Domanda Quando e’ nata la Tacconi sud e quanti operai e operaie c[k]erano?
Risposta La Tacconi sud nasce nel 1991, una fabbrica di 4000 mq di capannone interamente finanziati dalla cassa del mezzogiorno. Parte del personale proveniva da un laboratorio sempre di proprieta’ del nostro datore di lavoro che fa parte di un gruppo piu’ ampio, si chiamano i fratelli Sacchi di Pavia da sempre nelle fornitore militari e negli abiti da lavoro. La storia della Tacconi sud quindi inizia con parte di personale del vecchio laboratorio e i contratti a termine di formazione con cui sono entrata anch[k] io.
Quando sei entrata?
Sono entrata 19 anni fa avevo 21 anni ero molto giovane.
Quanti dipendenti c erano allora, quante operaie?
Eravamo 60 dipendenti, abbiamo raggiunto anche punte di 100 dipendenti durante alcune commesse perche’ si ricorreva spesso ai contratti a termine per portare avanti le grosse commesse.
Questa situazione di 60 dipendenti e’ andata avanti fino a che anno?
Il declino sostanzialmente e’ iniziato 15 anni fa con una prima riduzione del personale. Ricordo che ero appena stata eletta in RSU e il mio primo tavolo e’ stata una cassa integrazione ordinaria ma si cercava di far agganciare qualcuno alla pensione, una prassi usata per affrontare le difficolta’ e dare a qualcuno la possibilita’ di andare in pensione. Da allora sistematicamente la crisi del tessile era conclamata.
Stiamo parlando circa del ’95 dove c[k]e’ stato un dimezzamento del personale
Si, e ci siamo attestati prima ai 31 dipendenti e dopo definitivamente a 29
In quell[k]occasione sei stata per la prima volta eletta RSU, come fu siglato l[k]accordo, che ricordo hai?
Io ho questo ricordo, la sensazione che allora sembrava un piccolo intervento per tamponare un emorragia non grave ma andando avanti sostanzialmente si e’ conclamata un emorragia inarrestabile fermata con un cerottino stavamo sempre li con il cerottino, tamponavamo inutilmente.
In altre parole stai dicendo che non avevate afferrato la gravita’ della situazione?
No, inizialmente anche nel tessile c[k]era una crisi che i sindacati avevano annunciato, ma una crisi cosi nera cosi grave come poi si e’ rilevata nel tempo, questa percezione non c[k]era.
Come siete arrivate ad oggi, a essere di fatto fuori dalla fabbrica?
L[k]attuale situazione parte da lontano e per affrontare la crisi non e’ che in campo non abbiamo messo niente, abbiamo affrontato la riconversione anche di produzione perche’ siamo passati dal fare le divise cucite a macchina e abbiamo imparato l incollaggio con le bi componenti. Abbiamo iniziato un altro lavoro, ci siamo rimesse in gioco abbiamo fatto formazione. Abbiamo accettato la sfida della crisi rispondendo con la nuova formazione, quella determinazione iniziale che ci ha permesso di riconvertire la produzione.
Siete passate da una produzione che era soprattutto di tipo militare ad una produzione di tipo civile, se non ho capito male?
Si
Chi erano i committenti?
Lavoravamo soprattutto per la protezione civile, per il ministero dell[k]ambiente. Abbiamo fatto le tende dei terremotati prima dell[k]Umbria e poi di tante altre commesse. Tante commesse del ministero per l[k]ambiente con le barriere che arginano le chiazze di petrolio. Abbiamo lavorato in particolare anche per la croce rossa, abbiamo fatto ospedali da campo uno di questi e’ in Afghanistan; insomma per questo stabilimento sono passate tante e tante commesse ministeriali o comunque di stato
Poi la crisi si e’ manifestata in maniera drammatica?
In maniera drammatica e’ iniziata 5 ani fa, entravamo ed uscivamo dalla cassa integrazione. Ripeto pero’ eravamo appena da poco partiti con il nuovo lavoro e quindi avevamo delle difficolta’ che erano di carattere proprio tecnico e quindi non erano ancora arrivati i frutti di questa nuova operazione. Quando forse eravamo approdati ad un buon prodotto, perche’ se hai visto la tenda insomma si tratta di un prodotto di qualita’ e li e’ arrivata la crisi internazionale, sopra gia’ le spalle di questa situazione in aggiunta ad una crisi di liquidita’ che gia’ il datore di lavoro soffriva perche’ le commesse fatte per lo stato non venivano pagate e questo ci ha messo in ginocchio
Il problema e’ di liquidita’ o di mancanze di commesse?
il problema e’ di liquidita’ non e’ di mancanza di commesse, perche’ in realta’ ripeto eravamo gia’ avviati per questo lavoro, qui il problema era la liquidita’, noi eravamo magari pronti a fare un lavoro ma a causa delle insolvenze del nostro datore di lavoro presso i fornitori, mi riferisco al tessuto per fare le tende, noi non partivamo perche’ non avevamo il materiale, cioe’ paradossalmente avevamo le commesse ma non eravamo in grado di assolverle. Con la cassa integrazione un po[k] dentro e un po[k] fuori tiravamo avanti ma non era possibile pero’ iniziare un lavoro senza che finisse per esempio il materiale, sempre per cattiva gestione.
Quand[k]e’ che arrivata la botta finale, quando il padrone ha deciso di comunicarvi che lo stabilimento chiudeva?
Ritengo che la decisione sia stata presa perche’ il nostro datore di lavoro grazie anche a tutta una serie di cose che si possono fare in questo paese cioe’ in Italia non e’ proibito delocalizzare. Il disegno e’ stato lungo, la Tacconi nord per capirci che e’ la fabbrica che girava a noi le commesse questi anni a livello amministrativo, i fratelli Sacchi hanno preparato una ricerca a lungo termine che tagliasse i ponti con la Tacconi sud. La Tacconi sud si e’ svegliata nel novembre del 2010 che aveva un debito con la Tacconi nord di svariate migliaia di euro. Cioe’ paradossalmente l[k]unica unita’ che aveva lavorato cioe’ la Tacconi Sud era insolvente presso lo stesso datore di lavoro che era colui che si autogirava le commesse, c[k]era questo giro.
Quanti dipendenti ha la Tacconi nord?
La Tacconi nord ha un centinaio di dipendenti ma non ha questa produzione, ha una produzione di altro genere tessile ma e’ soprattutto uffici, marketing, l[k]unita’ produttiva era qui a Latina.
Voi operaie non avete mai preso contatti con i dipendenti della Tacconi nord.?
No, all[k]inizio non abbiamo avuto dei contatti. Avevo l[k]idea che si stesse preparando una polpetta avvelenata, perche’ ripeto non era la prima che facevamo una cassa integrazione straordinaria entrando ed uscendo per lavorare con le commesse dentro e quando siamo arrivati agli inizi di dicembre che hanno iniziato a non fare piu’ nemmeno le buste paga, eravamo arrivati a tollerare il ritardo di 10 giorni per il pagamento dello stipendio e per la cassa integrazione che doveva anticiparci il datore di lavoro, eravamo arrivati alla tolleranza non perche’ siamo scemi ma semplicemente perche’ non c[k]e’ uno strumento legale e veloce che possa intervenire in tempi cosi brevi e quindi tolleravamo questo ritardo pur di non creare situazioni che potessero ricadere su di noi perche’ magari congelavano il conto in banca e non ci pagavano gli stipendi. Quando siamo arrivati agli inizi di dicembre con questa situazione in cui non ci davano nemmeno le buste paga io ho cominciato a telefonare alla Tacconi nord e alle altre rappresentanze sindacali per capire che cosa stava succedendo e ho intuito tutta l[k]operazione, cioe’ che alle RSU o alle rappresentanze all[k]interno di quella fabbrica avevano promesso un’altra soluzione cioe’ la Protex un azienda ex novo che nasce con tutto un consiglio di amministrazione non riconducibile ne’ a Tacconi nord ne’ a Tacconi sud, con una parte del personale trasferita la’. Mentre un[k]altra parte forse in pensione. Le RSU della Tacconi Nord non si sono mossi, e’ chiaro che i territoriali avranno detto alle RSU come tante volte ho dovuto ascoltare anch[k]io: be’ stiamo fermi, loro stanno a casa loro noi stiamo a casa nostra, la logica e’: ne salviamo 100 e 29 si possono sacrificare.
In pratica loro hanno cercato ognuno di difendere i propri colleghi?
Si hanno assecondato le cose.
Io mi sono sentita da sola, noi ci siamo sentite da sole.
Noi quando ci siamo guardate in faccia davanti a sto cancello e abbiamo capito che non saremmo piu’ rientrate in questa fabbrica e’ scattato il nostro [k]se non ora quando?[k] L[k] abbiamo occupata !
Qual e’ stato il meccanismo decisionale che ha preceduto l[k] occupazione?
Paradossalmente le donne forse hanno un’altra modalita’ rispetto agli uomini.
Quando lo ha proposto il nostro segretario di fare un azione forte di occupare lo stabilimento noi ci siamo subito rese conto che avevamo di fronte persone che avevano bambini piccoli, colleghe che hanno figli disabili, altre che hanno padri malati. Perche’ le donne in questo paese hanno una doppia occupazione: si occupano della famiglia e lavorano. E quindi io mi sono resa conto che avevo davanti a me delle persone che comunque non erano in grado di mantenere un presidio giorno e notte, pero’ la forza di molte donne sta in questo, cioe’ noi non ce lo siamo mai detto ad alta voce come avrebbero fatto le migliori arringhe sindacali, noi non ce lo siamo dette ad alta voce. Non c[k]e’ stato un momento in cui ci siamo dette lo facciamo; quel giorno siamo entrate in fabbrica, dovevamo fare un assemblea per questa faccenda io mi sono seduta, ho cominciato a scrivere il verbale, ho detto:[k]scrivo assemblea permanente? [k] e tutte mi hanno fatto si con la testa, non hanno nemmeno risposto con la voce, l attimo dopo abbiamo messo giu’ i turni e siamo qui da 40 giorni.
In occupazione quanti turni fate ?
I turni si decidono settimana per settimana, delle volte abbiamo delle situazioni come l[k]evento di Anno Zero che ha stravolto i turni settimanali.
Abbiamo avuto un ondata di influenza che ci ha messo in difficolta’ alcune di noi sono venute piu’ volte. Alcune di noi fanno solo la notte come me che non ho figli, insomma cerchiamo di venirci incontro quelle con i figli stanno a casa la notte e vengono di giorno.
Avete avuto problemi di sicurezza?
Hanno tentato la forzatura del presidio un giovedi di febbraio, il tre febbraio hanno tentato la forzatura del presidio perche’ il datore di lavoro voleva vendere del materiale, noi non vogliamo impedire che la vendita del materiale di magazzino crei delle opportunita’ di lavoro altrove, assolutamente no!
Abbiamo impedito che uscisse il camion carico di merce, sono arrivati i carabinieri, le forze dell[k] ordine e la digos. Ci sono stati momenti di tensione ma noi siamo rimaste sempre calme.
La merce e’ rimasta in magazzino.
Ora fate questo presidi, qual e’ l obiettivo che avete?
L[k]obiettivo e’ quello che venga immediatamente nominata un amministrazione controllata, un liquidatore nominato da terzi insomma qualcuno che possa anche vendere il materiale del magazzino a chi fosse interessato e iniziare a liquidare noi.
Abbiamo depositato un istanza di fallimento perche’ purtroppo le insolvenze sono grosse.
Ci sono di media dai 20 ai 35 anni di liquidazione e noi dobbiamo mettere al sicuro i sacrifici di una vita percio’ abbiamo depositato l[k]atto fallimentare. Il giudice e’ stato nominato per giugno e stiamo facendo pressione presso il prefetto, presso tutte le istituzioni affinche’ venga anticipata quest[k]ordinanza.
Avete pensato di chiedere un sequestro cautelativo?
Sono tutte azioni che ripeto noi rimandiamo alle persone che devono rappresentarci..con le istituzioni, io mi rifiuto di pensare che io da RSU me devo andare a studiare il diritto del lavoro perche’ posso m[k]immagino che ci sia dall[k]altra parte una qualche istituzione che venga incontro a questa situazione. Sappiamo di aver commesso un reato e di stare dentro una proprieta’ privata ma vorrei che qualcuno mi venisse incontro per quello che ritengo sia giusto: le spettanze che i lavoratori attendono e la liquidazione.
Con la fine della cassa per il mezzogiorno decine se non centinaia, Goodyear, la Nexans, la Alcoa ecc, tante fabbriche grandi e piccole hanno chiuso nell[k] area pontina. In un anno il numero delle ore di cassa integrazione nel Lazio e’ piu’ che raddoppiato ..il problema grosso e’ che finora con i personaggi che ci sono sul campo non si e’ salvato un posto di lavoro, tu non pensi che gli operai in qualche maniera dovrebbero ad affrontare loro stessi questo problema? come possono fare?
Credo che bisogna fare una riflessione proprio sul modo come si perde il lavoro.
Dov[k]e’ che la tragedia perde la finalita’ di tragedia? quando e’ ricoperta di zucchero, no? allora a noi adesso ci ricopriranno di zucchero per un po[k].
L[k] ammortizzatore sociale e’ diventata la glassa di zucchero che ti fara’ svegliare tra cinque anni quando sei fuori di tutto e ti rendi conto..cioe’ realizzi..oddio e adesso che cosa faccio? Questa consapevolezza non e’ immediata perche’ secondo me l uscita e’ appunto diluita nel tempo e quindi non c[k]e’ la maturazione da parte degli operai coinvolti.
Dovremmo mettere insieme le esperienze, mettere insieme i saperi, ma facciamo fatica a farlo, a mio avviso non c[k]e’ ancora una dimensione di questo tipo perche’ paradossalmente cio’ che ci protegge ci acceca e ci rende deboli. Quello che dicevi tu[k]la consapevolezza di aver perso il posto di lavoro dovrebbe essere il la che fa scattare quest[k]altra cosa[k]no secondo me non si e’ arrivati..
La riflessione che facevi prima mi sembra importante, giustamente dicevi che in tutte queste esperienze dell[k] area pontina per gli operai il percorso e’ stato ugualei: prima di tutto dividere il fronte tra chi se ne va in pensione, chi prende lo scivolo, chi va in cassa integrazione; poi a seconda gli anni lavorati prendi la cassa integrazione, l[k]eta’ anagrafica eccetera. Queste esperienze dovrebbero servire a difendere gli operai ? Ma chi ha interesse a farlo? Forse i partiti politici?
Allo stato attuale della politica sicuramente no..fanno festini!
Vero, ma la realta’ e’ molto dura, abbiamo la maggiore industria italiana, la Fiat che dice agli operai: volete il lavoro? Ve lo do ma alle mie condizioni altrimenti vado all[k] estero.
Le mie condizioni sono: limitato diritto di sciopero, 18 turni settimanali, vuol dire che tu non hai piu’ sabato e domenica,abolizione delle pause, aumento dei ritmi di lavoro, se vai in malattia non ti pago e tu sai bene per esperienza che qualsiasi cosa che passa in Fiat passera’ prima o poi nel resto dei rapporti industriali in Italia. ? Di fronte a uno che ti dice: tu vuoi mangiare? Se vuoi mangiare accetti quello che ti dico io se non lo accetti io me ne vado e tu non mangi piu’!
Di fronte a una cosa del genere come ti difendi?
guarda io rispetto a questa cosa ti dico sinceramente come la penso io credo che il modello di rappresentanza sindacale italiano cosi come si e’ strutturata nell 800 con societa’ del mutuo soccorso perche’ era il mutuo soccorso dei lavoratori eccetera questo modo di rappresentare non e’ piu’ adatto e’ finito e’ chiuso e’ storicamente chiuso ma non storicamente nel senso perche’ so finite le classi come qualcuno ipotizza..no il problema non e’ questo il problema e’ un altro e’ che noi siamo di fronte ad una trasformazione .noi siamo di fronte a un evoluzione del capitalismo. Credo che non si puo’ scendere al di sotto di certe questioni mi pare logico e dall[k]altra quello che si offre come contropartita e’ questo niente..e’ quello che dicevamo prima.. qual e’ la contropartita di uno che sta a perde il posto di lavoro? non firmare la cassa integrazione? cioe’ voglio dire la chiamiamo scelta?
La vogliamo chiamare scelta?
Pensi che non i sia alternativa?
No, non e’ che non c[k]e’ alternativa il problema e’ organizzativo, un problema organizzativo perche’ non possiamo lasciare la questione in mano a Fiom o Fim, alle sigle cosi come sono nella libera rappresentanza.
.Non penso che nella storia le cose siano sempre nate perche’ tutti sapevano cosa fare, ci sono delle condizioni particolari e c[k]e’ chi fa una lettura corretta dei tempi. Credo che sia questo quello che possa aggregare per compiere un qualcosa, per creare una rete.
Voglio dire accadono delle cose, accadono contemporaneamente con le stesse modalita’ con le stesse elaborazioni di pensiero e c[k]e’ qualcuno che legge i tempi.
Spero che questo qualcuno che legge i tempi ci sia da qualche parte.
A cura dei compagni e simpatizzanti di AsLO Lazio Marzo 2011
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