NUOVO DECRETO SICUREZZA: LA VERA POSTA IN GIOCO

Puntano il dito contro studenti ed ecologisti, ma il loro vero obiettivo è impedire e punire con anni di galera le proteste degli operai, le forme di lotta usate per far sentire il loro peso sociale. I capi sindacali non vedono, non sentono, non parlano. Balbettano.
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Puntano il dito contro studenti ed ecologisti, ma il loro vero obiettivo è impedire e punire con anni di galera le proteste degli operai, le forme di lotta usate per far sentire il loro peso sociale. I capi sindacali non vedono, non sentono, non parlano. Balbettano.

Caro Operai Contro, gli operai sono avvisati! Se nelle loro rivendicazioni o per opporsi al licenziamento, si azzardano a fare blocchi stradali o ferroviari, cadranno nella trappola del governo: in galera per un periodo da 6 mesi ai 2 anni. Così la combriccola del governo Meloni, s’illude di spaventare gli operai, e indurli a rinunciare a forme di lotta, storicamente praticate dal movimento operaio.
E’ quanto prevede l’art. 14 del decreto sicurezza approvato l’11 settembre alla Camera, decreto a sua volta varato a novembre dal governo, su proposta del ministro dell’Interno Piantedosi, alter ego di Salvini segretario della Lega, da anni in prima fila a promuovere e varare decreti sicurezza – prima o poi gli daranno una medaglia.
Passato sotto silenzio nel suo vero scopo, questo provvedimento viene presentato dal governo come una misura per colpire studenti e ambientalisti, che rivendicano misure di contrasto al cambiamento climatico. Protestano seduti in mezzo alla strada, oppure imbrattano, per lo più con sostanze lavabili, pareti di edifici pubblici, quadri, statue ecc.
In realtà per queste iniziative, purché fatte individualmente – dice l’art. 14 in questione – la pena prevista non è dai 6 mesi ai 2 anni di galera, ma va da una multa di 300 euro, fino a un mese di galera. Una pena molto inferiore rispetto chi si muove e lotta in gruppo, come fanno gli operai in fabbrica, nei picchetti sui cancelli, per strade e piazze.
Ecco quindi la “cartina di tornasole”: la vera posta in gioco, non sono solo gli studenti e gli eco-attivisti, seppur le loro iniziative infastidiscono il governo, colpendo nel segno attraverso manifestazioni determinate e coraggiose; manifestazioni che – questo è curioso – per il governo sarebbero derubricabili e “inquadrabili” come azioni singole (sic).
Il vero, non dichiarato, è che Meloni e soci, vogliono incatenare la possibilità degli operai di protestare, di farsi sentire socialmente proprio mentre la forte crescita della cassa integrazione, prepara nuovi licenziamenti e tante fabbriche chiudono.
Il 2023 ha visto la chiusura di 357.284 aziende, più 5,2% sull’anno prima. Con l’Inps che certifica 220.000 cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
A luglio 2024, esclusi i prodotti chimici, le industrie alimentari e la fornitura di energia elettrica e gas, tutti gli altri settori della produzione industriale sono in calo da 18 mesi, con un crollo del fatturato su base annua. Nei Servizi il fatturato non cresce più, e l’Edilizia ha il freno tirato con la fine del superbonus.
La domanda interna ansima sopratutto per i bassi salari, nonostante l’alto sfruttamento degli operai abbia visto l’export italiano crescere per il quindicesimo anno, dal decimo al quinto posto, dietro Cina, Stati Uniti, Germania, e Giappone.
Il sindacato Confederale non va oltre la lamentela che la Meloni non si decide a convocarlo, o quando lo fa è solo per finta, perché non li ascolta.
Il disco di Landini, segretario generale della Cgil, si è rotto dopo la scoperta che “si è poveri anche lavorando”, mentre l’agenzia Ansa comunica che dopo il primo incontro con E. Orsini, nuovo presidente di Confindustria, Landini ha dichiarato: “ Ci siamo presi un caffè… ripartiremo a settembre per entrare nel merito..” Quale “merito”? Non basta la minaccia della galera? Per non parlare di tutto il resto!
Sembra che Landini non sia neanche sfiorato dall’idea di organizzare uno sciopero di protesta, contro le misure del governo che mandano in carcere gli operai.
Picchetti e blocco delle merci nelle fabbriche, sui cancelli, blocco stradali e ferroviari, fanno parte del bagaglio di lotta che storicamente gli operai mettono in campo, per sostenere le loro rivendicazioni, opporsi ai licenziamenti, consolidare la propria identità di classe, contro i padroni che vorrebbero annacquarla.
Proteste e fermate nelle fabbriche e sui posti di lavoro, contro la galera agli operai e il decreto sicurezza, sarebbero una prima risposta alla Meloni, ma anche un modo per “ricordare” a Landini, e a tutto il sindacato, che in qualsiasi “merito” si entra da soccombenti senza scioperi e mobilitazioni.
Saluti Oxervator.

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