IL RICATTO DI TAVARES

Il ricatto di Tavares su Mirafiori e Pomigliano scandalizza politici e capi sindacali ma è solo la conseguenza di un ricatto su cui nessuno ha avuto da dire: o lavori a queste condizioni o vai a casa, ricatto che la ex FIAT ha imposto da decenni a migliaia di operai.
Condividi:

Il ricatto di Tavares su Mirafiori e Pomigliano scandalizza politici e capi sindacali ma è solo la conseguenza di un ricatto su cui nessuno ha avuto da dire: o lavori a queste condizioni o vai a casa, ricatto che la ex FIAT ha imposto da decenni a migliaia di operai.

Mercoledì 7 febbraio si sono tenute a Pomigliano le assemblee della Fiom. L’argomento principale e più sentito in fabbrica, cioè le dichiarazioni di Tavares sui rischi che corrono Mirafiori e Pomigliano se il governo non mette altri soldi per sostenere la produzione in Italia, è stato messo solo come secondo punto, “prospettive industriali legate alla transizione energetica”. In realtà se ne voleva discutere poco e senza impegno. Infatti, negli interventi dei dirigenti Fiom si è sottolineato che non è il momento di scioperare perché non è Tavares che detta i tempi delle mobilitazioni. Una spacconata per fare scena e continuare a stare zitti in fabbrica.
Il giorno dopo però, la stessa Fiom insieme agli altri sindacati è stata presente al tavolo in regione Campania con De Luca e Russo, sindaco di Pomigliano. Qui si è sottolineato in modo “unitario”, un termine che piace tanto ai nostri sindacalisti, specialmente quelli che spesso vengono esclusi dai tavoli che contano, che “non cogliere in tempo le trasformazioni in atto nel mondo dell’automotive e l’assenza di precisi investimenti nel settore, compromette l’intera filiera”. Per finire con la richiesta ai politici che il futuro di Pomigliano sia al “centro del dibattito politico e per individuare soluzioni che non impattino sulla tenuta occupazionale e produttiva dello stabilimento”. Gli scioperi no perché non ci facciamo dettare la linea da Taveres, ma l’ennesima richiesta di piani industriali e coinvolgimento della politica per sostenere finanziariamente lo sviluppo delle nuove produzioni, invece sì. Il gioco delle tre carte.
Invece di chiedere, apertamente e senza vergogna, al governo di sostenere Stellantis e di dare gli incentivi alle “auto italiane”, come ha avuto la faccia tosta di fare a titolo individuale un iscritto Fiom di Pomigliano, il solito Giannone, in una lettera alla Meloni, questi fanno le stesse richieste con giri larghi di parole.
Questa è la posizione delle organizzazioni sindacali che ha caratterizzato gli ultimi quarant’anni. Questa posizione ha portato gli operai al disastro. Si sono perse decine di migliaia di posti di lavoro, siamo ormai a salari da fame, le condizioni di lavoro sono pessime, e in fabbrica c’è un clima da caserma dove perdere il posto di lavoro per la segnalazione di un capetto è all’ordine del giorno.
E questi continuano a dirci che lo sciopero non bisogna farlo “perché non ci facciamo dettare la linea da Taveres”.
Invece sono gli scioperi e le mobilitazioni che dobbiamo imparare di nuovo a praticare. Non per sostenere Stellantis nella sua richiesta di soldi al governo, ma contro i ritmi impossibili che sulla Panda non ci danno neanche più il tempo per bere un sorso d’acqua, contro i salari da fame, contro le discriminazioni verso gli RCL, contro i licenziamenti attuati o fatti passare come auto dimissioni. Solo se iniziamo una mobilitazione sui nostri interessi, e non nel voler insegnare al padrone come si fa il padrone, avremo la forza e la possibilità di difendere i posti di lavoro.
F. R.

Condividi:

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.