavi neri razziati dagli arabi in Africa equatoriale): aggressioni in strada, nelle scuole, nei posti di lavoro. Anche nelle case, famiglie vengono buttate sul marciapiede. I neri hanno paura a muoversi nelle città, si riuniscono in gruppi davanti alla sede delle rispettive ambasciate per svolgere le lunghe trafile burocratiche per essere rimpatriati: dovranno aspettare per giorni accampati sui marciapiedi. Hanno un minimo aiuto solo dal Fronte Antifascista tunisino.
Il 21 febbraio di quest’anno il presidente Saied si sente in dovere di calcare la mano: definisce i migranti un’orda che minaccia demograficamente la Tunisia e la sua identità arabo-musulmana: per deviare la rabbia della popolazione per la crisi economica. Il solito gioco dell’aggressione razzista, questa volta con parole già usate contro i tunisini dai cosiddetti identitari di casa nostra: togliete Tunisia e mettete Italia, togliete arabo-musulmana e mettete italo-cristiana e per esempio salta fuori il ministro Lollobrigida.
Il paese viaggia veloce verso il fallimento: il Fondo Monetario Internazionale ha pronto un prestito per 1,9 miliardi di dollari a condizione che siano tagliati i sussidi all’economia, ridotti salari e stipendi ai dipendenti pubblici, privatizzati settori di aziende statali. In altre parole la “cura greca” per aprire il paese a capitali internazionali. Provvedimenti che andrebbero ad intaccare la base di consenso piccolo-borghese (funzionari amministrazione pubblica e forze armate) del presidente il quale ha quindi respinto le condizioni e proposto, con sparata populista, di tassare i ricchi.
Il paese ha riserve di valuta per soli 90 giorni, non è in grado di importare tutte le merci che servono, così mancano già farina e carburanti. Al solito, lavoratori e ceti popolari sono quelli che pagano per primi il prezzo della crisi.
Il presidente tenta di avere supporto finanziario pagando politicamente il meno possibile; allora fa la moina con i Brics, leggi Russia e Cina, per ingelosire gli occidentali: qualche risultato verrà pur fuori da una parte o dall’altra. In realtà un altro punto di frizione nello scontro mondiale imperialistico.
Questo è il paese con il quale governo italiano e governo europeo fanno affari e che vogliono tenere sotto controllo.
Il succo sono:
1) 900 milioni di aiuti, di cui 150 subito e il resto dopo accordo con FMI. Una buona parte saranno usati, costo della corruzione sulle due rive del Mediterraneo a parte, per controllo e repressione dei migranti e saranno guadagni per le aziende italiane come il Cantiere Navale Vittoria di Andria che di fatto ha il monopolio della fornitura e manutenzione di motovedette e pattugliatori venduti alla Marina tunisina.
2) ELMED, accelerazione costruzione elettrodotto sottomarino per risucchiare elettricità prodotta in Tunisia da fonti rinnovabili: il guadagno per la parte tunisina sta nell’incasso dell’affitto dei terreni necessari per impiantare pale eoliche e campi fotovoltaici.
Gli aiuti passeranno sotto il naso dei ceti popolari.
Il tutto condito dalla proposta fatta dal Governo italiano di una bella conferenza internazionale a Roma per ricamare in belle parole su emigrazione ( maggiori controlli polizieschi) e sviluppo (corruzione e miseria).
A renderci il senso di tutto provvede l’ineffabile Ministro degli Esteri Tajani il quale, viste le immagini di morti a Sfax, si sente in dovere di informarci che “tutti gli uomini hanno diritto ad una giusta sepoltura” (La Repubblica on line 11/6/2023).
M.B.
Notizie desunte da articoli su https://www.valigiablu.it/ e https://inkyfada.com/fr/
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