È successo ancora! Non sono più sopportabili le solite indignate sceneggiate.
Alla ennesima strage di operai, come in un noioso disco ripetitivo, gli uffici stampa dei più alti organi istituzionali, gli uffici stampa di esponenti del governo, l’opposizione in modo trasversale e la voce sindacale per eccellenza, aprono le danze con la classica indignazione dell’accaduto.
Le voci, in modo unanime chiedono che si identifichino le responsabilità soggettive, glissando sulle responsabilità dei legislatori, sulle responsabilità dei controllori e sulle responsabilità di chi copre per debolezza, codardia o opportunismo, le mancanze di sicurezza nei posti di lavoro.
Le responsabilità dei legislatori sono note, su questo non facciamo sconti a nessuno, in modo trasversale la politica produce leggi con estrema superficialità, di grande impatto emotivo ma vuote di contenuti e noi da decenni le denunciamo ma in una società dove il profitto è la linfa per soddisfare i bisogni di pochi eletti, possiamo dedurre che non c’è nessuna volontà da parte di chi occupa questo ruolo di produrre un concreto cambiamento.
Passiamo alle responsabilità dei controllori, i quali inclini al rispetto della legge … del più forte, quando hanno di fronte il padrone non si impegnano più di tanto nel ricercare comportamenti lesivi contro gli operai cosi evitano di rilevare gravi responsabilità e le sanzioni esemplari rimangono un sogno ben lontano.
L’ultimo tassello è quello che ci coinvolge maggiormente visto che rappresenta gli operai e la loro difesa quotidiana nelle fabbriche. Questo è stato negli atti fondativi del sindacato il suo compito, senza sconti, doveva essere una quotidiana lotta contro i padroni cosa che negli ultimi decenni complice la concertazione e il riformismo, ha subito un brusco arresto.
Dagli scioperi spontanei su grande scala si è passato ai tavoli istituzionali, dai picchetti davanti ai cancelli ci si è evoluti nei sit-in concordati e così via .
Così l’abbandono di posizioni forti nelle fabbriche ha portato ad una sostanziale riduzione di rappresentanze combattive generando la nascita di delegati in forma ibrida pronti a firmare qualunque accordo anche sulla pelle degli stessi operai, i cosiddetti “firmatutto”, con il bene placito del sindacato.
Con il classico sciopericchio di due ore si preparano a dimenticarsi di questi cinque operai, come si sono dimenticati degli operai di Brandizzo, travolti da un treno mentre facevano manutenzione, come si sono dimenticati dopo anni di udienze farsa degli operai della TyssenKrupp bruciati dentro l‘acciaieria e come si dimenticano di tutti gli altri operai che tutti giorni muoiono folgorati, travolti, schiacciati dai macchinari.
I nostri detrattori potrebbero obiettare che dire sempre di NO è molto semplice ed è un modo per non assumersi le responsabilità.
La nostra risposta è molto semplice, dire di NO in questa società di servi è un grande atto di coraggio e proporre nuovi orizzonti dove gli operai, dopo anni di sottomissione concordata riprendano la loro emancipazione è un atto i responsabilità che riporta il sindacato operaio ai valori fondativi.
Uno, dieci, cento operai della INNSE