È DIVENTATO REGOLARE IL LAVORO IRREGOLARE

La procura milanese scopre che grandi aziende della distribuzione e della logistica usano operai malpagati, senza coperture dei contributi previdenziali e assistenziali. Mette una toppa obbligandole a metterli in regola. Ma è una goccia nel mare, il precariato dilaga con la copertura di politici e sindacalisti consenzienti.
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La procura milanese scopre che grandi aziende della distribuzione e della logistica usano operai malpagati, senza coperture dei contributi previdenziali e assistenziali. Mette una toppa obbligandole a metterli in regola. Ma è una goccia nel mare, il precariato dilaga con la copertura di politici e sindacalisti consenzienti.

Caro Operai Contro, se 37 inchieste della procura milanese, hanno costretto le aziende condannate ad assumere 49mila lavoratori in forma stabile e contratti regolari, viene da chiedersi: quanti saranno in tutto il paese situazioni analoghe che la fanno franca? Quanto è grande lo “Stato” del lavoro “sotterraneo” non solo nero o grigio, ma compreso quello camuffato da lavoro regolare?
Con i 49mila lavoratori “in balia delle società serbatoio di manodopera”, che ora le aziende sono state costrette ad assumere regolarmente, sono venuti in luce migliaia di operai malpagati, senza coperture dei contributi previdenziali e assistenziali. Frodi fiscali che han portato al sequestro di circa 16,5 milioni di euro, alla catena di supermercati Iperal, e altrettanti al colosso svizzero della logistica Kuehne+Nagel, multinazionale con 80mila addetti in più di cento paesi, che in Italia ha fatturato fra i circa 500 e gli 800 milioni di euro l’anno, negli ultimi cinque anni. La procura ha recuperato 550 milioni di risarcimenti fiscali per l’Agenzia delle Entrate. Uno schiaffo morale al governo Meloni, che con i condoni strizza l’occhio agli evasori.
Riportiamo questi dati per ribadire che non si tratta di rare realtà marginali, ma di un sistema che riguarda colossi della logistica, dei trasporti, della grande distribuzione organizzata e dei servizi di sorveglianza.
Aziende che si servivano di “società serbatoio” create ad arte – evidenziano dalla procura – per fornire “operai che appaiono mere appendici delle macchine”. Le mansioni sono “semplificate all’estremo, in modo che gli operai necessari siano a buon mercato, facili da addestrare, facili da supervisionare e semplici da sostituire”.
Eurostat rende noto che, tra i salari miserabili del settore privato – fermi ad una media di 22.839 euro lordi l’anno – quelli dei giovani sotto i 35 anni, sono scesi a 15.616 euro lordi l’anno. Risulta che il 40,9% di questi giovani ha un contratto precario, con salari medi che vanno da 6.433 a 9.038 euro lordi annui.
A parità di contratto e inquadramento, un lavoratore dai 50 anni in su, guadagna quasi il doppio di un giovane. Dal 2019 al 2023, mentre la retribuzione media dei lavoratori dai 61 anni in su, è salita del 23%, quella dei giovani è scesa del 17%. Questi i salari oggi nel settore privato.
I dipendenti nel settore pubblico sono il 17,48% del totale dipendenti. Quelli del settore privato (esclusi operai agricoli e i lavoratori domestici) sono l’82,52% del totale, pari a 17.382.601. Di questi ultimi il 59,20% pari a 10.323.429, sono operai, compresi il 4% di apprendisti. Il restante 40,80% poco più di 7 milioni, sono, impiegati (37%) quadri (3%) dirigenti 0,8%. Questi sono i dati dell’Inps con riferimento al 2023, oggi gli occupati sono di poco aumentati, ma non cambia l’ordine di grandezza.
Ad aver ampliato il lavoro precario fino a farvi entrare il lavoro regolare, sono stati i legalissimi contratti “atipici”: tempo determinato, part time involontario, finte cooperative, lavoro a chiamata o intermittente. Hanno modificato perfino il preesistente “contratto stagionale”, che viene usato in alternanza ai contratti a termine, per evitare le assunzioni a tempo indeterminato. L’insieme di tutto questo, contribuisce a mantenere alto il numero di infortuni e morti sul lavoro, a schiacciare i salari, a peggiorare la condizione operaia.
Prolungando l’età pensionabile hanno condannato le vecchie generazioni a lavorare più a lungo, mentre i giovani sono già castigati con salari ancora più bassi degli anziani.
Per reali condizioni materiali di sfruttamento, più che per definizione, ad un numero crescente di operai il confine tra lavoro regolare e irregolare è sempre più labile. Le “contromisure” passano attraverso la premessa di risposte di lotta più decise; e risposte di lotta dove finora si è sopportato imprecando con il mugugno che non fa male a nessuno.
Saluti Oxervator.

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