STELLANTIS. CAMBIARE MENTALITA: O CI FANNO LAVORARE REGOLARMENTE O CI INTEGRANO IL SALARIO PIENO. A LORO LA SCELTA

È ormai tempo di abbandonare vecchie credenze sindacali, non si può proseguire ad elemosinare un lavoro da schiavi, che ti spezza la schiena, come se fosse un grande regalo, e quando non c’è accettare il misero sussidio della cassa, senza avere nemmeno il coraggio di imporre agli azionisti un’integrazione piena.
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È ormai tempo di abbandonare vecchie credenze sindacali, non si può proseguire ad elemosinare un lavoro da schiavi, che ti spezza la schiena, come se fosse un grande regalo, e quando non c’è accettare il misero sussidio della cassa, senza avere nemmeno il coraggio di imporre agli azionisti un’integrazione piena.

Gli azionisti, i dirigenti e i padroni di Stellantis (ex Fiat ed ex FCA) perdono il pelo ma non il vizio di fottere gli operai. È nel loro DNA nel loro essere, finché dura, appunto la loro condizione di padroni! Basterebbe ripercorrere la storia di Termini Imerese, delle fantasiose fallimentari riconversioni: auto green, vivaistica, i ladri di Bluetec, fino al possibile centro Amazon, per chiedersi come mai la storia recente non abbia insegnato granché agli operai Stellantis.
Sicuramente non può essere una giustificazione plausibile identificare i responsabili principali nell’azione soporifera e anestetizzante dei sindacati firmatutto, FIOM inclusa, tutti indistintamente burocrati. Tutti sempre proni ai desiderata della multinazionale dell’auto, al dogma del profitto e della produttività.
Una appendice funzionale, questi sindacalisti, al sistema di sfruttamento degli operai.
Gli operai ne conoscono, purtroppo, molto bene i rituali: le inutili processioni del sabato, le buffonesche parate al ministero e alla regione, le messe con gli alti prelati, gli inconcludenti tavoli di conciliazione.
Una fotocopia che vediamo ripetersi monotona, se non fosse drammatica, da molti mesi nella vicenda della reale dismissione dello stabilimento di Termoli, della messa in cassa degli operai Stellantis e delle promesse di una produzione alternativa green, la prima “gigafactory “ di batterie in Italia.
“Una foglia di fico che non copre niente” come l’ha definita un’operaia molisana. Una balla durata, con la complicità del governo Meloni, per troppo tempo, con padroni, ministro D’Urso e sindacalisti firmatutto, che cercano di illudere gli operai di Termoli che lo stabilimento abbia un futuro, che non bisogna preoccuparsi. Nonostante che la produzione di motori endotermici fosse stata dichiarata superata tempo fa, dallo stesso Tavarez.
Nella realtà la cassa integrazione per gli operai dello stabilimento di Termoli da luglio è stata legata alla chiusura di agosto ed adesso estesa fino all’otto di settembre ed ha coinvolto circa 390 operai. La punta dell’iceberg!
La chiusura del reparto della produzione del cambio e dei motori 8/16 v coinvolge oltre 1000 addetti, la metà degli operai di Termoli. Un esercito, numeri che se si organizzano potrebbero creare seri problemi a tutti. Ai padroni, al governo e ai sindacalisti firmatutto!
Intanto Tavarez continua il gioco delle tre carte proponendo di spostare decine di lavoratori in Polonia da Mirafiori e altrettanti da Termoli a Torino (Giornale del Molise 2/9/24). Stanno cercando di evitare la rabbia e la mobilitazione. Sapranno gli operai molisani organizzarsi in proprio e lottare strenuamente per difendere la loro vita? Che alternativa hanno, se non la mobilitazione, all’immiserimento che la messa in cassa produce sui già magri salari?
I tempi dovrebbero essere maturi affinché gli operai di Stellantis e dell’indotto siano consapevoli che, come vediamo di seguito, la ristrutturazione coinvolge tutti gli stabilimenti del centro Italia. Questa consapevolezza della loro forza, che il sindacalismo borghese vuole comprimere, dovrà portare ad una azione degli operai concertata e coordinata se si vorrà avere una qualche possibilità di difesa.
Il vicino stabilimento abruzzese di Atessa (Sevel), che produce diversi marchi di veicoli commerciali (Fiat, PSA, Opel, Vauxall e Toyota), impiega oltre 5000 persone che hanno lavorato fino a giugno su 15 turni. Nel primo trimestre 2024 la produzione è aumentata del 28% rispetto al 2023, quando sono stati prodotti 235 mila veicoli. Dal secondo trimestre è scattata la cassa integrazione per diversi reparti. Il turno notturno, finora su base volontaria, è stato sospeso. La cassa integrazione che è proseguita per tre settimane nel mese di luglio (800 addetti) ed è stata estesa, in questi giorni, a tutto il mese di settembre per tutti gli operai. La causa principale sembra essere il potenziamento dello stabilimento polacco “gemello” di Gliwice e la prossima apertura di uno stabilimento simile a Luton (UK) nel 2025. Le ricadute maggiori si sono da subito avute sulle piccole fabbriche dell’indotto che hanno avuto un calo drastico nelle commesse dallo stabilimento della Sevel. I sindacati di base (Slai Cobas) denunciano una campagna di discriminazione nella messa in cassa. nei confronti degli operai sindacalizzati.
Nello stabilimento di Cassino, 2763 dipendenti, la produzione di auto è crollata nel primo trimestre 2024 del 40% rispetto allo stesso periodo del 2023. Passando da 14.410 veicoli a 8.540, questo secondo F. Uliano segretario nazionale Fim (Start magazine 08/04/24), che si dimentica non a caso di dirci il numero degli addetti nei trimestri confrontati e quindi il dato è volutamente monco, sembrerebbe quasi, a dare retta al burocrate della FIM, che gli operai di Cassino abbiano improvvisamente prodotto di meno. Ma per avere una prospettiva diversa e di parte operaia, poiché non esiste alcun dubbio sulla collocazione filo padronale di Uliano, basterebbe rileggersi la corrispondenza da Cassino (https://www.operaicontro.it/2024/05/23/operai-di-nuovo-in-movimento/).
A fine maggio i lavoratori delle linee le hanno spontaneamente bloccate perché troppo veloci. Il padrone e la gerarchia di fabbrica li obbligavano da alcuni giorni, con ritmi insostenibili, a produrre più auto con meno addetti.
Nello stabilimento Ciociaro si lavora da oltre un anno sul solo turno 06/14, il ricorso alla cassa integrazione è frequente ed è stato esteso in questi giorni fino a metà settembre. Oltre metà degli operai sta in cassa a rotazione. Anche qui, oltre alla riduzione drastica del salario degli operai Stellantis, sono gli operai dell’indotto a pagare un costo elevat: il loro licenziamento, le chiusure fanno poco clamore, polverizzati come sono in piccoli stabilimenti che il sindacalismo collaborativo si guarda bene dal collegare in una unica vertenza con quella Stellantis.
MC

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