Traduzione dall’inglese
Il cambiamento del carattere della produzione nel processo di costruzione e sviluppo del socialismo
di Mikhail V. Popov [1]
Come e’ noto, la produzione e’ il processo di appropriazione degli oggetti della natura all’interno e attraverso i contorni di una determinata forma di societa’. La teoria e la storia riconoscono il succedersi dei seguenti modi di produzione: comunistico primitivo, schiavistico, feudale, capitalistico e comunista. La produzione mercantile sorge gia’ con la decomposizione del comunismo primitivo, ma solo il capitalismo puo’ essere caratterizzato dalla produzione mercantile generalizzata, ovvero la tappa di sviluppo dell’economia mercantile in cui la stessa forza di lavoro umana si trasforma in merce. Il capitalismo e’ un’economia la cui natura consiste nella produzione di merci.
Ogni forma di produzione ha come sua precondizione il bisogno e come risultato finale il consumo. Ma l’obiettivo diretto della produzione mercantile non e’ il valore d’uso, bensi il valore [di scambio], poiche’ ogni merce e’ un bene prodotto per essere scambiato. L’obiettivo diretto della produzione mercantile capitalista e’ il plusvalore. Il fatto che la produzione capitalista abbia uno sviluppato carattere sociale genera una contraddizione tra il carattere socializzato della produzione e quello privato dell’appropriazione capitalista. I rapporti di scambio contraddicono il carattere sociale della produzione e, come risultato di una rivoluzione socialista, nel periodo di transizione dal capitalismo al comunismo questi rapporti muoiono e sono rimpiazzati da rapporti direttamente sociali. Nella produzione comunista, il carattere sociale del lavoro appare non attraverso lo scambio, bensi direttamente, e la stessa produzione comunista si caratterizza come direttamente sociale, tanto nella sua fase superiore come in quella inferiore (socialismo).
Un approccio dialettico dell’esperienza storica della Rivoluzione socialista in Russia, come della costruzione e dello sviluppo del socialismo in URSS, ci permette di seguire i cambiamenti del carattere della produzione durante il processo di transizione al comunismo e di comprendere come questo carattere sia riprodotto nel processo di sviluppo del socialismo, come prima fase del comunismo.
La presa del potere da parte della classe operaia e la stessa instaurazione della dittatura del proletariato non cambiano ancora il carattere della produzione. Solo dopo una nazionalizzazione la struttura socialista inizia ad essere creata e, nell’ambito di tale struttura, la produzione ha un carattere direttamente sociale. Durante il periodo di transizione, questa struttura (socialista) coesiste con altre strutture. In Russia tali strutture erano il capitalismo di Stato, il capitalismo privato, la piccola (su piccola scala) produzione mercantile e patriarcale.
Quella patriarcale e’ una produzione per l’auto-consumo e ha il carattere di economia naturale.
La piccola produzione mercantile e’ una produzione per lo scambio e ha un carattere mercantile.
La produzione capitalista privata e’ produzione di valore (plusvalore) e come tale deve possedere un carattere mercantile.
Merita una menzione speciale il capitalismo di Stato, utilizzato durante il periodo della Nuova Politica Economica in Russia. Il fatto e’ che per un determinato periodo, successivo alla nazionalizzazione, soltanto una parte delle imprese nazionalizzate pote’ essere diretta con successo in maniera pianificata per soddisfare direttamente i bisogni della societa’. Questa parte di imprese, e solamente questa, forma effettivamente una struttura socialista. Tutte le altre imprese nazionalizzate, benche’ siano di proprieta’ dello Stato, agiscono non secondo un piano, bensi in accordo alla legge fondamentale di qualunque produzione mercantile (e, pertanto, capitalista): la legge del valore. Percio’, la produzione entro la cornice della struttura statale capitalista ha un carattere mercantile.
Nel periodo di transizione, la struttura socialista, nel corso del suo sviluppo, gradualmente sostituisce tutte le altre strutture. La produzione socialista, direttamente sociale e centralmente pianificata, da principio diventa il modo di produzione dominante e, in seguito, l’unica forma di produzione. Nell’URSS accadde quello che aveva previsto Vladimir Lenin nel suo discorso alla seduta plenaria del soviet di Mosca del 20 di novembre di 1922, dicendo che “la Russia della NEP si trasformi nella Russia socialista” (V. Lenin. Opere complete, vol.33, p.407).
Il processo di sostituzione delle strutture non-socialiste, che ha luogo durante il periodo di transizione, puo’ essere descritto con la frase: “Piu’ socialismo!”. Tuttavia, per il socialismo, come prima fase del comunismo, questa frase non puo’ essere ammissibile che dopo la fine del periodo di transizione, cioe’ quando la produzione socialista diviene non solamente quella dominante, bensi l’unica produzione e, con cio’, non ci puo’ essere piu’ socialismo, ma socialismo piu’ o meno sviluppato. Lo sviluppo non puo’ essere ridotto ad un aumento o una diminuzione. Lo sviluppo procede attraverso la lotta degli opposti. La stessa cosa si applica alla produzione socialista che si sviluppa attraverso la lotta fra il suo carattere direttamente sociale e i suoi aspetti mercantili (che sono i tratti negativi della produzione socialista sorta dal capitalismo). Questa lotta, all’interno di un’economia centralmente pianificata dipende in modo diretto dalle posizioni teoriche e dalle linee politiche dello Stato e del partito al potere.
Le lezioni tratte dalla formazione, lo sviluppo e la temporanea sconfitta del socialismo mostrano che le principali cause dell’indebolimento del socialismo e della perdita provvisoria delle sue conquiste sono le seguenti:
La maggioranza all’interno del partito al potere, la maggioranza della classe operaia e del popolo non avevano compreso che il potere sovietico e’ il potere forgiato dentro i collettivi operai (dei lavoratori). Non fu capito che il Soviet e’ la forma organizzativa della dittatura del proletariato.
Il carattere sovietico del potere fu stabilito di modo giuridico, nella forma ma non nella sostanza. Il termine “Soviet” compariva nella Costituzione del 1918 della RSFSR, come in quella dell’URSS del 1924, tuttavia, l’elezione dei deputati attraverso i collettivi operai (che e’ l’essenza dei Soviet) in questi documenti fondamentali non venne fissata.
L’organizzazione del potere non fu coordinata con l’organizzazione della vita economica della societa’ in modo tale da stabilire, con lo sviluppo dell’economia socialista, le condizioni materiali dei lavoratori (produttori diretti) sulle quali plasmare ed esercitare il loro potere.
Quando fu approvata la Costituzione dell’URSS del 1936 il principio di elezione e revoca di deputati da parte dei collettivi operai, che prima era valido, fu sostituito da un principio territoriale, contraddittorio rispetto l’essenza dei Soviet. Solo la nomina dei candidati resto’ sotto l’autorita’ dei collettivi.
Dopo il XX e XXII Congresso del PCUS, i punti di svolta che assicurarono il dominio di una linea opportunista e revisionista nella politica e nell’economia dell’URSS, con le riforme economiche del 1965, il principio del lavoro per la societa’ e per la soddisfazione delle necessita’ di tutti i suoi membri fu sostituito dal principio del raggiungimento del massimo profitto di determinate imprese. Pertanto cominciarono a corrodersi e minarsi le basi economiche del socialismo. Questo spiega in larga misura la ragione di una cosi inadeguata resistenza attiva alla liquidazione del potere operaio.
Il socialismo e’ infine collassato poiche’ fu presa e tenacemente perseguita la cosiddetta via verso il mercato e la privatizzazione. Questo fu, nei fatti, il corso antisovietico e antipartito approvato dal Plenum del Comitato Centrale del PCUS nell’aprile del 1991 e che porto’ alla liquidazione del Partito Comunista dell’URSS e della stessa Unione Sovietica.
A onore della scienza economica sovietica va detto che questo nuovo corso non fu approvato da alcuna conferenza economica scientifica. Al contrario, si udivano distintamente le voci di quegli economisti che difendevano il carattere direttamente sociale della produzione socialista e che indicavano come tutti i tentativi di costruire il socialismo su una base di mercato equivalevano alla sua distruzione. Questo si vede chiaramente nei lavori di N.V.Hessin, A.M.Yeremin, N.A.Tsagolov, N.A.Moiseyenko, A.K.Pokrytan, A.A.Sergueyev, V.Y.Elmeyev, V.G.Dolgov, R.I.Kosolapov ed altri. Per questo motivo la dirigenza traditrice di Gorbač[k]v e Yakovlev poteva appoggiarsi solamente su alcuni economisti impostori per obbligare il partito e il paese ad accettare questo corso distruttivo e senza una giustificazione scientifica.
La via verso l’economia di mercato accettata dal XXVIII Congresso del PCUS era in tremenda contraddizione con la natura comunista del partito e significo’ in realta’ il suo suicidio. Percio’ la sospensione illegale delle attivita’ del PCUS, giunta per decreto presidenziale, fu il sigillo della degenerazione del partito. (Soprattutto, tenendo conto che il decreto fu firmato da un vecchio e privilegiato funzionario, cresciuto nelle viscere dell’apparato burocratico comunista, ex primo segretario del Comitato regionale di Sverdlovsk e poi del Comitato di Mosca, candidato membro dell’Ufficio politico del Comitato centrale del PCUS).
L’amara esperienza della distruzione del paese e dell’impoverimento del suo popolo rende ora abbastanza comprensibile l’erroneita’ di quelle considerazioni ampiamente divulgate, secondo le quali si poteva costruire una societa’ socialista sulla base della produzione mercantile e della legge del valore.
E proprio Karl Marx spiego’ piu’ di una volta che sulla base del valore e del denaro, il controllo degli individui uniti sulla loro produzione e’ impossibile e ci si doveva indirizzare verso una produzione diametralmente opposta a quella di mercato.
Friedrich Engels ridicolizzo’ i tentativi di D[k]hring di costruire il socialismo sulla base di un “giusto” scambio di merci e del valore costituito.
Vladimir I. Lenin, nei suoi commenti sul libro di Bucharin “Economia del periodo di transizione”, non a caso sottolineava che il prodotto durante il socialismo arriva al consumo non attraverso il mercato e spiegava che il prodotto statale, il prodotto delle fabbriche socialiste, scambiato con i prodotti alimentari dei contadini, non era una merce in senso economico-politico. E comunque non e’ solamente una merce, non lo e’ piu’, cessa di essere una merce.
Dopo la realizzazione della collettivizzazione non avevamo due tipi proprieta’, bensi due forme della stessa proprieta’, proprieta’ pubblica, ovvero due forme di subordinazione della produzione agli interessi sociali unificati. Cosi, lo scambio di prodotti tra citta’ e villaggi oramai non corrispondeva piu’, strettamente parlando, alla categoria dello scambio di merci (cioe’ la mutua alienazione dei prodotti del lavoro e di altri oggetti di proprieta’ sulla base di un libero contratto o accordo). L’essenza della produzione si tramuto’ nell’opposto dell’essenza della merce, divento’ direttamente sociale. Indipendentemente dalle forme adottate, che furono ereditate in gran parte del passato mercantile e che pertanto ne conservavano certi tratti e caratteristiche, la produzione in generale non poteva oramai essere caratterizzata in altro modo che da una produzione direttamente sociale, in cui il lavoro e il prodotto sono socializzati e non attraverso lo scambio, bensi direttamente, e che sin dall’inizio appaiono come sociali.
Iosif Stalin era complessivamente in linea con queste posizioni marxista-leniniste. Le sviluppo’ nella sua opera “Problemi economici del socialismo in URSS”, sebbene in questo lavoro vi sia anche una certa incoerenza. Si evidenziava che i mezzi di produzione non sono merci, ma nonostante cio’ si dichiarava che gli articoli di consumo sono merce, rendendo la natura della produzione socialista duale (non mercantile e mercantile allo stesso tempo). Se assumiamo che gli articoli di consumo sono merci, questo significa che non sono prodotti per soddisfare i bisogni bensi per lo scambio. Un lavoratore, in cambio delle merci destinate al suo consumo, puo’ offrire la sua sola forza lavoro. Allora la sua forza lavoro e’ anch’essa una merce. Ma una produzione in cui la forza lavoro e’ considerata merce si chiama capitalismo. Per questo motivo presumere che durante il socialismo i beni di consumo siano merci, ci porta logicamente al capitalismo. e’ anche erronea l’affermazione che durante il socialismo funzioni la legge di valore. La legge e l’essenza sono categorie dello stesso ordine. Per questo l’affermazione che nel socialismo vale la legge del valore equivale all’affermazione della natura mercantile della produzione socialista. Non e’ casuale che tali “promotori” della produzione di mercato fra cui Kronrod, Liberman, Rakitski, Petrakov, Abalkin ed altri, si aggrappassero a queste deviazioni dalla stretta teoria marxista presenti nel lavoro di Stalin, li elevassero a principio fondante e mediante dibattiti economici di orientamento mercantile, preparassero la liquidazione del socialismo.
Gli eventi controrivoluzionari in URSS hanno confermato che o abbiamo il socialismo come produzione diretta, cioe’ la produzione dei valori d’uso regolata dalla legge del valore d’uso, o abbiamo una produzione di valori, cioe’ una produzione mercantile il cui sviluppo naturale e’ una produzione mercantile capitalista. Certamente, possiamo dire che durante il socialismo esiste anche una produzione mercantile nella forma di una produzione individuale per il mercato delle fattorie collettive [colcos]. e’ corretto. Ma i prezzi del mercato colcosiano non sono regolati dalla nota legge di valore, bensi dai prezzi dei prodotti delle imprese statali. A loro volta, i prezzi dei prodotti delle imprese statali sono definiti sistematicamente sulla base del lavoro speso nella loro produzione, considerando il valore d’uso dei prodotti direttamente sociali.
La produzione socialista e’ una produzione direttamente sociale, una produzione di valori d’uso e non di valori [di scambio]. Il carattere mercantile della produzione socialista costituisce unicamente il suo lato negativo. e’ una verita’ scientifica. I tentativi di costruire un’economia socialista di mercato, cioe’ di ritornare alla produzione di valori, implica inevitabilmente una distruzione del socialismo. Oggi non e’ solo un fatto stabilito teoricamente, ma, ahime’, e’ stato provato dalla storia.
Quindi, il socialismo e’ un’economia direttamente sociale. Non e’ una produzione di merci, di valori, bensi una produzione di prodotti direttamente sociali, di valori d’uso. Pertanto il meccanismo regolatore della produzione socialista non e’ la legge del valore, ma quella del valore d’uso.
Che cosa significa questo parlando del socialismo, come prima fase della formazione comunista? Significa che l’obiettivo della produzione socialista e’ di assicurare il benessere e lo sviluppo multilaterale di tutti i membri della societa’. Pertanto, lo sviluppo dei lavoratori come membri della societa’ e’ stabilito dalle finalita’ della produzione. Se la produzione mercantile capitalista come produzione di plusvalore esige che i lavoratori siano privati del loro tempo libero e di altre condizioni del loro libero sviluppo, la produzione socialista, in quanto direttamente sociale, non solamente esige che il risparmio di ore lavorative ottenuto grazie al progresso tecnico sia trasformato in beni materiali addizionali per i lavoratori, ma anche in tempo libero addizionale per il loro sviluppo multilaterale, compreso il loro sviluppo come partecipanti alla vita e alla gestione dello Stato. Sfortunatamente, proprio questo non ebbe luogo negli ultimi decenni di esistenza dell’URSS.
Il compito del socialismo non consiste solamente nel proclamare il potere dei lavoratori, bensi nel dare ai lavoratori una possibilita’ reale e pratica di esercitare questo potere. Se un operaio passa 8 ore davanti alla sua macchina e puo’ partecipare al governo dello Stato solo alla fine della sua giornata lavorativa, quando sono gia’ chiuse le porte dei Soviet, dei Comitati esecutivi, di quelli distrettuali e cittadini, il potere operaio rimane sulla carta e non resta che sperare che l’apparato di funzionari pubblici stipendiato non agisca, per nessuna ragione, per i propri interessi specifici, bensi esattamente negli interessi della classe operaia e della societa’ in generale. Tuttavia, essendo oltre ogni controllo, l’apparato amministrativo e’ cosi affetto dalla malattia del burocratismo che inevitabilmente degenera e da strumento di gestione dell’interesse dei lavoratori si trasforma in qualcosa di contrario. Degenerazione che possiamo vedere prendendo come esempio gli avvenimenti tristi e tragici nel nostro paese.
Pensando ora alle vie per una rinascita del potere sovietico, non dovremmo pensare solo a come ricostruire i Soviet e in che modo ristabilire il potere sovietico. Possiamo esporre la questione in altro modo: vale la pena ristabilirlo se dopo degenerera’ nuovamente nel potere della “nomenclatura” ed il popolo, dopo avere vissuto decentemente per qualche tempo, tornera’ a sprofondare nell’abisso della poverta’ e delle privazioni, con l’ausilio di nuovi Gorbač[k]v e Yakovlev? Il fatto e’ che se vogliamo ristabilire il potere sovietico, bisogna farlo su una base economica che consolidi il potere e lo Stato sovietico e con cio’, ampliando la partecipazione dei lavoratori alla gestione dello Stato e portando alla scomparsa di qualunque stato e transizione al pubblico autogoverno comunista.
La questione della partecipazione dei lavoratori all’esercizio del loro potere sovietico, va affrontata non dal punto di vista idealistico, bensi materialista. La questione non si riduce al solo chiamare i lavoratori a partecipare alla gestione dello Stato, ma sta innanzitutto nel fornire loro abbastanza tempo per mettere in atto tale partecizione. Quindi questo tempo non deve essere collocato dopo la giornata lavorativa ed inoltre, che e’ anche importante, deve essere pagato al saggio medio di salario. Tutto cio’ starebbe a significare che i lavoratori non sono lavoratori salariati bensi, nei fatti, i proprietari pienamente legittimati dei mezzi sociali di produzione.
La storia della rivoluzione e della controrivoluzione in Russia ha dimostrato che il progresso nello sviluppo delle forze produttive e nella crescita della produttivita’ del lavoro dovrebbe essere accompagnato non da una diminuzione del numero dei produttori diretti e dalla crescita del numero di lavoratori dei settori non produttivi, bensi dall’aumento del tempo libero per operai e contadini, compreso il tempo per potere partecipare all’amministrazione dello Stato. Il numero di operai e contadini potrebbe anche restare invariato fino al momento della liquidazione completa delle classi sociali, fino all’arrivo del comunismo. L’importante e’ che lo sviluppo della produzione deve essere seguito non solo da una crescita della ricchezza materiale della societa’, ma anche dall’aumento del tempo libero di tutti i lavoratori, da usare per il libero sviluppo delle loro capacita’. Non appena il tempo libero supera il numero di ore lavorate, a determinare le principali caratteristiche di un individuo saranno le attivita’ del suo tempo libero e non quelle delle ore lavorative. Questo significhera’ la completa liquidazione delle classi, cioe’ l’eliminazione della classificazione delle persone sulla base della loro posizione nella produzione sociale.
In questo modo, lo sviluppo del socialismo e il consolidamento del potere sovietico non necessitano di una produzione che incrementi le ore lavorative e produca valori, bensi una produzione che produca valori d’uso e nel suo sviluppo garantisca un risparmio di ore lavorative, trasformando queste ore risparmiate in tempo libero per i lavoratori (produttori diretti). Il fine di tale produzione e’ il mantenimento di un pieno benessere e il libero sviluppo multilaterale di tutti i membri della societa’. Non e’ casuale che questo scopo della produzione socialista fosse formulato nel primo e nel secondo programma del partito bolscevico di Lenin. La definizione leninista dello scopo della produzione socialista spari nel corso della redazione del terzo programma del partito, quello revisionista di Chru[k]č[k]v, approvato dal XXII congresso del PCUS nel 1961. Accogliendo questo programma si pose la base per l’apparizione dentro il partito di una classe di proprietari di “nomenclatura”.
In un’economia direttamente sociale ci sono differenze significative tra la produzione di beni di consumo e quella di mezzi di produzione. Sebbene i beni di consumo come anche i mezzi di produzione non siano merci, bensi prodotti direttamente sociali, il loro ruolo sociale non e’ identico. Una produzione di beni di consumo crea condizioni sostanziali-materiali per un sempre piu’ completo sviluppo dei membri della societa’ e una diminuzione della disuguaglianza sociale tra loro. La produzione di mezzi di produzione contribuisce direttamente a risparmiare le ore lavorative e puo’ considerarsi come una produzione di tempo libero per il libero sviluppo di tutti i membri della societa’. Rispetto ai beni di consumo, una riduzione delle ore di lavoro spese per la loro produzione e’ il risultato dell’introduzione di tecnologie che risparmiano lavoro, ed i consumatori beneficiano di cio’ attraverso una riduzione di prezzi.
Dal punto di vista economico si puo’ dire che il solo scopo della tecnica e’ di risparmiare ore lavorative. Oppure, in altre parole, qualunque progresso tecnico dovrebbe trasformarsi in una riduzione del tempo di lavoro. Nell’economia socialista, direttamente sociale, i mezzi di produzione sono prodotti non per essere venduti ed ottenere un certo valore, bensi con il fine di risparmiare il lavoro di coloro che utilizzeranno tali mezzi di produzione. Il valore d’uso dei macchinari equivale al risparmio di lavoro di chi utilizzera’ tali mezzi di produzione al posto dei precedenti, meno efficaci.
Il lavoro risparmiato puo’ essere usato in due modi: non solamente per fabbricare una quantita’ addizionale di beni di consumo, ma anche per ridurre le ore lavorative ed aumentare il tempo libero.
Non si puo’ escludere la situazione che vede aumentare la quantita’ di lavoro per la fabbricazione dei macchinari avanzati. Ma solo il macchinario che puo’ assicurare che il risparmio di lavoro sara’ piu’ grande dell’incremento dei costi puo’ essere considerato (secondo il criterio del valore d’uso) una tecnica nuova e progressiva. In altre parole, il risparmio netto finale risultante dal cambiamento tecnico (cioe’ il risparmio lordo meno le spese del lavoro per fabbricare e far funzionare il macchinario) deve essere positivo.
Si puo’ dire che, attualmente, una produzione capitalistica di merci, che e’ direttamente produzione di plusvalore, segue, in un modo o nell’altro, il percorso di produzione di valori d’uso. Ma il fatto e’ che questo accade non in corrispondenza bensi in contraddizione con la sua natura mercantile, di valore. Il capitalista aspira costantemente ad aumentare il valore del prodotto fabbricato per aumentare il plusvalore. Conseguentemente, la produzione capitalista, poiche’ produzione di plusvalore assoluto, tende ad assorbire tutto il tempo dei produttori diretti. Come produzione di plusvalore relativo, la produzione capitalista cerca di spostare il confine tra lavoro necessario e pluslavoro in modo tale che aumenti il plusvalore, e lo fa mediante lo sviluppo delle forze produttive fondato sul progresso tecnico. Ma il capitalista cerca di utilizzare questo risparmio di lavoro non per aumentare tempo libero di tutti i membri della societa’, bensi per aumentare la ricchezza e il tempo libero dei proprietari dei mezzi di produzione, cioe’ i capitalisti. Per i lavoratori, l’unica via per ottenere una riduzione delle loro ore lavorative e un aumento di quelle libere passa attraverso la lotta e gli scioperi.
La settimana lavorativa di 35 ore e’ oggi all’ordine del giorno in Europa e la sua richiesta e’ stata avanzata da alcuni sindacati. Si puo’ dire che la richiesta di riduzione d’orario senza che sia ridotto il salario e’ materia di conflitto tra il movimento sindacale di classe e le forze del capitale. e’ anche un terreno di lotta su cui si scontrano da un lato i comunisti e dall’altro i socialdemocratici e gli opportunisti.
Con l’ampliamento dei monopoli cresce il numero delle isole dove non agisce il principio del valore e domina il principio del valore d’uso. Ovviamente, non sono isole di socialismo, poiche’ si tratta di una pianificazione entro i limiti dei monopoli, che per altro fissano anche i prezzi. Ad ogni modo, la produzione mercantile capitalista, nel corso del suo sviluppo, e’ gradualmente trascinata in un altro mondo, il mondo dei valori d’uso (benche’ continui ancora ad appartenere al mondo dove domina il valore). Il progresso delle forze produttive dentro i miti del capitalismo e l’occulta azione di risparmio del lavoro sociale creano le precondizioni affinche’ la classe operaia (insieme ai suoi alleati) recuperi per se’ abbastanza tempo libero per organizzare dapprima una lotta rivoluzionaria e poi la presa del potere e il suo utilizzo in una rivoluzione economica. Tale rivoluzione significhera’ la socializzazione dei mezzi di produzione concentrati dai monopoli, la transizione da una produzione di valori ad una di valori d’uso, per consolidare infine l’orientamento verso il valore d’uso della produzione.
Il criterio di efficienza di un’impresa statale sotto il socialismo non dovrebbe essere il profitto, bensi la quantita’ di lavoro risparmiato. L’indicatore di efficienza delle imprese che producono i beni di consumo dovrebbe essere la riduzione dei prezzi dei beni prodotti, poiche’ essa consente ai consumatori di ottenere la stessa quantita’ di beni con meno lavoro. Mentre per le imprese che fabbricano mezzi di produzione, l’efficienza dovrebbe essere calcolata in base al risparmio di lavoro che ottengono gli utilizzatori di tali mezzi.
In tal modo, i produttori dei beni di consumo saranno finanziariamente incoraggiati a ridurre i prezzi dei loro prodotti e ad aumentarne la quantita’. Qualunque nuovo articolo di consumo che meglio soddisfi i bisogni correnti o nuovi, non appena organizzata ed avviata la sua produzione, entrera’ nella sfera della riduzione di prezzo e di aumento della quantita’ prodotta. I fabbricanti dei mezzi di produzione saranno stimolati in proporzione diretta al risparmio che si ottiene dall’utilizzo di questi stessi mezzi. Che si arricchiscano pure i produttori, ma attraverso l’arricchimento dell’intera societa’, di tutti i suoi membri.
Le basi per la partecipazione alla formazione e allo sviluppo del potere sovietico saranno piu’ solide se crescera’ la ricchezza della societa’ e aumentera’ il tempo libero dei suoi membri. La stessa economia contribuisce al rafforzamento e al consolidamento del potere sovietico.
In questo modo, la base economica per lo sviluppo ed il consolidamento del potere sovietico e’ la produzione direttamente sociale, la produzione di valori d’uso.
Gli eventi controrivoluzionari in Russia e la provvisoria perdita del potere dei lavoratori ci obbliga ad esporre la questione della restaurazione del potere popolare in una forma leggermente differente da prima. Come deve essere organizzato il potere dei lavoratori affinche’ nessuno possa minarlo o distruggerlo non solamente subito dopo la sua costituzione, ma anche dopo molti decenni, affinche’ non si ripeta una controrivoluzione anche quando la stessa sua possibilita’ sembra essersi persa in un lontano passato?
Il potere socialista, nella sua essenza, deve essere la dittatura del proletariato. e’ una risposta di carattere generale alla questione esposta e i classici del marxismo la consideravano un loro contributo particolare. La risposta a tale questione divide marxisti e revisionisti. Negare la necessita’ della dittatura della classe operaia equivale a negare il marxismo e il socialismo. La storia, compresa quella dell’Unione Sovietica, lo ha provato chiaramente. La controrivoluzione revisionista avvenne al XXII Congresso, quando dal programma del Partito fu eliminata la dittatura del proletariato, la principale tesi della teoria marxista. Quindi dovremmo trarre le conclusioni dal caro prezzo che abbiamo pagato: senza la forma sovietica di organizzazione della dittatura della classe operaia e’ difficile tenere il potere.
Si puo’ dire che attualmente, dopo un periodo di contagio revisionista (il cui catalizzatore fu la politica di Chru[k]č[k]v), in tutto il mondo va svolgendosi con successo un processo di formazione di nuovi partiti comunisti e operai. Essi hanno compreso le conseguenze derivanti dal rifiuto di seguire i fondamentali principi del marxismo e hanno fatto della teoria della dittatura del proletariato la base dei loro programmi e di tutta l’attivita’ politica, sia teorica che pratica.
Tuttavia, non e’ ancora tempo per rallegrarsi. L’accettazione della dittatura del proletariato di per se stessa non e’ sufficiente. Bisogna anche accettare la forma organizzativa di tale dittatura, la forma grazie alla quale la dittatura del proletariato non distrugga bensi aiuti a sviluppare l’autogoverno pubblico comunista, che assicuri l’eliminazione della separazione in classi della societa’ e percio’ l’estinzione dello Stato come violenza organizzata di una parte della societa’ sull’altra.
La storia ha dimostrato che la forma organizzativa del potere che corrisponde alla dittatura della classe operaia non e’ un potere eletto secondo il principio territoriale, bensi un potere che si forma dentro i collettivi operai. Quando nel 1871 in Francia, per la prima volta nella storia fu stabilita la dittatura del proletariato, la forma adeguata di potere non era ancora nata. L’essenza della dittatura del proletariato, come potere della classe operaia industriale, delle fabbriche e della citta’, apparve brevemente per la prima volta a Parigi nel 1871, e spari dalla scena storica per divenire il prologo della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre in Russia nel 1917, che stabili la dittatura della classe operaia nella forma del potere sovietico.
La Rivoluzione russa e’ diventata l’immagine esemplare del lungo lavoro storico della classe operaia e del suo partito per creare un nuovo potere dalle viscere del vecchio regime. Dapprima i soviet apparvero nel 1905 grazie agli operai di Ivanovo-Voznesensk. Essi non furono solamente gli organismi di gestione degli scioperi, ma diventarono anche quelli del potere popolare, come realizzazione della dittatura della classe operaia. Se la classe operaia in Russia non avesse compiuto questa scoperta storica di valore mondiale, lo stabilimento del socialismo e il suo sviluppo non avrebbero poggiato su basi solide.
Il punto principale e’ che la sola base materiale del socialismo e’ un’industria meccanica su larga scala. Se il potere popolare non e’ connesso a tale industria, se non trae da essa l’energia per diventare piu’ solido e svilupparsi, presto o tardi sara’ spazzato via dalle forze del nemico di classe. Al contrario, se questo potere e’ fortemente basato sulle fabbriche ed impianti, se cresce e si fortifica insieme con lo sviluppo dell’economia, allora l’idea di un governo sovietico, l’idea della dittatura della classe operaia e la causa del socialismo diventano storicamente invincibili.
La dittatura della classe operaia, pertanto, e’ contraria alla dittatura della borghesia non solo per la sostanza, ma anche per la forma della sua organizzazione.
La borghesia ammette che unicamente il suo potere sia popolare. Organizza elezioni parlamentari a suffragio universale, ma secondo un principio territoriale, dove a comandare il territorio e’ il potere del denaro. E benche’ sia possibile sotto questo sistema ottenere l’elezione al parlamento di alcuni rappresentanti dei lavoratori, in genere le elezioni territoriali rendono impossibile il potere operaio.
Vale la pena considerare gli aspetti filosofici della questione. Secondo il materialismo storico, l’essere sociale determina la coscienza sociale. Questo significa che le basi economiche della societa’ definiscono la sua sovrastruttura ideologica. Il dominio della borghesia sulla coscienza pubblica poggia sul dominio della borghesia sull’economia. Le persone, in occasione del voto, sono guidate dalla loro coscienza, cosicche’ il suffragio universale predetermina l’elezione di candidati borghesi. L’esperienza lo conferma e praticamente senza eccezioni. E la stessa esperienza ci dice che quando il meccanismo elettorale non funziona, la classe dominante usa metodi alternativi per rafforzare il proprio potere, inclusa la violenza. La classe dominante puo’ far questo perche’ possiede il potere statale, e non rinuncera’ al suo potere se non attraverso una lotta feroce.
Allora, cosa andrebbe fatto in questa situazione? Significa forse che la partecipazione alle campagne elettorali dovrebbe essere abbandonata? No, non significa questo. Ma la partecipazione alle elezioni dei corpi rappresentativi e alle loro attivita’ dovrebbe essere considerata solo uno dei molti strumenti di organizzazione dei lavoratori. La principale attivita’ deve essere la creazione e il sostegno dei Soviet nelle fabbriche e negli impianti. Tale sostegno alla loro attivita’ dovrebbe essere portato non solamente con l’ausilio dei sindacati e del partito della classe operaia, ma anche con un aiuto dei deputati che hanno il diritto e la possibilita’ di lavorare nei collettivi operai. Andrebbe notato che per un partito effettivamente rivoluzionario, elezioni ed attivita’ parlamentare non possono essere il nucleo dell’attivita’ politica. Il cuore del lavoro di un partito davvero rivoluzionario deve essere l’organizzazione del movimento sindacale della classe operaia, della lotta della classe operaia non solo per gli interessi a breve termine, ma per quelli fondamentali, con prospettive di lungo termine. Un partito rivoluzionario dovrebbe puntare alla fondazione dei Soviet, perche’ in prospettiva essi diventeranno i futuri organismi del nuovo potere socialista e contemporaneamente gli organismi di autogoverno collettivo dei lavoratori, organismi di lotta dei lavoratori per gli interessi piu’ vitali.
Solo quando in condizioni di situazione rivoluzionaria nelle grandi fabbriche meccaniche incominciano a funzionare i comitati di sciopero o altri autorevoli organismi di autogestione operaia, quando questi comitati od organismi saranno collegati attraverso consigli a livello cittadino e regionale e questi consigli e comitati operai verranno uniti a livello nazionale, quando i lavoratori formeranno la loro milizia operaia, solo allora la transizione al potere dei Soviet (o qualsiasi nome abbiano) potra’ essere realizzata nella pratica. Senza di cio’, tutte le speculazioni riguardanti la presa del potere non sono altro che vane chiacchiere.
Va considerato che in Russia nel 1917 c’erano contemporaneamente due processi elettorali: le elezioni per l’Assemblea costituente e quelle per i Soviet. Le elezioni all’Assemblea costituente diedero la maggioranza ai partiti della piccola borghesia, menscevichi e socialisti-rivoluzionari, mentre le elezioni ai Soviet di Mosca e Pietrogrado diedero la maggioranza ai bolscevichi, il partito della classe operaia. I bolscevichi ebbero ragione a non rifiutare di partecipare alle elezioni del parlamento borghese ed usarono l’opportunita’ della campagna elettorale per la loro propaganda. Pero’, il principale scopo di quella propaganda era di promuovere la creazione dei Soviet e il passaggio a questi di tutto il potere.
L’esperienza della nostra rivoluzione insegna che una rivoluzione socialista e’ preceduta da un periodo di diarchia nel quale esistono contemporaneamente due poteri: il parlamento borghese (l’organo del dominio borghese) e l’organismo del futuro nuovo potere, i Soviet, il cui congresso, assemblea o comitato dei rappresentanti, hanno l’obiettivo di stabilire un nuovo potere.
Essendo stabiliti i Soviet (come organismi del futuro potere disposti ad eseguire le funzioni del nuovo apparato statale), la transizione di potere dalla borghesia alla classe operaia e dal parlamento borghese al potere dei Soviet, dovrebbe essere piu’ facile. Se non ci sono i Soviet sostenuti dalla milizia, anche nel caso di una caduta del governo o di dimissioni del presidente in seguito ad uno sciopero generale, la natura del potere non cambierebbe. Dopotutto, il cambiamento di alcune persone non significa il cambiamento della classe al potere. Marx, Engels e Lenin hanno spiegato piu’ e piu’ volte che e’ impossibile prendere la vecchia macchina statale e adattarla ai nuovi scopi. Al contrario, tale macchina va spezzata e costruito un nuovo apparato statale capace di difendere gli interessi della classe operaia. I Soviet eletti nei collettivi operai (in altri paesi possono chiamarsi in modo differente ma questo non cambia la loro sostanza) rappresentano il nuovo apparato statale che sostituisce quello vecchio della borghesia.
Pero’, per molti tutto questo e’ difficile da capire. Tante persone continuano a credere alla favola dell’elezione di un nuovo buon presidente e la nomina di un nuovo buon governo. Come per i legislatori, molti di loro sono affetti dal cosiddetto cretinismo parlamentare che si esprime nella credenza ingenua che il cuore dei problemi della vita del popolo possa risolversi all’interno delle mura del parlamento. In realta’, tutti questi problemi sono stati risolti senza il coinvolgimento del parlamento, ma attraverso una violenta lotta di classe e perfino mediante una guerra civile. Quante meno illusioni parlamentari hanno gli operai e i contadini che creano i Soviet, quanto meglio sono organizzati e preparati a spezzare l’inevitabile resistenza della borghesia, tanto meno esiste il pericolo di una guerra civile. Al contrario, se gli operai sono disarmati e cullati con le favole di una borghesia onesta e rispettabile, ci si dovra’ attendere il piu’ brutale massacro contro il popolo. Gli esempi di Cile e Russia possono confermarlo a sufficienza.
Cosi, la forma organizzativa della dittatura della classe operaia e’ il potere sovietico attuato attraverso i collettivi operai. Questo e’ vero non solamente durante il periodo di costituzione e consolidamento del nuovo potere, ma anche per tutto il periodo del socialismo, fino alla liquidazione totale delle classi e alla morte dello Stato. Nel programma del partito redatto da Lenin e approvato dal VIII Congresso del PCR(b) e’ scritto che non e’ il distretto territoriale, ma l’unita’ produttiva (la fabbrica, l’impianto) che diviene l’unita’ di elezione di base e l’unita’ di base dello stato.
Come organizzarlo in pratica? Per esempio, cosi. I collettivi operai di ciascun dipartimento dell’impresa eleggono il rispettivo Soviet. Questi collettivi hanno la facolta’ a revocare e (o) sostituire i suoi membri in qualunque momento. Tali Soviet formano quelli a livello cittadino e regionale (anche questi con diritto di revoca e sostituzione dei deputati). Il Congresso dei Soviet o il Comitato dei rappresentanti del consiglio delle citta’ e del paese formano il supremo organo legislativo dello Stato. Esso nomina il governo e determina la politica interna ed estera dello Stato. Il tempo speso dagli operai nell’organizzazione dei Soviet e quello speso dai deputati per adempiere ai propri obblighi e’ pagato in base al salario medio.
Come garantire in queste condizioni un’eguale rappresentanza? Il numero dei lavoratori delle principali imprese puo’ essere preso come base per determinare un indice uniforme della rappresentanza in una citta’. Per esempio, se mille operai delegano una persona al Soviet cittadino, cinquemila persone hanno la possibilita’ di delegare cinque deputati. Se il numero di lavoratori di un collettivo operaio e’ minore di mille, esso deve unirsi con altri piccoli collettivi fino a raggiungere la soglia di mille unita’, propria del distretto industriale. Per coloro che lavorano in piccole unita’, l’indice di rappresentanza puo’ essere definito da un numero determinato di membri sindacali.
I cittadini inattivi possono unirsi ad ogni circoscrizione produttiva (per esempio in base a dove lavoravano o in accordo ad un principio territoriale), o eleggere i loro rappresentanti dai comitati di cittadini inattivi al comune indice di rappresentanza (cosicche’ ogni deputato rappresentera’, ad esempio, mille cittadini inattivi). In questa maniera e’ garantito il suffragio universale.
Se il Soviet di un’unita’ fondamentale della struttura statale (una fabbrica o un impianto) revoca il suo rappresentante da un consiglio cittadino, questo deputato perde automaticamente il suo mandato e, con cio’, il suo diritto a rappresentare il consiglio cittadino nell’organismo di governo superiore (se questo prima ne aveva diritto). La fattibilita’ pratica e la facilita’ di revoca dei deputati eletti da un collettivo operaio permette di lottare efficacemente contro il carrierismo e il burocraticismo e gradualmente (non solo attraverso programmi e promesse bensi soprattutto in base ad un’esperienza pratica) sara’ possibile selezionare i membri degli organi rappresentativi che meglio difendono gli interessi della classe operaia.
Cosi sarebbe preferibile che i deputati fossero a tempo parziale. Se un operaio opera come deputato 3 giorni lavorativi su 5 alla settimana, cessera’ di essere operaio, perdera’ il legame con il collettivo. In piu’, questo lavoratore non sara’ ne’ intellettuale ne’ un professionista, e facilmente si trasformera’ in oggetto delle manipolazioni dei politici corrotti. D’altro canto, se un deputato-operaio non ha giorni liberi per eseguire le sue funzioni, si trasformera’ in un deputato fittizio seduto al tavolo presidenziale nei giorni di festa per simboleggiare l’unione dell’autorita’ col popolo. La cosa piu’ corretta per il deputato sarebbe di continuare il suo lavoro professionale ed avere tempo sufficiente per acquisire conoscenze ed abilita’ professionali nel campo della gestione dello Stato. Per esempio, se un operaio sta alla sua macchina 3 giorni alla settimana e i restanti 2 giorni li dedica ad organizzare i lavoratori come deputato del Soviet, non si separera’ dal suo collettivo e, allo stesso tempo gradualmente acquisira’ le competenze del lavoro amministrativo (compreso l’uso del computer e delle moderne tecnologie di comunicazione). Ovviamente, questi 2 giorni in cui l’operaio non e’ impegnato nel lavoro produttivo devono essergli pagati.
A tal proposito, qualcosa di simile a quanto descritto sopra e’ stato sviluppato nella pratica del moderno capitalismo. Secondo la legge “Sul regime giuridico dell’impresa” della Repubblica Federale di Germania, in ogni impresa con almeno cinque lavoratori deve essere eletto un consiglio di produzione, le attivita’ nel quadro di questo consiglio sono espletate all’interno dell’orario lavorativo e pagate in accordo al salario medio. La borghesia progressista comprende che attualmente, quando il punto discriminante in economia e’ lo sviluppo dell’innovazione scientifica e tecnologica, senza la partecipazione attiva dei produttori diretti a questo processo, il progresso scientifico e tecnico, quindi l’economia in generale, si frenera’. Va notato che in Germania le competenze del consiglio di produzione sono strettamente limitate alle questioni produttive. Non hanno contatti con i consigli delle altre imprese, ne’ con un organismo organizzativo unico e sono privati della possibilita’ di effettuare un lavoro politico. La borghesia usa i consigli per diffondere idee opportuniste tra i lavoratori (le idee di “consenso sociale”, “accordo sociale”, “mondo del lavoro”, “collaborazione di classe” che occultano la lotta di classe).
La base di valore d’uso della produzione assicura e accorda ai deputati dei collettivi operai il tempo necessario per esercitare le loro funzioni amministrative. Ma non appena diventano deputati a tempo pieno, essi perdono il contatto con i loro collettivi e allora i collettivi operai cessano di giocare un ruolo determinante. E’ necessario controllare i deputati, dare loro mandati e se necessario revocare quelli che non compiono la volonta’ dei collettivi operai che li hanno eletti. Tutto questo (dare incarichi ai deputati e revocarli) presuppone tempo che deve essere pagato in termini di salario medio. Ad ogni lavoratore sara’ fornito del tempo libero pagato almeno per potere partecipare alla riunione mensile del collettivo in cui il deputato fa la sua relazione.
Il potere sovietico potra’ chiamarsi potere degli operai e dei contadini solo quando il popolo lavoratore avra’ il controllo sui suoi deputati eletti e quando i produttori diretti potranno partecipare alle attivita’ degli organismi statali. Se l’attivita’ degli operai, dei contadini, degli intellettuali fosse sostituita con l’attivita’ di lavoratori salariati (i professionisti il cui coinvolgimento e’ ovviamente necessario), allora ci ritroveremo nella situazione in cui il potere reale passa dagli organismi legislativi a quelli esecutivi, ed i Soviet diventano una specie di schermo di chi usa il potere per suo vantaggio personale. Tale situazione puo’ dare nuovamente luogo al ritorno di un sistema di proprieta’ privata, sistema che e’ la causa di tutte le sofferenze del nostro popolo.
Percio’, le possibilita’ di creare le condizioni piu’ favorevoli per tutti i membri della societa’ affinche’ prendano parte al governo dello Stato (le possibilita’ citate aumentano con lo sviluppo della produzione fondata sul valore d’uso) andrebbero usate efficacemente, e queste condizioni a loro volta potrebbero aiutare lo sviluppo della produzione di valori d’uso. La ricchezza principale della societa’, il tempo libero, sara’ gradualmente aumentato ed equamente distribuito poiche’ non sara’ usurpato dalla e’lite dirigenziale o intellettuale. In questa fase, il processo di graduale distruzione delle classi comincera’ e, in questo modo, ci approssimeremo allo Stato quando tutti i membri della societa’ saranno diventati lavoratori. Ognuno sara’ una persona unica e ciascuno sara’ giudicato non dalle cose che fa al lavoro, ma da quelle che ha fatto e sta facendo nel suo tempo libero (il tempo per il libero sviluppo). Questo sara’ il vero salto dal regno della necessita’ al regno della liberta’.
Ci sono tre tipi di schiavi conosciuti. Al primo tipo appartiene lo schiavo ordinario. Vive la sua povera vita ubbidendo al suo destino. Lo schiavo del secondo tipo e’ avvezzo alla sua sottomissione servile a tal punto da restare incantato al solo pensiero di quanto e’ buono il suo padrone, il suo signore. Non e’ semplicemente uno schiavo ma un vergognoso lacche’. C’e’ anche lo schiavo che appartiene al terzo tipo, lo schiavo che insorge per lottare contro l’intero sistema di schiavitu’ e che, anche se la schiavitu’ non e’ ancora distrutta, non e’ piu’ uno schiavo, e’ un rivoluzionario. Fino ad ora abbiamo discusso solamente delle basi e condizioni materiali di partecipazione dei lavoratori alla gestione e autogestione e della struttura del potere sovietico, ma nessuno ci liberera’ dal vecchio potere borghese, “ne’ dio, ne’ lo zar, ne’ un eroe”. Nessuno concedera’ la liberta’ ai lavoratori a meno che essi non la conquistino da se’. Fortunatamente, la giusta lotta dei lavoratori e’ sostenuta dalla logica generale del progresso storico cosi come dai lavoratori progressisti della scienza e della cultura. Comunque, senza un’attiva, consapevole, ferma e persistente lotta per i propri interessi, la classe operaia non potrebbe stabilire, ne’ preservare il potere sovietico. Inoltre, senza tale lotta ne’ la creazione, ne’ la conservazione dell’economia socialista sarebbe possibile. Questa lotta e’ in corso. Continuera’ e sara’ vittoriosa a patto che i partiti comunisti assicurino a questa lotta la corretta impostazione.
[1] Professore di Economia e Diritto, presidente del Fondo dell’Accademia Operaia, rappresentante dell’organo Sovetskiy Soyus del Partito Comunista Operaio Russo
Comments Closed