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SI FIRMA ACCORDO TRA THYSSEN E FAMILIARI VITTIME
di Mauro Barletta
TORINO – Alla fine si sono messi d’accordo con la Thyssenkrupp, ma senza gioia e senza soddisfazione: piu’ di uno, anzi, dopo la firma e’ scoppiato in un pianto che ben poco aveva di liberatorio. I familiari dei sette operai morti a Torino nel rogo dello scorso 6 dicembre sono sfilati questa mattina alla direzione provinciale del lavoro per sottoscrivere la proposta della multinazionale di versare una somma a titolo di risarcimento: 12 milioni e 970 mila euro da suddividere tra 29 persone, in cambio della rinuncia a costituirsi parte civile nel processo che comincia domani.
Non sono mancate le scene di commozione, i piccoli mancamenti. E dalle parole di chi ha firmato e’ emersa tutta la fatica di accettare la conclusione della vicenda. “Non e’ una questione di soldi – afferma la signora Isa, la mamma del trentaduenne Roberto Scola – perche’ niente potra’ restituirmi quello che ho perso. Gli avvocati dicono che e’ un nostro diritto e sara’ pure cosi, ma io so che molte famiglie non volevano accettare, e se lo hanno fatto e’ per i figli, per garantire loro un futuro”.
Non e’ stato facile compiere il passo. In due si sono convinti solo dopo avere scritto a Raffaele Guariniello, il magistrato che ha coordinato le indagini, ed essere stati rassicurati: “niente paura, il processo si fara’ regolarmente anche se voi non sarete parte civile”. Ad Alessandro Marzo, 22 anni, e’ morto il papa’, Rocco: “Ci siamo messi nelle mani dei legali, hanno fatto quello che dovevano fare, ci hanno detto che questa e’ la legge e stop, va bene cosi. Io pero’ ho perduto mio padre, e tutti i giorni, ogni ora, ogni minuto devo portare un peso che non auguro a nessuno. Non mi conforta nemmeno pensare che forse qualcuno verra’ condannato”. A una pena che, comunque, Isa chiede che sia “di esempio e di avvertimento per tutti, visto che non si possono spezzare le vite di sette ragazzi in questo modo”. Renato Ambrosio, il numero uno della squadra di avvocati che ha gestito le difficilissime trattative, adesso spiega che “la somma e’ di gran lunga superiore a quella liquidata normalmente dai tribunali in base alle loro tabelle”. Al risultato si e’ giunti partendo con la “minaccia” di chiedere all’azienda, in una causa vera e propria, il riconoscimento – e sarebbe stata la prima volta in Italia – del “danno punitivo” e del “danno esemplare”, come da tempo avviene negli Stati Uniti. Ad ogni famiglia andra’ una somma differente.
Per individuarla, i legali hanno svolto una serie di interviste ai parenti delle vittime e hanno tracciato una serie di parametri: il numero dei figli, la durata dell’agonia della vittima, la presenza di congiunti che hanno potuto affrontare la sofferenza solo con l’aiuto di uno specialista, e altro. Due familiari dell’operaio Rosario Rodino’ non hanno firmato perche’ la Thyssenkrupp non li ha riconosciuti come “aventi diritto”: chiederanno di costituirsi parte civile insieme a un’ottantina di colleghi delle vittime, alla Regione, alla Provincia e al Comune. “Dobbiamo essere grati alla procura – dice l’avvocato Luigi Chiappero – per la velocita’ con cui ha condotto le indagini, permettendoci di disporre molto presto di tutti gli elementi necessari al nostro lavoro”.
E davanti al gup Francesco Gianfrotta, cominceranno ad essere discusse le 200 mila pagine dell’inchiesta dei pm Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso. Sei i dirigenti Thyssenkrupp sotto accusa: e sul piu’ alto in grado, l’ad Harald Espenhahn, pesa un’imputazione, l’omicidio volontario con dolo eventuale, che in caso di rinvio a giudizio comporterebbe un processo in Corte d’Assise.
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