Una tappa dietro l’altra quasi come fosse una cosa normale il governo della Meloni ci porta in una potenziale guerra globale, inizia l’iter per la secessione delle regioni più forti con le annesse gabbie salariali, toglie a centinaia di migliaia di poveri ogni sostegno.
Caro Operai Contro, senza alcun dibattito parlamentare, né un cenno di preavviso all’opinione pubblica, quasi di nascosto, il governo Meloni ha lanciato un’operazione navale nel Mar Rosso, in una situazione che potrebbe allargarsi in conflitto globale.
1) La guerra imperialista per il controllo dei mercati, per la suddivisione delle sfere di influenza, fa comodo ai costruttori di armi, a padroni e parassiti che si arricchiscono proprio con la guerra, con la ricostruzione, di città, apparati e complessi produttivi, rasi al suolo per decisione dei governi e rispettivi eserciti. Nel perseguire questi interessi, si giustificano i poveri cristi che in nome di una Patria, anche se imperialista, anche se sfruttatrice di popoli e nazioni oppresse vengono mandati al macello, e quelli sotto i bombardamenti.
Ciò premesso la Meloni non ci ha pensato 2 volte, neanche ha atteso il voto della Ue del 19 febbraio, che dovrebbe dare il via libera ad un operazione che il governo italiano definisce “una missione difensiva ma armata, per proteggere i nostri mercantili”. Ovvero garantire le rotte commerciali, senza intaccare i guadagni legati alle merci trasportate, senza intaccare gli utili degli armatori pronti a scaricare sui prezzi delle merci ogni difficoltà. Come sempre bisognerebbe chiedersi da dove viene la crisi del golfo, quali responsabilità hanno le nazioni imperialiste, quali responsabilità ha la borghesia israeliana. E’ troppo semplice e mistificatorio giustificare le azioni di guerra “ per proteggere i nostri mercantili” e con essi i prezzi dei pomodori al mercato. Così da convincere della bontà dell’azione bellica l’ultimo consumatore morto di fame.
Impaziente e stretta alleata del governo degli Stati Uniti, la Meloni in prima fila è partita lancia in resta, inviando subito una nave in ricognizione e spronando l’intervento della Ue, nel dare fuoco alle polveri. Dopo il sollecito della Meloni, che fra l’altro, per non eccedere in modestia, ha chiesto per l’Italia il comando della missione, Francia e Germania, hanno messo a disposizione una nave a testa, subordinando la disponibilità al voto Ue.
La Meloni si è infilata in uno scenario, a difesa degli interessi delle grandi compagnie di trasporto, fregandosene del rischio che – se la situazione non dovesse rientrare – l’allargamento del conflitto trascinerà nella guerra l’intero paese. In questo caso sarebbe il suo governo – non nemici esterni – con cui fare i conti.
2) L’approvazione della “Autonomia differenziata”. Primo via libera con il voto del Senato, se dovesse andare veramente in porto anche con il Referendum, prefigura il primo passo della “secessione” dello Stato italiano, obbiettivo della Lega della prima ora.
Già malmessi, sanità, scuola, salari, per fare alcuni esempi, sarebbero diversi da una regione all’altra, penalizzando le zone e con esse gli strati sociali economicamente più deboli.
3) Dagli schermi televisivi la capa del governo invita i benestanti ad acquistare Btp e investire in Borsa.
Non ha invece rivolto alcun invito alle famiglie con salari da fame che non arrivano a fine mese.
Tanto meno ai poveri che il suo governo ha lasciato senza sussidi, cancellando il Reddito di cittadinanza.
A gennaio solo in 287 mila ritirano alle poste la carta precaricata dell’ “Assegno di inclusione” (Adi) con un sussidio medio di 635 euro mensili. Rispetto ad oltre un milione di famiglie che incassavano il Reddito di cittadinanza, la Meloni è riuscita a tagliarle fino a 287mila, un terzo rispetto al Rdc.
Per ridurre la platea degli aventi diritto all’ “Assegno di inclusione” (Adi) che sostituisce il Rdc, il governo ha fissato nuovi parametri del tutto strumentali, al solo scopo di ridurne drasticamente il numero. Ancora meno delle 450mila propagandate fino all’ultimo momento dalla ministra del Lavoro, Calderone, poi clamorosamente sbugiardata dal comunicato dell’Inps.
4) Il governo con la delega ottenuta dal parlamento sul cosiddetto “salario giusto”, punta a vanificare i contratti nazionali di lavoro, esautorando con la contrattazione collettiva, il ruolo del sindacato, già indebolito da una politica salariale supina agli interessi degli industriali, reintroducendo le “gabbie salariali”, messe all’angolo nel 1972, sulla spinta delle lotte operaie dell’ “autunno caldo”.
Le “Gabbie salariali” con retribuzioni differenziate, contrapporrebbero gli operai che a parità di lavoro avrebbero salari diversi per regione.
Questi sono alcuni punti della settimana di guerra della Meloni, conclusasi con una stiracchiata frasetta sulla giornata della Memoria. D’altronde non ci si poteva aspettare altro dalla capa di un partito che viene e conserva la tradizione di uno “Statista” come amano definirlo nel loro ambiente, che fu degno alleato di chi i campi di concentramento li organizzò su larga scala.
Saluti Oxervator.
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