EX ILVA, FIRMATO ACCORDO DELLA MISERIA E DELLE ILLUSIONI

Cigs a rotazione al 70% del salario per 4.050 dipendenti, in gran parte operai, e promesse di assenza di esuberi strutturali e rientro per tutti alla ripartenza dei tre altiforni. I funzionari sindacali applaudono. Ma presto i nodi verranno al pettine
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Cigs a rotazione al 70% del salario per 4.050 dipendenti, in gran parte operai, e promesse di assenza di esuberi strutturali e rientro per tutti alla ripartenza dei tre altiforni. I funzionari sindacali applaudono. Ma presto i nodi verranno al pettine

Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria (AdI) e sindacati (Fiom, Fim, Uilm e Usb) il 26 luglio u.s. hanno firmato l’accordo al ministero del Lavoro sulla cassa integrazione straordinaria (Cigs) a rotazione per 4.050 dipendenti degli stabilimenti dell’ex Ilva. Avrà decorrenza retroattiva, a partire da marzo 2024, e ai dipendenti in cassa verrà riconosciuto il 70% della retribuzione annua lorda. Adesso l’accordo di cui si parlava da mesi è stato messo nero su bianco. I commissari di Stato, i funzionari sindacali e il ministro del Lavoro Marina Calderone hanno espresso, unanimi, giudizi positivi sull’accordo, “perchè garantisce un futuro alla produzione dell’acciaio in Italia”. Nello stesso tempo il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha annunciato trionfante che, secondo il piano industriale programmato dai commissari, nel 2026 i tre altiforni funzionanti saranno tutti stabilmente in marcia e che a breve verrà lanciato il bando di gara per riportare la società sul mercato verso un nuovo acquirente privato. In questo clima di manifesto entusiasmo nessuno ha chiesto il parere degli operai, ma, si sa, per gli operai parlano i funzionari sindacali, almeno finché gli operai glielo permetteranno!

UNA SCONFITTA CONTRABBANDATA PER VITTORIA
Con la firma dell’accordo presso il ministero del Lavoro l’intesa è stata trovata proprio sulla gestione dei dipendenti, in massima parte operai, fino alla ventilata piena messa in marcia dei tre altiforni ed il passaggio al nuovo acquirente, che, almeno in linea teorica, dovrebbero temporalmente coincidere. Tutti, e i funzionari sindacali in particolare, attirano l’attenzione sul fatto che punto fondamentale dell’intesa è la riduzione dei dipendenti di AdI in Cigs dalla prima richiesta per 5.200 unità, più del 50 per cento dell’organico fatto di 9.869 dipendenti, a 4.050. E ricamano, per evidenziare il loro strenuo impegno nella trattativa, che nel vertice governo-sindacati-azienda del 24 luglio a Palazzo Chigi si è ottenuta una prima riduzione della proposta di cassa da 5.200 a 4.700 e che giovedì 25, quando il negoziato sugli ammortizzatori sociali è partito al ministero del Lavoro, la Cigs è stata ulteriormente ridotta fino a giungere prima a 4.200 dipendenti, poi a 4.100 e infine a 4.050.
Dei 4.050, 3.500 sono a Taranto, 270 a Genova, 175 a Novi Ligure e i restanti ripartiti negli altri stabilimenti. Per i funzionari sindacali non è una sconfitta la Cigs per 4.050 dipendenti, bensì una vittoria visto che vi andranno 1.150 in meno rispetto ai 5.200 previsti!

IL “PRIVILEGIO” DI VIVERE CON 840 EURO AL MESE
L’entusiasmo sciocco dei funzionari sindacali non si attenua, anzi si esalta quando illustrano che hanno ottenuto un’integrazione salariale al 70% della retribuzione annua lorda, che fa dei dipendenti di AdI dei “privilegiati” visto che attualmente in generale per gli operai la Cigs corrisponde a poco più della metà del salario. In pratica i dipendenti di AdI vengono equiparati ai 1.600 colleghi di Ilva in as (la società proprietaria degli impianti che Acciaierie d’Italia gestisce in fitto), cioè ai cassintegrati storici dell’accordo del settembre 2018 ai quali era stato promesso il rientro in fabbrica, ma che prima ArcelorMittal e dopo Acciaierie d’Italia non hanno mai riassorbito. Operai che da sei anni sopravvivono con il 70% del salario, quindi con poco più di 840 euro al mese considerando un salario medio netto di terzo livello, il più comune fra i metalmeccanici dell’ex Ilva, pari a 1.200 € al mese! Questa è la stessa condizione che attende per almeno due anni (fino a giugno 2026) i 4.050 nuovi cassintegrati! Condizione magnificata dai funzionari sindacali, i quali invece, beninteso senza stare legati e curvi alla catena di produzione ma comodi in ufficio o andando in giro fra una riunione e un convegno, guadagnano, netti, dai 1.300 € del sesto livello ai 2.100 del primo livello!

MOBILITARSI PER TEMPO CONTRO ILLUSIONI E FALSE VITTORIE
È interessante notare che i sindacati hanno firmato con il ministro del Lavoro Calderone una Cigs che con il ministro Andrea Orlando, durante il governo Draghi, non avevano firmato. Lo hanno fatto perché adesso hanno ottenuto due risultati di carta che stanno sbandierando come un’altra grande doppia vittoria: la dichiarazione che non ci saranno “esuberi strutturali” e, quindi, la promessa di rientro per tutti alla ripartenza dei tre altiforni e la riconosciuta validità dell’accordo del settembre 2018 con ArcelorMittal, che garantiva, e quindi confermerebbe, il rientro in fabbrica dei 1.600 cassintegrati di Ilva in as. Promesse da marinaio visto che a breve l’ex Ilva sarà messa in vendita e il nuovo acquirente presenterà il suo piano industriale e occupazionale e l’amministrazione straordinaria cesserà. E, come annunciato dal commissario di Ilva Giancarlo Quaranta, non sarà più un affitto di ramo d’azienda, come è stato con ArcelorMittal, ma una vendita diretta. Per cui il nuovo acquirente diventerà padrone a tutti gli effetti degli impianti e avrà mano libera nella gestione della forza lavoro. Allora sì che tutti i nodi dell’opportunismo sindacale verranno al pettine dell’obiettivo del massimo profitto per il nuovo padrone e gli operai rimarranno stritolati in mezzo, se non si liberano in tempo dalle illusioni e non prendono posizione contro gli inganni sindacali, ad esempio esigendo il salario intero per tutti, cassintegrati e no. Verranno buttati fuori per sempre non solo i 1.600 cassintegrati di Ilva in as, ma anche tutti gli operai che il nuovo padrone non riterrà utili e funzionali agli obiettivi del suo piano industriale e occupazionale. E lo farà con un nuovo accordo che i funzionari sindacali firmeranno ancora una volta – in nome del mantenimento della produzione dell’acciaio in Italia – spacciandolo per un’altra (falsa) vittoria.
L.R.

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