Dalle proteste degli agricoltori alla produzione di cibo come merce che deve generare profitto. Le crisi periodiche nell’agricoltura sono sistemiche e strutturali.
PREMESSA
Anche le proteste degli agricoltori, dopo aver messo a soqquadro mezza Europa, sta per essere archiviata e della problematica della produzione di cibo non è più qualcosa di cui occuparsi. Le crisi di sistema vengono fatte percepire come improvvise e inaspettate, i media chiaramente non mettono in discussione il sistema, l’economia di mercato è sacra! Solo con un’analisi materialistica si comprende che queste crisi sono sistemiche e strutturali e questo sistema somiglia molto ad un malato tenuto in vita da macchinari: se si staccasse la spina morirebbe immediatamente. Agonia portata avanti per garantire il profitto di pochi sulle spalle di tutti coloro che generano ricchezza con il lavoro salariato.
Su cosa si basa il capitalismo? Sulla produzione e vendita di merci finalizzate a generare profitto, estorto dal plus lavoro del lavoro salariato. Questo è l’unico fine del sistema, il resto è secondario. Anche il soddisfacimento dei bisogni è subordinato a ciò e tutte le sovrastrutture nazionali europee e internazionali perseguono questo scopo: sostenere il profitto ad ogni costo. È chiaro che per massimizzare il profitto è utile trasformare tutti i rapporti di lavoro in salariato e concentrare la produzione in oligopoli sempre più grandi e agguerriti. In quest’ottica si comprende come, da sempre, l’iniziativa individuale, il lavoro autonomo e la piccola proprietà siano, di fatto, poco tollerate dal sistema. Marx è stato chiaro nel “Il manifesto”, rivolgendosi alla nascente borghesia: “ci accusate di eliminare la proprietà privata ma siete voi stessi che state facendo ciò”; inoltre egli aveva smontato la chimera del libero mercato e della libera iniziativa, l’ascesa della borghesia avrebbe trasformato tutti i lavoratori in salariati. Ebbene le recenti l’evoluzione della macroeconomia stanno confermato tali analisi. Ormai il potere economico, ma anche politico, è nelle mani di poche multinazionali, sempre più concentrate.
IL CIBO CHE DIVENTA MERCE
Ebbene la crisi dell’agricoltura attuale si inserisce in questo contesto, una crisi del sistema della produzione del cibo, visto come produzione di una merce che deve generare profitto, mentre la sua funzione di nutrizione è secondaria. La produzione del cibo-merce, nelle mani delle grandi imprese più aggressive, e senza scrupoli del Pianeta, sta producendo la più grande devastazione ambientale della storia umana recente. Chiaramente anche per il sistema alimentare valgono le stesse leggi del capitale: si deve produrre per generare profitto, allora è necessario creare, e imporre, sempre più nuovi bisogni nel modo più contorto e articolato possibile, a prescindere dei danni alla salute e all’ambiente che si possono provocare. Così si è imposto il bisogno dell’uva a gennaio, poco importa se piena di pesticidi e se si sono create delle condizioni inumane sotto i tendoni coperti di plastica; oppure si è promosso il consumo di ortaggi di tutti tipi per tutto l’anno, alimenti senza sapore e pieni di pesticidi. La produzione del cibo-merce ha anche altri risvolti. Si è assistito, e si sta assistendo, alla proliferazione di tante figure parassitarie lungo la catena produttiva alimentare che si spartiscono la torta del plus valore generato dai braccianti e dagli operai del settore.
IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI EUROPEE
Nel capitalismo, però, non tutte le borghesie hanno lo stesso potere, quelle più forti impongono i loro interessi, anche con l’intervento delle sovrastrutture politiche al loro servizio, nazionali, europee e internazionali. Quali sono i punti di forza della filiera produttiva alimentare? Le industrie di produzione dei pesticidi e dei concimi e quelle di trasformazione degli alimenti, mentre i produttori agricoli rappresentano l’anello debole del sistema. Quali interessi si sono salvaguardati attraverso la comunità europea? In definitiva le industrie della trasformazione e le grandi proprietà terriere. Nella filiera del cibo c’è una situazione di oligopolio costituito dalle industrie di trasformazione che, con la globalizzazione, hanno potuto comprare le merci da trasformare al prezzo più basso sul mercato globale. L’integrazione al prezzo dei prodotti agricoli, operata per anni con la PAC (politica agricola comunitaria) è stato in realtà un finanziamento indiretto alle industrie trasformatrici che hanno potuto comprare materie prime a basso prezzo, ma anche un premio per i latifondi che hanno intascato fino a 250000 euro di soldi pubblici. Tutto questo per sostenere l’economia di mercato, senza avere alcun beneficio nella qualità degli alimenti. Ma non sarebbe stato più logico stabilire dei prezzi minimi delle derrate alimentari alla produzione, sotto i quali non poter scendere invece di sostenere le grandi e medie aziende agricole con soldi pubblici, alimentando rendite inaudite su cui anche le mafie hanno messo le mani? Le istituzioni europee non lo permettono, l’economia di mercato va difesa ad ogni costo. Le istituzioni europee difendendo gli interessi delle grandi aziende agricole delle varie nazioni hanno favorito anche la grande proprietà terriera colpendo i piccoli e medi contadini che cadono ovunque in miseria! La gestione delle quote latte sono una prova: mentre la zootecnia delle regioni più povere parcellizzata come quella del meridione veniva penalizzata, nel nord Italia e nelle zone più ricche, dove il capitalismo agrario è più sviluppato in Europa si è sviluppata a dismisura creando gravi problemi ambientali: la seconda causa delle polveri sottili della Pianura Padana derivano dagli allevamenti intensivi.
Gli interessi delle grandi aziende non sono difesi solo dalle istituzioni europee, anche dai sindacati degli agricoltori, dagli enti di ricerca in agricoltura che spesso usano i soldi pubblici per fare ricerca per conto delle multinazionali. Quando si tenne il referendum per abolire il livello minimo di sostanze tossiche negli alimenti e nelle acque, ci fu una levata di scudi generalizzata, eppure sarebbe stata l’occasione per offrire cibo sano per tutti. Quanti tumori si sono sviluppati attraverso l’assunzione di piccole dosi di veleni per anni!
IL RUOLO DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA.
Lo sdoganamento del cibo-merce è stata completata con l’affermarsi della grande distribuzione organizzata, quel sistema di acquisizione e distribuzione delle merci che ha reso ancora più marcato l’oligopolio della vendita e distribuzione del cibo. L’impatto della GDO (grande distribuzione organizzata) è stata, ed è, devastante per il mondo agricolo, ma anche per i consumatori. Le catene dei supermercati impongono caratteristiche qualitative di pezzatura e perfezione che nulla a che vedere con la qualità effettiva della frutta e verdura costringendo gli agricoltori in inutili trattamenti, anche post raccolta. Inoltre molte derrate alimentari non vengono raccolte perché non rientrano negli standard imposti. Quando cibo viene buttato per questo! La GDO ha ulteriormente peggiorato la condizione degli agricoltori piccoli, estromessi dal mercato o costretti a subire prezzi capestro, ma ha anche allungato la filiera produttiva e le figure parassitarie che vivono alle spalle dei lavoratori del settore agricolo. Ebbene per regolamentare questo settore ed eliminare le storture e le speculazioni non è previsto nessun intervento.
CONCLUSIONI.
Le proteste degli agricoltori ha avuto il merito di sollevare il problema della produzione del cibo, ma non le contraddizioni del sistema. In decenni sono arrivati nel mondo agricolo fiumi di denaro, distribuiti secondo la forza economica di ogni operatore e i suoi legami politici col potere. ma mai si è avuto il buon senso di mettere un limite a questo assalto alla diligenza che ha permesso rendite inverosimili. Una società che ci tenesse alla salute dei suoi membri avrebbe utilizzato queste risorse per produrre cibo sano, con corsi di formazione, assistenza tecnica pubblica per ridurre, o eliminare, i trattamenti chimici, promuovere aziende in cui si conservi la biodiversità. Invece si sta assistendo all’abbandono delle aree montane marginali, ad un cibo senza sapore che provoca problemi di salute, con incremento delle malattie tumorali. Sono le contraddizioni di questo sistema dove tutto diventa merce e il profitto è il solo obbiettivo da perseguire.
PIETRO DEMARCO
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