12 Agosto 2024. Tutto questo per non dimenticare, firmato gli operai della INNSE
HANNO FALLITO!
In questo agosto il gran caldo non dà tregua, dentro l’officina di via Rubattino si respira aria pesante quasi ci fosse un clima di rassegnazione, come se sia stata data una fiducia illimitata al padrone e adesso ci si accorga che le certezze dipinte come innovazioni non siano altro che una semplice propaganda di facciata, il classico specchietto per le allodole che non incanta più nessuno, così agli operai rimangono le classiche illusioni estive .
Eppure i progetti e i toni che venivano scanditi dal padrone quindici anni fa, in quel caldo e afoso agosto, in prefettura a Milano di fronte al Prefetto, erano di ben altro spessore.
IL RICORDO DEI QUINDICI MESI DI PRESIDIO NEL 2008
Nel ricordare questo giorno, il 12 agosto, non si vuole ridare visibilità ad una singola azione, ma ad un insieme di scelte, alcune anche molto radicali ed identitarie, che furono essenziali alla lotta per far cambiare idea al padrone di turno e non far chiudere la fabbrica.
Oggi apriamo un varco temporale su quei giorni perché crediamo che ci possa aiutare a tener vive le motivazioni necessarie a contrastare trasformazioni velleitarie o un non inverosimile progetto di chiusura che potrebbe riproporsi in un prossimo futuro.
IL DRAMMATICO INIZIO
Esautorati il 31 maggio 2008 dalla fabbrica con i licenziamenti collettivi, il padrone Genta aveva scelto il modo più semplice e risoluto per sbarazzarsi di tutti gli “inquilini”, gli stessi operai e impiegati che avevano resistito alle pressioni di chiusura della INNSE, prima del gruppo Mannesman e poi del gruppo Manzoni.
Con il padrone su tutte le furie per oltre 15 mesi, prima all’interno della fabbrica autoproducendo e presidiando, poi con il sequestro preventivo del capannone fuori nella vecchia portineria, gli stessi operai, 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana, senza indugi hanno presidiato gli ingressi, costruendo pian piano una rete solidale di operai di altre fabbriche, centri sociali, studenti, associazioni, pronta ad ogni richiesta come se la INNSE fosse diventato un simulacro, un ultimo baluardo da difendere ad ogni costo.
Forse era proprio così la INNSE per la sua storia, per le sue dimensioni, per i suoi macchinari e le sue imponenti lavorazioni, per gli stessi operai che da una vita erano in trincea; doveva essere salvata, costi quello che costi, fino alla fine. E noi fino alla fine ci siamo arrivati, anche grazie a tutti loro, gli stessi che anche davanti a centinaia di poliziotti e carabinieri hanno presidiato in via Rubattino insieme agli operai della INNSE pronti ad ogni azione necessaria per permettere ai quattro operai della INNSE sulla gru di resistere, finché dopo otto giorni tra pressioni dentro e fuori il padrone Genta dovette arrendersi.
NON BISOGNA DIMENTICARE
E noi non possiamo e vogliamo dimenticare quelli che ci hanno lasciato (da Carcano fino a Pantarotto) e tutti quegli altri che con un piccolo gesto sono stati determinanti per sovvertire il piano per la chiusura, le ragioni di mercato e tutto il resto, comprese le immancabili favole: “non c’è più niente da fare”. Tutto questo ha dimostrato che conta una organizzazione operaia capace di stabilire regole, che contano i numeri da opporre alle forze padronali, conta dichiarare senza tentennamenti gli obiettivi e conta definire sempre un azione collettiva. E qui bisogna aprire uno spazio dove sancire una illimitata riconoscenza a Dario, operaio combattente della INNSE, il quale dopo aver vissuto al nostro fianco la dura vita della fabbrica e in prima fila in tutte le lotte, anche le più difficili quali i licenziamenti, di punto in bianco ci ha lasciato questa primavera.
Con mirate azioni collettive sono state combattute, la cigs del 2016 con tutte le contestazioni disciplinari, i licenziamenti discriminatori del 2017 di cui un delegato e due ex delegati, la cassa integrazione del 2020 e i tre licenziamenti del 2023, per i quali la direzione si è assunta la responsabilità di non applicare la sentenza di reintegro sancita dal giudice il 24 gennaio 2024. Così i tre operai, di cui un delegato, devono proseguire il loro oblio in attesa del prossimo ricorso calendarizzato dal giudice nel prossimo autunno.
IL SINDACATO DI “TRINCEA”
Dunque la proprietà Camozzi negli ultimi anni ha voluto sbarazzarsi di una presenza sindacale storica, riconoscendo di fatto una provata riluttanza nei confronti dell’operato sindacale, reo solamente di avere dei saldi principi, i quali sono stati proposti in tutti questi anni nella strenua difesa del salario e dei diritti degli operai. Il trovarci tuttora ancora in una fase dove gli elementi basilari che formano le caratteristiche del rapporto di lavoro sono ancora, dopo quindici anni, al completo appannaggio della proprietà, cioè al suo modo arbitrario di concepire le relazioni sindacali, la dice tutta. Dunque, dopo che i canali istituzionali hanno soddisfatto qualsiasi esigenza padronale sia a livello produttivo, a livello fiscale e soprattutto dopo le ultime concessioni a livello immobiliare, l’occupazione, il salario e i servizi degli operai si trovano ancora in alto mare.
Senza una chiarezza di fondo in quel di via Rubattino lo scenario ha preso una brutta piega, ci troviamo di fronte un labirinto di società dove gli appaltati e gli appaltatori si rubano la scena, comprimendo così gli spazi e le esigenze degli operai che vengono poste in second’ordine. La nostra risposta è semplice, proseguire a proporre un sindacalismo di trincea e il sindacalismo “curvo”, o addirittura supino, lo lasciamo a chi non ha come scelta la difesa collettiva degli interessi degli operai, a chi per questioni di convenienza utilizza il sindacato come fosse una ruota di scorta.
Tutto questo, per non dimenticare.
12 Agosto 2024 Gli operai della INNSE
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