I DAZI SULL’OTTO VOLANTE

Aveva proprio ragione: “Il vero limite della produzione capitalista è il capitale stesso”, K. Marx
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Aveva proprio ragione: “Il vero limite della produzione capitalista è il capitale stesso”, K. Marx

Nessuno, ma proprio nessuno, è in grado di contare oggi i danni arrecati dal bombardamento a tappeto di questa settimana. Il “comandante in capo”, rappresentante della borghesia americana, Donald Trump, il 2 aprile 2025 ha iniziato la più grande guerra commerciale che la storia del capitalismo ricordi, a colpi di dazi. La polvere alzata dalle bombe di questa settimana è così tanta che prima che si riesca veramente a capire quanti e chi sono i morti e i feriti, quante fabbriche, porti ed edifici siano stati davvero colpiti, quante bombe sono state lanciate senza un vero obbiettivo, deve passare un po’ di tempo. Alcuni dei paesi colpiti non riescono neanche a capire perché sono stati bombardati, Singapore ad esempio presenta una bilancia commerciale favorevole agli Stati Uniti, ma la commissione di Trump ha deciso di bombardare con il 10% di dazi anche le merci provenienti da quello Stato. E ciò nonostante la loro intelligentissima “formula matematica”, in grado a loro dire di riportare giustizia nel commercio mondiale, applicata a Singapore darebbe una percentuale nei dazi negativa. Il Primo Ministro di quello stato, Lawrence Wong, si chiede se deve anche lui “baciare il culo” a Trump per farsi togliere i dazi, o invece pretendere la correzione del segno matematico e farsi lui pagare il 10% del valore di ogni merce che i borghesi di Singapore spediscono negli USA. Ma la borghesia di Singapore potrebbe anche, insieme a quella di tanti altri paesi asiatici decidere che sia più sicuro fare affari con la Cina che con il poco affidabile Trump, che un giorno ti dice che sei suo amico, il giorno dopo ti tassa del 10-50% con calcoli inventati, e il giorno dopo ancora sospende per 90 giorni i dazi e ti tiene per il collo fino alla sua prossima mossa.

Tutto è partito, dicevamo il 4 aprile, chiamato da Trump il “Liberation Day”, e in una settimana si è apparentemente risolto, almeno per i nuovi dazi. Per il momento i nuovi dazi sono stati sospesi e tutti messi indistintamente al 10%. A tutti i paesi tranne che alla Cina, a cui sono stati applicati nella considerevole cifra del 145%. Ma mentre scriviamo giunge la notizia che sui prodotti elettronici ci sarà una esenzione completa dai dazi, quindi né il 10% applicato a tutti i paesi indistintamente, né il 145% comunicato neanche 24 ore prima per le merci provenienti dalla Cina. Un nuovo repentino cambiamento, dopo che la grande distribuzione statunitense ha fatto capire che i dazi al 145% sulle merci cinesi, avrebbero raddoppiato o persino triplicato il prezzo di PC, tablet e cellulari che o sono assemblati o contengono componenti quasi esclusivamente prodotti in Cina. Le vendite di tutto il settore sarebbero crollate nel giro di qualche settimana, forse giorni.
D’altra parte l’avevano ben detto i cinesi come stavano effettivamente le cose. La loro preparata risposta, di controdazi prima all’84% e poi inasprita al 125%, si sarebbe fermata lì: non avrebbe avuto alcun senso continuare con ulteriori inasprimenti, poiché già con quelle tariffe doganali tra i due paesi il commercio non aveva nessuna possibilità di esistere. A quei prezzi aumentati dalle tariffe doganali le merci di ambedue i paesi non hanno più alcuna possibilità di essere vendute e comprate, né su uno né sull’altro mercato.
Il sole 24 ore del 12 aprile riporta che in questa sola settimana “gli ordini di spedizione marittima via container sono dimezzati a livello globale rispetto all’ultima settimana di marzo. Il crollo è stato del 49% per la precisione, secondo monitoraggi della società californiana Vizion, e addirittura del 67% se si restringe il focus alle merci dirette verso gli Stati Uniti”. Non si è ancora al blocco reale del commercio, ma solo delle prenotazioni sulle eventuali spedizioni, ma il dato è allarmante di quello che a breve potrebbe succedere.
Tanto che, più ancora che per le oscillazioni da montagne russe dei titoli azionari, il sistema del credito americano è entrato in fibrillazione per i repentini aumenti dei tassi dei titoli di stato statunitensi, ovvero per le ondate di vendite che sono arrivate sui cosiddetti titoli sicuri americani, i treasury a 10 anni e 30 anni ritenuti la riserva internazionale di denaro, nonché sul dollaro stesso. Ora, vuoi che dietro a quelle vendite ci fossero proprio banche e fondi sovrani cinesi, vuoi che invece ci fossero i fondi di investimento americani con problemi di liquidità, costretti a vendere le riserve sicure dei titoli americani per fare cassa, a molti è parso di rivedere le difficoltà della crisi creditizia del 2008, ma anche quella del debito sovrano che ne seguì e portò alcuni Stati europei più indebitati alla bancarotta. E non è che gli Stati Uniti dal punto di vista del finanziamento del proprio debito pubblico possono troppo scherzare con la fiducia dei mercati monetari.
In fin dei conti a bombardare (a suon di dazi per il momento) tutti e tutto, si rischia che il mondo intero prenda fuoco. E’ il mondo del capitalismo che sta andando in rovina, ed è un bene, gli operai possono approfittare della situazione.
R.P.

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