Il generale è stato liberato e accompagnato in Libia sulla base di uno scambio consolidato: tenere prigionieri sotto tortura nei lager i migranti pronti a partire per le coste italiane. Così il governo può vantarsi che gli sbarchi sono quasi azzerati.
Caro Operai Contro, alla Camera dei deputati, le testimonianze dei migranti sopravvissuti alle torture del generale Almasri confermano, se ve ne fosse bisogno, le barbarie del governo Meloni nella decisione di liberare questo personaggio e riportarlo in Libia, dove potrà continuare il suo lavoro di assassino e torturatore.
Questo caso, purtroppo, finirà probabilmente in una bolla di sapone, ma intanto per la Meloni è un occasione d’oro da sfruttare, l’ennesimo colpo di teatro sul presunto complotto della magistratura contro il governo.
La prima a darne notizia di essere indagata per il caso del generale libico Almasri è la stessa Meloni, in un video dove recita la nuova puntata della giustizia ad orologeria. Il collaudato copione di vittima della vendetta delle toghe, stavolta contro la separazione delle carriere, una loro ripicca alla riforma della “giustizia”.
Non “atto dovuto” ma “atto voluto”, titola la mattina dopo l’editoriale su “Libero” del direttore M. Sechi, sul caso del “figuro” Almasri come lo definisce lo stesso Sechi, che nel suo articolo ripete la tesi del “governo dei giudici” ostile e persecutore del governo Meloni.
Solita solfa che la destra al governo usa come parafulmine, con il quale giustifica la sua politica di misure autoritarie e restrittive, contro i migranti, gli operai, i giovani, gli strati bassi. Misure che denotano la volontà di sottomettere il potere giudiziario al potere politico del governo, sintomi di un premierato di fatto.
Sechi non dice perché il generale libico, ricercato dalla Corte penale internazionale – con accuse di torturatore, stupri, violenze, crimini di guerra, crimini contro l’umanità -, abbia potuto in poche ore essere incarcerato in Italia, poi liberato e infine accompagnato in Libia con un volo di Stato.
Il direttore di “Libero” non ha trovato niente di meglio che aggrapparsi alla miseranda contrapposizione verbale tra “atto voluto” e “atto dovuto”. Evidentemente per lui questa vicenda, sarebbe dovuta restare segreta, magari con una soluzione “aumm aumm”, sulla pelle delle vittime del torturatore Almasri: i migranti trattenuti nelle prigioni lager in Libia, tramite accordi che il governo Meloni paga in moneta sonante e un certo numero di motovedette regalate.
Il governo Meloni e la sua falange mediatica non avevano previsto che, non un’opposizione parlamentare spuntata, ma un avvocato in veste di semplice cittadino pretendesse chiarimenti, mettendo in moto il meccanismo “dell’atto dovuto”, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati G. Meloni, a capo del governo, Piantedosi, ministro dell’Interno, Nordio, ministro della Giustizia, Mantovano, sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri, segretario del Consiglio dei ministri e Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica.
Alla tragicomica prima versione di Piantedosi, per la quale Almasri è stato riportato in Libia perché pericoloso, hanno fatto seguito Nordio e Piantedosi, che si sono nascosti, dopo aver promesso il giorno prima che sarebbero andati in aula a spiegare i fatti. Probabilmente con l’apertura delle indagini, devono preparare un’altra versione, che sia “bevibile” dalla Corte penale internazionale.
Ora il parlamento è bloccato almeno fino a martedì. Ma la Meloni non ha perso tempo nella guerra contro i migranti. Ne ha spediti 49 in Albania, se poi la corte d’Appello li rimanda indietro tutti o in parte, sarà motivo per la Meloni che guazza nella cagnara mediatica, di attaccare i giudici, e continuare a colpire migranti e strati sociali bassi. Un’altra puntata. Di male in peggio per chi ne paga le conseguenze.
Saluti Oxervator.
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