Un unico obiettivo: un forte aumento salariale. Un’unica forza: il blocco di tutti i porti della costa est e i padroni sono costretti a scendere a patti.
Nella prima settimana di ottobre i portuali americani dal Maine al Texas entrano in sciopero. Le trattative sul rinnovo sessennale del contratto sono fallite. Il contratto tra i porti e portuali è scaduto a mezzanotte del giorno 30 settembre e le trattative si arenano già nei primi colloqui. Il sindacato ILA (International Longshoremen Association) che rappresenta i portuali della costa est, pressato dalla base, avanza delle richieste ben precise: un aumento salariale del 77% in sei anni ed un divieto totale all’automazione. La US Maritime Alliance, che rappresenta i datori di lavoro del settore portuale della costa est, il lunedì sera aveva dichiarato di aver presentato un’offerta pari al 50% di aumenti in sei anni, e si era impegnata a mantenere i limiti all’automazione in vigore dal vecchio contratto. Le posizioni tra le due parti sono distanti ed inizia lo sciopero dei portuali.
Lo sciopero coinvolge tutti i porti della costa est dell’America del nord ed è stato il primo sciopero che ha coinvolto tutti, in cinquanta anni. In una dichiarazione rilasciata martedì mattina, il sindacato ha affermato di aver respinto l’ultima proposta dell’alleanza perché “era ben al di sotto di quanto i membri di base dell’ILA chiedono in termini di salari e protezioni contro l’automazione”. Le due parti non avevano tenuto negoziati formali da giugno. Con estrema determinazione tutti i porti dal Maine al Texas si fermano.
Il sindacato si fa portavoce dei portuali “Siamo pronti a combattere finché sarà necessario, a restare in sciopero per tutto il tempo necessario, per ottenere i salari e le protezioni contro l’automazione che i nostri membri dell’ILA meritano”, ha affermato Daggett nella dichiarazione. “Ora devono soddisfare le nostre richieste affinché questo sciopero finisca”.
Tutto il traffico commerciale in entrata ed uscita dalla costa est è bloccato anche se gli esperti della catena di approvvigionamento affermano che i consumatori non noteranno un impatto immediato dello sciopero perché la maggior parte dei rivenditori ha fatto scorta di merci, anticipando le spedizioni di articoli da regalo per le feste. Ma se lo sciopero dovesse durare più di qualche settimana potrebbe paralizzare la filiera di approvvigionamento del Paese, con ripercussioni sul livello dei prezzi e ritardi nelle consegne. Se prolungato, lo sciopero costringerà le aziende a pagare i ritardi agli spedizionieri e farà sì che alcuni prodotti arrivino in ritardo per il periodo di punta degli acquisti natalizi, con ripercussioni dai giocattoli agli alberi di Natale artificiali, fino alle automobili, al caffè e alla frutta. Lo sciopero avrà probabilmente un impatto quasi immediato sulle forniture di importazioni deperibili. Il blocco delle esportazioni dai porti della costa orientale può creare, nel tempo, ingorghi anche nei porti della costa occidentale. Gli analisti avevano avvertito che ogni nuovo giorno di blocco poteva ritardare di sei giorni il ritorno alla normalità una volta rientrata l’agitazione. Questo anche se i porti occidentali, dove i lavoratori sono rappresentati da un altro sindacato e da un contratto separato, sono rimasti aperti: dirottare il commercio marittimo è complesso e costoso e rischia di creare congestione. Tanto più che dai porti fermi parte il 70% dei container per l’export. Se gli scioperi andranno avanti, causeranno ritardi lungo tutta la catena di fornitura, un effetto a catena che senza dubbio si protrarrà fino al 2025″, ha osservato Jay Dhokia, fondatore della società di gestione della catena di fornitura e logistica Pro3PL. JP Morgan ha stimato che lo sciopero può costare all’economia tra 3,8 e 4,5 miliardi di dollari al giorno.
L’alleanza dei porti ha affermato che con la sua offerta ha triplicato i contributi dei datori di lavoro ai piani pensionistici e rafforzato le opzioni di assistenza sanitaria, ma non basta, i portuali continuano lo sciopero. Sul fronte politico le istituzioni hanno le mani legate e non hanno potuto forzare la mano nonostante i rivenditori, i fornitori di ricambi auto e gli importatori di prodotti avevano sperato che il presidente Biden sarebbe intervenuto ponendo fine allo sciopero utilizzando il Taft-Hartley Act, che gli consente di richiedere un periodo di raffreddamento di 80 giorni. Ma lo sciopero arriva solo poche settimane prima delle elezioni presidenziali e potrebbe diventare un problema mettersi contro tutta questa fetta di elettorato.
Lo sciopero continua e tutti portuali sono compatti sanno di avere la possibilità di piegare il padrone perché le perdite di profitto sono troppo elevate per rischiare un braccio di ferro con i portuali. Infatti, dopo che lo sciopero per tre giorni aveva bloccato 36 scali merci sulla costa orientale e del Golfo del Messico e con loro metà del cargo via mare da e per gli Stati Uniti, si è avuto un accordo provvisorio con conseguente sospensione delle azioni di lotta.
L’accordo provvisorio prevede significativi aumenti di paga, pari al 62% nell’arco di sei anni. Un compromesso tra il 50% offerto inizialmente dalla Maritime Alliance e il 77% chiesto dai portuali. Il compromesso alla fine raggiunto è sulla carta ancora temporaneo con la decisione di estendere per il momento l’esistente contratto di lavoro fino al 15 gennaio 2025. Durante questo periodo, oltre a ratificare l’intesa salariale che prevede una paga base in rialzo a 63 dollari l’ora da 39 in sei anni, si impegnano a negoziare su un altro capitolo invece irrisolto, l’automazione. Il sindacato ha chiesto drastici divieti a simili tecnologie al fine di salvaguardare posti di lavoro ma gli operai portuali sono determinati ed hanno appena sperimentato che sono una forza e che la lotta unitaria e dura porta risultati. Questo è una lezione per tutti gli operai.
S. C.
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