Dai cantieri alla grande fabbrica la corsa al profitto ammazza gli operai. Eppure in ogni luogo di lavoro sono presenti i delegati alla sicurezza, hanno le mani legate o sono addomesticati e convinti dai responsabili aziendali alla sicurezza che tutto è sotto controllo?
Il lavoro manuale è pericoloso dicono tutti. E’ normale che vi siano morti e feriti. Questo è il senso comune costruito ad arte dai borghesi.
Quello che viene presentato quasi come una legge naturale, in realtà è il prodotto del modo di lavorare nel capitalismo. Se dal lavoro manuale deriva la gran parte delle cose che servono agli umani per sopravvivere, esso dovrebbe essere in cima alle priorità per renderlo sopportabile, sicuro. La scienza, la tecnica, i tempi di lavoro, dovrebbero essere finalizzati costantemente al miglioramento delle condizioni di lavoro e alla sicurezza.
Nella realtà economica di questo sistema, invece, il lavorare meglio e in sicurezza non è una priorità.
La priorità è l’arricchimento individuale. Anche se nell’epoca storica delle grandi imprese, dei grandi gruppi finanziari, le possibilità di arricchirsi per un individuo che non sia già ricco di nascita, sono praticamente uguali a zero, il vecchio mito borghese che chi è intraprendente e senza scrupoli, può “arrivare” in cima alla scala sociale, ideologicamente, è ancora alla base dell’attuale società.
Nella visione limitata degli “imprenditori”, l’arricchimento è legato al rapporto tra i costi che devono “sostenere” per produrre, macchinari, edifici, salari, materie prime ecc., e quello che realizzano come ricavi. Più sono alti i ricavi realizzati rispetto ai costi sostenuti, maggiori sono i profitti. Ne deriva che la tendenza fisiologica dei padroni è quella di ridurre il più possibile i costi. E la sicurezza sui luoghi di lavoro è un costo.
Come possono i padroni spendere di più per la sicurezza, se questo incide negativamente sui profitti? Va da sé che il problema per loro non si pone. Lasciano il compito del teatrino delle falsità sui morti sul lavoro ai loro servi della politica, ai chiacchieroni a pagamento di TV e giornali, ai loro sindacalisti compiacenti, come nel caso dell’operaio morto alla FMA dove si tenta di scaricare la responsabilità sull’imperizia di un collega di lavoro. La colpa è dell’operaio che muore o di un collega che sbaglia, mai del sistema dei padroni.
L’unico modo per aumentare la sicurezza sul lavoro è quello di costringerli a farlo con la mobilitazione operaia. I padroni si devono trovare di fronte a questa scelta: ci perdo di più per i loro scioperi e mobilitazioni, o ci perdo di più se li accontento?
Anche su questo misuriamo la debolezza attuale degli operai. Una volta le condizioni di lavoro relativamente più sicure si avevano nelle grandi imprese. Dove gli operai erano tanti e facevano valere il loro peso, si moriva meno che nelle piccole imprese. Oggi non è più così. Si muore nello stesso modo nelle grandi e nelle piccole imprese. La ex FMA di Pratola Serra è una grande impresa Stellantis. Ma la precarizzazione, lo sfruttamento, l’incapacità di contrastare il padrone sono quasi uguali a quelle dell’impresa edile che utilizza i disperati immigrati clandestini a nero.
Cosa dire dei sindacalisti? Hanno indetto uno sciopero nazionale per i morti di Firenze, da cui si è sfilata la Fim, ma poi non hanno fatto nulla per farlo riuscire. A Melfi non hanno scioperato neanche i delegati e i membri dei direttivi. Ora, dopo Pratola Serra, proclamano lo sciopero immediato di otto ore nella sola FMA e, per il giorno dopo, a Napoli, due ore per il settore auto. A Melfi neanche lo sciopero di facciata. Si limitano solo a far circolare i comunicati sullo sciopero di Pratola Serra ma sottolineando che è uno sciopero che riguarda “solo la FMA”.
E nessuno li “invita” a togliersi definitivamente dai piedi.
F. R.