GLI OPERAI STELLANTIS PRIGIONIERI DEGLI AZIONISTI

Stellantis ha distribuito 24 miliardi di euro in dividendi agli azionisti negli ultimi quattro anni. Soldi prodotti dagli operai sulle linee che sono serviti per far fare la bella vita ai proprietari delle azioni Stellantis. In primis, la famiglia Agnelli-Elkann.
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Stellantis ha distribuito 24 miliardi di euro in dividendi agli azionisti negli ultimi quattro anni. Soldi prodotti dagli operai sulle linee che sono serviti per far fare la bella vita ai proprietari delle azioni Stellantis. In primis, la famiglia Agnelli-Elkann.

Pur in un periodo di riduzione delle vendite, Stellantis era riuscita a guadagnare utilizzando varie misure: aumentando i prezzi delle poche auto vendute; nascondendo dietro il problema dei semiconduttori le fermate produttive per affrontare la sovrapproduzione; caricando sulle spalle del bilancio delle Stato i costi della manodopera non utilizzata con la cassa integrazione; riducendo drasticamente le spese per la sicurezza e l’igiene negli stabilimenti; approfittando degli incentivi statali sulle auto.
Erano comunque soldi che l’azienda avrebbe potuto, così dicono i critici superficiali, utilizzare per le famose innovazioni tecnologiche per migliorare il prodotto nella solita falsa coscienza che l’obiettivo del capitale sia quello di produrre beni di consumo e non profitto per i proprietari. Erano soldi che potevano essere utilizzati, anche per migliorare la condizione economica dei dipendenti, ma senza lotta per il salario anche questa è solo una buona illusione.
Perché non lo ha fatto?
Il miglioramento della condizione operaia non è stato mai all’ordine del giorno per i padroni.
Di fronte alla crisi avanzata del settore auto a livello mondiale che stava già determinando un calo del saggio dei profitti, non certo quello della massa dei profitti, i padroni hanno trovato più conveniente altre aree di investimento, rispetto agli investimenti per aumentare la capacità produttiva industriale. Distribuendo alti dividendi hanno sostenuto il titolo Stellantis in borsa, in una fase di profitti non adeguati nella produzione di auto hanno puntato ai profitti finanziari e hanno così preferito puntare sul capitale monetario.
Nessuno sapeva cosa stesse succedendo?
Assolutamente no. Lo sapevano bene tutti: i politici che hanno continuato a finanziare inutilmente Stellantis; lo sapevano i sindacalisti che sostenevano l’azienda in tutte le operazioni contro gli operai che sono state compiute.
Gli azionisti Stellantis hanno così continuato ad arricchirsi mentre la nave affondava. Le fabbriche andavano a singhiozzo, con furiose accelerazioni produttive e fermate convulse. Con miseri “incentivi alle dimissioni” hanno buttato fuori migliaia di operai. Con i soldi dell’Inps, cioè delle casse dello stato, hanno finanziato la cassa integrazione quando avevano bisogno di ridurre la produzione. Hanno sfruttato nel modo più intenso possibile i pochi operai che lavoravano.
Ora si apprestano ad un ulteriore giro di vite, sempre senza rischiare nulla di tasca propria, senza toccare i lauti dividendi.
Aspettano gli ennesimi aiuti statali. Promettono i soliti piani industriali per il futuro che difficilmente saranno realizzati, come Marchionne ci ha insegnato, e continueranno a tagliare personale e spremere il più possibile quelli che rimarranno.
La strada che seguiranno per il futuro è quella che i padroni di Volkswagen hanno già indicato chiaramente: chiusura di una parte degli stabilimenti e tentativo di contenimento della sovracapacità produttiva; riduzione dei salari del 10%; riduzione del personale negli stabilimenti che sopravviveranno e aumento dei ritmi di lavoro. I sindacalisti in Italia faranno di peggio, accetteranno al buio ogni scelta aziendale senza nemmeno un tentativo di mettere in campo la forza operaia, di ottenere un qualche impegno da far rispettare. Hanno collaborato con Stellantis in questi anni ad ogni sua scelta e non faranno che collaborare ancora con più convinzione in nome dell’uscita dalla crisi dell’automotive.
Questa è la ricetta per affrontare la crisi che stanno adottando tutti i padroni a livello mondiale, compresi i cinesi che presentano anch’essi problemi di sovrapproduzione.
D’altra parte, con i salari sempre più bassi e con meno operai che lavorano, le auto prodotte saranno sempre in eccesso perché saranno sempre di meno quelli che potranno comprarle, garantendo margini di profitto adeguati al livello di accumulazione del capitale mondiale.
I ricchi, insieme al “ceto medio”, rappresentano una minoranza della popolazione mondiale: quante auto potranno comprare? La produzione sarà sempre troppa rispetto ai consumatori che possono spendere. In un mercato del capitale sempre meno capace di espandersi, aumenteranno gli scontri tra produttori a livello mondiale per accaparrarsi i mercati peggiorando le relazioni tra gli Stati e trasformando sempre di più lo scontro commerciale in scontro militare.
Il settore auto è uno dei settori trainanti nell’economia capitalistica. La sua crisi sta già coinvolgendo tutti gli altri settori collegati. È una realtà che non si risolve con gli interventi dei politici che servono solo ad aiutare i padroni a tenere sotto controllo la reazione degli operai, come nel caso del rinvio dei licenziamenti per un anno degli operai Trasnova.
I politici faranno gli interessi dei padroni e cercheranno al massimo di diluire chiusure e licenziamenti per evitare reazioni forti da parte degli operai. Lo stesso ruolo che hanno gli attuali sindacalisti compromessi con il padrone. Non saranno le richieste di “interventi del governo”, o i piani industriali fasulli di Stellantis, o le tranquille passeggiate con magliette e fischietti organizzate dai sindacati a salvare gli operai.
I padroni fanno quello che vogliono perché gli operai, pur essendo una forza temibile, non la fanno valere. La strada da seguire è quella di cominciare a organizzarci in modo indipendente, come operai, senza farci fregare dalle lotte per finta e dai compromessi a perdere che i sindacati attuali, compromessi con Stellantis, faranno.
Ad ogni passaggio della crisi dobbiamo mettere in campo la nostra forza collettiva per difendere i nostri interessi contro quelli dei padroni.
F. R.

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