Basta andare nelle campagne fra le braccianti straniere del centro Italia per vedere come il patriarcato serva ai padroni agricoli per schiavizzarle e sfruttarle senza limiti.
L’avvento della proprietà privata ebbe due tragiche conseguenze: la schiavitù e la cessazione della condizione di parità tra uomini e donne! Gli uomini acquistano un valore di scambio, possono essere mercificati, attraverso la pratica della schiavitù, la stessa sorte tocca alle donne. La vittoria della proprietà privata sull’originaria proprietà comune naturale, darà origine alla famiglia monogamica. Una monogamia a senso unico, una monogamia soltanto per la donna. In questa famiglia monogamica, si consuma la prima oppressione di classe, quella dall’uomo sulla donna. Si riprodurranno gli stessi conflitti e le stesse contraddizioni insite nella società divisa in classi, quelle della diseguaglianza e della oppressione. Ultimamente si sente spesso, fortunatamente, usare il termine patriarcato, ma il più delle volte, sfortunatamente, se ne fa un uso improprio, svuotandolo , del suo reale ed importante significato. Anche Valditara (ministro dell’istruzione dell’attuale governo Meloni) ha voluto dire la sua, “il patriarcato è morto…E’ finito con la riforma del Diritto di Famiglia del 1975…” Ma da un ministro del governo Meloni, non ci si può e non ci si deve aspettare niente di più e niente di diverso. Spetta a noi donne appartenenti alla classe delle sfruttate e delle oppresse, non certo dalle donne borghesi che sono in realtà uomini mascherati da donne (esempio la Meloni capo del governo) denunciare la condizione delle donne “invisibili” che non hanno “voce” e che sono anche loro vittime del “patriarcato” nella sua forma capitalista. Tutte quelle donne straniere, sfruttate abusate e ricattate anche e soprattutto sessualmente, per ottenere un contratto di lavoro, che poi “contratto” non è. Una bracciante Nigeriana, descrive la sua vita, rifacendosi ad un proverbio del suo paese “ Mezzo pane è meglio di niente”! E così racconta del suo contratto di “lavoro a tempo determinato” dalle 6 alle 17, in busta paga vengono segnati 10/15 giorni lavorativi, ma in realtà lei ne lavora 26 al mese. La mano d’opera femminile in agricoltura è molto richiesta, sia per la capacità di saper trattare con delicatezza i prodotti agro-alimentari, e sia perché sono più ricattabili e di conseguenza più inclini alla sottomissione. La paga della forza lavoro femminile, a parità di lavoro è inferiore a quella di un uomo straniero, il quale a sua volta viene retribuito meno di una donna italiana, la quale a sua volta prende meno di un uomo italiano. Ma lo sfruttamento femminile non si limita solo a questo. Spesso le vengono richiesti favori sessuali in cambio di contratti di lavoro, senza i quali non è possibile rinnovare il permesso di soggiorno. Violenze ed abusi sono all’ordine del giorno. Alla domanda di una giornalista, che le chiede di descrivere la sua giornata di lavoro, una giovane raccoglitrice di cipolle proveniente dal Marocco, risponde così “ sono senza pietà!”
Ai rischi della violenza sessuale si aggiunge anche il ricatto della maternità. Per paura di vedersi togliere i figli, subiscono in silenzio, diventando invisibili. Alcune di loro emergono dal buio, perché si rivolgono ai centri anti-violenza per denunciare gli abusi subiti.
Ecco Ministro Valditara, il Patriarcato è “Morto” o sono le donne a morire per mano del PATRIARCATO?
S.O.