LA TERRA TREMA E LORO GIOCANO ALLO SCARICA BARILE

In due precedenti articoli, rispettivamente del 3 giugno e del 28 luglio 2024, abbiamo denunciato come il governo e le varie istituzioni preposte stiano giocando sulla vita degli abitanti dell’area flegrea. Il gioco continua più pericoloso
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In due precedenti articoli, rispettivamente del 3 giugno e del 28 luglio 2024, abbiamo denunciato come il governo e le varie istituzioni preposte stiano giocando sulla vita degli abitanti dell’area flegrea. Il gioco continua più pericoloso

L’apparente attutirsi del fenomeno del bradisismo negli ultimi mesi, con una minore velocità di sollevamento del suolo, un minor numero si scosse e una diminuzione della loro potenza, ha avuto l’effetto temporaneo di attutire le critiche e le proteste. Il peso di quanto finora era successo è gravato soprattutto sulle spalle degli oltre 1.500 sfollati, la maggioranza dei quali usufruisce di un contributo mensile per trovare una sistemazione autonoma, contributo spesso insufficiente, data l’impennata del costo degli affitti delle aree limitrofe a Pozzuoli, dovuta all’accresciuta domanda. Verso questa fascia della popolazione Stato ed Enti Locali sono andati con la mano pesante. Prima, nei mesi immediatamente successivi alla scossa di magnitudo 4.4 del 20 maggio, li hanno abbandonati praticamente a se stessi, senza uno straccio di contributo. Dopo, invece di trovare soluzioni abitative alternative per quella minoranza di sfollati che non riuscendo a trovare casa e, non potendo dormire per strada, continuavano a stare nelle case sfollate, li hanno denunciati penalmente per non aver ottemperato alle ordinanze del sindaco.
L’improvviso acutizzarsi della crisi bradisismica, con una accelerazione della velocità di sollevamento e, soprattutto, con un notevole intensificarsi delle scosse, sia come numero che come potenza, ha però fatto riesplodere il problema, rivelando come, senza alcuna scusante, le istituzioni siano state in questi mesi colpevolmente immobili. Delle tanto decantate nuove vie di fuga non c’è traccia; di un piano di assistenza in loco della popolazione nel caso di scosse forti, ancora meno; per non parlare, poi, della totale assenza di piani per l’assistenza dei numerosi disabili, impossibilitati ad allontanarsi durante le scosse.
Di fronte a tutte queste mancanze e criticità, le autorità hanno risposto nel modo più classico, accentuando gli atteggiamenti aggressivi e vessatori nei confronti della popolazione. La sera del 18 febbraio, con il più lungo ed energetico sciame sismico ancora in corso, sindaci flegrei, protezione civile e prefetto di Napoli hanno organizzato un incontro aperto alla cittadinanza puteolana. Ed è proprio come risposta delle timide critiche che spontaneamente singoli abitanti hanno mosso al loro operato che costoro si sono lasciati andare ad affermazioni sconcertanti.
Il sindaco di Napoli, Manfredi, ad es., per replicare alla domanda di un genitore sul perché le scuole di Bagnoli erano rimaste aperte mentre quelle limitrofe puteolane erano state chiuse per due giorni in via prudenziale, ha risposto che le scuole sono sicure e non vanno chiuse, smentendo implicitamente quanto fatto dal suo collega puteolano. Per Manfredi, e lo ha sottolineato esplicitamente più volte, il problema del bradisismo sarebbe soprattutto un problema psicologico, di saper gestire l’ansia che le scosse provocano. Detto da uno assolto per prescrizione all’Aquila in un processo connesso al crollo dei balconi di alcune case date agli sfollati è davvero motivo di grande conforto.
Il sindaco di Pozzuoli ha ripetuto continuamente, molto infastidito, che, invece di prendersela con lui adesso, bisognava prendersela con quanti, pur rivestendo ruoli apicali, negli ultimi cinquanta anni, non aveva fatto nulla per affrontare il problema, dimenticando il piccolo particolare di non essere un politico di primo pelo e di aver avuto ruoli importanti anche nelle amministrazioni precedenti. Evidentemente la tecnica meloniana di scaricare sugli altri che l’hanno preceduta le responsabilità di cui si è stati invece compartecipi sta prendendo piede anche in area PD. Quando, incalzato dalle domande, ha dovuto rispondere concretamente sul perché tarda ad effettuarsi la valutazione sul grado di vulnerabilità sismica degli edifici, ha goffamente illustrato il futuro, lungo e macchinoso, iter burocratico previsto per l’operazione, i cui tempi non potranno mai quindi coincidere con il temuto incalzare del fenomeno. Tanto per farsi un’idea, solo ieri, a ben nove mesi dalle scosse del 20 maggio sono stati resi noti i risultati sintetici dei primi sommari e incompleti rilievi effettuati.
Il direttore della Protezione Civile regionale, Italo Giulivo, ha cercato di giustificare il fatto che agli sfollati erano state offerte sistemazioni in alberghi a distanza di decine di chilometri da Pozzuoli, dove gli sfollati continuavano a lavorare o ad andare a scuola, perché non si trovavano strutture disponibili nelle vicinanze di Pozzuoli, in quanto, cito testualmente, “fortunatamente per voi, gli alberghi erano pieni di turisti”. Siamo di fronte all’identificazione degli interessi degli albergatori con quelli di tutta la popolazione e degli stessi sfrattati! Gli interessi di un ceto sociale particolare, quello degli imprenditori nel campo delle attività turistiche, sono stati posti davanti all’interesse urgente di chi si trova senza casa
Le affermazioni più sconcertanti sono però venute dal Capo del Dipartimento nazionale della Protezione Civile, Fabio Ciciliano, che lo stesso ministro Musumeci ha voluto al posto del precedente responsabile Fabrizio Curcio. Questi prima ha candidamente dichiarato che per approntare vie di fuga adeguate ci vorranno anni, ammettendo quindi che attualmente e, almeno per un lungo periodo, sarà impossibile evacuare in tempi brevi la popolazione. Dopo, infastidito dalle domande, ad un certo punto, replicando ad un cittadino che aveva chiesto cosa avrebbe fatto la Protezione Civile nel caso si verificasse la tanto temuta scossa di magnitudo 5.0, ha sbottato pronunciando queste testuali parole: “Che vuol dire se arriva una scossa di quinto grado cosa fare? Con una scossa di quinto grado cadono i palazzi e conto i morti. Funziona così”. La forte presenza di forze dell’ordine, l’esclusione di buona parte del pubblico dalla sala, costretta a seguire il dibattito su un maxischermo allestito nel cortile dell’edificio, la stessa disomogeneità del pubblico presente in sala, ha impedito che il Ciciliano avesse la risposta immediata che meritava. La polemica però è via via montata sui social.
Queste frasi di Ciciliano fanno inorridire ma hanno però un grande merito, esse disvelano senza nessuna possibilità di smentita, quello che finora è stato l’atteggiamento del governo, servilmente favorito dai sindaci del territorio, atteggiamento che noi abbiamo denunciato già negli articoli precedenti: per risparmiare sulle spese, si sta scientemente decidendo di rischiare sulla pelle di migliaia di persone. Siamo di fronte ad una scelta chiaramente consapevole. La stessa Commissione Grandi Rischi ha messo a suo tempo in guardia sull’eventualità che, in caso di eruzione, i tempi di risalita del magma possano essere molto più brevi delle 72 ore necessarie secondo il piano ufficiale ad evacuare l’area. Se, come dice Ciciliano, le vie di fuga potranno essere pronte solo fra qualche anno, come si fa a consentire in questa area una tale densità abitativa, proprio ora che i precursori di una eruzione vanno intensificandosi? Inoltre, se con l’aumento del sollevamento gli esperti prevedono una crescita della magnitudo delle scosse, fissando il suo possibile valore massimo in scosse di magnitudo 5.1 e, per bocca di Ciciliano, la stessa Protezione Civile, pur non avendo un quadro esatto della vulnerabilità sismica degli edifici dell’area, sa che con questa magnitudo, molti palazzi crolleranno, ma allora perché non si è fatto d’urgenza una verifica esatta e capillare di questa vulnerabilità? Perché si consente alle persone di dormire in case che si sospetta inadeguate a reggere al sisma? Per essere più chiari, il paragone con gli Appennini, zona ad alto rischio sismico e con parecchie costruzioni antiche e non antisismiche, è del tutto fuori luogo. Qui non stiamo di fronte ad un rischio generico che può presentarsi magari anche dopo più di un secolo (ed anche qui è assurdo che nei decenni non si sia provveduto e non si provveda a rendere antisismiche queste abitazioni), ma di fronte ad un rischio concreto, attuale, in quanto è in atto una vera e propria condizione di instabilità del vulcano. Insomma, se proprio si vuol insistere col paragonare la situazione flegrea a quella appenninica, allora il raffronto andrebbe fatto con la crisi sismica dell’Aquila che ebbe il culmine con la scossa del 6 aprile del 2009, una crisi sismica che però era già iniziata a dicembre dell’anno prima. La gravissima responsabilità della protezione civile di allora fu di lasciare la popolazione nelle case del centro storico dell’Aquila, nella speranza che la crisi non desse luogo a scosse forti. Sappiamo tutti come andò a finire e ci auguriamo che la stessa esperienza non si ripeta oggi nei Campi Flegrei, perché è di questo che stiamo parlando.
A.V.

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