MARX FA I CONTI IN TASCA A STELLANTIS

Il responsabile europeo di Stellantis dichiara che una auto prodotta in Italia gli costa 1400 euro, vende la Panda a 9950 euro. La differenza che intasca di 8550 euro è il prodotto del lavoro non pagato degli operai sulle linee. Lo diceva già Marx un secolo e mezzo fa.
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Il responsabile europeo di Stellantis dichiara che una auto prodotta in Italia gli costa 1400 euro, vende la Panda a 9950 euro. La differenza che intasca di 8550 euro è il prodotto del lavoro non pagato degli operai sulle linee. Lo diceva già Marx un secolo e mezzo fa.

Jean Philippe Imparato, responsabile Regione Europa del gruppo Stellantis, intervenendo durante l’audizione in parlamento del 19 marzo, in mezzo a una serie di chiacchiere e piani sul futuro, definiti “generici” dalla stessa stampa, ha riportato un dato che appare particolarmente interessante per capire quanto guadagnano gli industriali del settore con il lavoro operaio: “Fare una macchina in Spagna mi costa 516 euro. Fare una macchina in Italia mi costa esattamente 1400 euro, compresi i costi dell’energia e del lavoro”. Ci dice Imparato.
Se prendiamo l’auto più economica prodotta in Italia attualmente, la Panda, questa è proposta agli acquirenti a 9.950 euro. Pur non tenendo presente che questa auto ha un costo sicuramente minore rispetto ai 1.400 euro riportati da Imparato, che evidentemente rappresenta un costo medio per tutti i modelli, la differenza tra 1.400 e 9.950 è di 8.550 euro.
Da dove esce questa differenza? Due possibilità: o pensiamo che Stellantis imbrogli sistematicamente i clienti vendendo la Panda ad un prezzo più di 7 volte maggiore di quanto è costato produrla, oppure, e questa è la realtà, questo alto prezzo di mercato è prodotto sulle linee di produzione di Pomigliano.
Da dove esce fuori allora questo aumento spropositato di valore della Panda tra costi per produrla e prezzo di vendita? L’unica risposta è: dal lavoro degli operai e che agli operai non viene pagato.
Il vecchio Marx ce lo diceva già più di un secolo e mezzo fa. Tutta la giostra della società dei padroni si muove sul lavoro non pagato agli operai. Sulla differenza tra quello che percepiscono come salario per mettere a disposizione del padrone la loro capacità lavorativa o forza lavoro, e quello che il padrone realizza utilizzando questa capacità lavorativa per un tempo stabilito.
Il guadagno dei padroni nasce lì. È per questo motivo che vogliono sempre più lavoro, diminuendo le pause, aumentando i ritmi, allungando la giornata lavorativa, costringendo agli straordinari, e lo vogliono pagare sempre di meno, riducendo i salari. Tutte queste azioni riducono il prezzo della capacità lavorativa degli operai (la “forza lavoro” di Marx) e aumentano le entrate dei padroni, il profitto.
È per questo motivo che un’organizzazione operaia dovrebbe sempre battersi, sul versante sindacale, per aumenti salariali, diminuzione dei ritmi, diminuzione del tempo di lavoro. Questo per difendersi dall’intensificazione dello sfruttamento.
Per eliminarlo questo sfruttamento, bisogna invece organizzarsi per eliminare l’intero sistema dei padroni e costruire una società senza padroni.
F. R.

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