Il 3 Febbraio si e’ tenuta ,presso il Tribunale di Milano, la seconda udienza preliminare nei confronti dei sedici compagni che hanno solidarizzato con gli operai della INNSE in lotta contro la chiusura della fabbrica e per la difesa del proprio posto di lavoro. I fatti contestati riguardano la protesta sulla Tangenziale Est di Milano del 2 Agosto 2009 contro lo smontaggio del macchinario.
In questa seconda udienza, l[k]accusa, sulla base di ulteriori certificati medici: con prognosi a nostro avviso volutamente aggravate dalle forze dell[k]ordine, ha chiesto di modificare in peggio, per alcuni degli accusati,il capo di imputazione passando da resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, oltre che manifestazione non autorizzata,[k] a lesioni gravi[k].
Il risultato di questa condotta preliminare e’ stato che il GUP ha accolto tutte le richieste del pubblico ministero, quali l[k]aggravio dei capi d[k]imputazione per alcuni, il proscioglimento dell[k]accusa di manifestazione non autorizzata per tutti e la costituzione degli appartenenti alle forze di polizia come parte civile offesa. In realta’ i cinque sono stati rinviati a giudizio,la prima udienza e’ stata fissata il 16 Aprile, con l[k]accusa aggravata per un fatto che vale la pena ricostruire attraverso le parole degli stessi operai della INNSE , che in un loro comunicato raccontano che: [k] il mattino la fabbrica era circondata dalla forza pubblica, all[k]interno squadre di operai avevano iniziato a smontare le macchine, il presidio era stato rimosso all[k]alba: fu in quella situazione che un corteo spontaneo, ancora poco numeroso,si diresse verso la tangenziale per attirare l[k]opinione pubblica su cio’ che stava accadendo. Un sito produttivo stava per essere demolito senza appello. La protesta sulla tangenziale duro’ pochi minuti, si decise di tornare in via Rubattino raccogliendosi davanti ai cancelli e chiedendo alle istituzioni di intervenire per bloccare lo smontaggio. Non successe niente. Per bloccare lo smontaggio quattro operai e un sindacalista dovettero finire su un carro-ponte della fabbrica e vi restarono per nove giorni. La conclusione si conosce bene, la fabbrica venne comprata da un nuovo imprenditore e sta funzionando normalmente, ci sono state nel frattempo nuove assunzioni. I sedici manifestanti , rinviati a giudizio, sono fra i primi che accorsero quella tragica mattina e manifestarono con noi operai della INNSE affinche’ la fabbrica non venisse smantellata. Una scelta che fa loro onore,sostenevano una lotta operaia che andava avanti da oltre quattordici mesi [k].[k]
Un[k]azione di resistenza degli operai contro i licenziamenti e la chiusura della fabbrica pubblicizzata dai media nazionali e sostenuta, anche se in molti casi solo formalmente, dalle prese di posizione di centinaia di forza sindacali,sociali e politiche,istituzionali e non,che hanno riconosciuto le ragioni di quella lotta e gli operai che la hanno condotta fino al vittorioso esito conosciuto. Un esito che evidentemente per come e’ stato ottenuto ha sollevato ad alcuni una serie di problemi: sulla forma della lotta,sulla solidarieta’ che ha prodotto, sulla capacita’ degli operai di resistere senza tentennamenti e con questo rinvio a giudizio vogliono mandare dei messaggi chiari:
1) Le lotte degli operai devono assolutamente stare nei [k]limiti[k] del non disturbare nessuno. Cosi gli operai della INNSE dovevano andare a casa in silenzio, nel pieno delle regole che permettono al padrone di chiudere la [k]sua [k] fabbrica e buttar tutti in mezzo a una strada.
2) Il mattino del 2 Agosto mentre veniva smontata la fabbrica e le forze dell[k]ordine scioglievano il presidio gli operai dovevano far finta di niente senza reagire, invece gli operai decisero assieme ai loro sostenitore di protestare in tangenziale, protesta che duro’ poco tempo, senza nessun serio incidente con le forze dell[k]ordine. Hanno invece scelto di fare un processo a tre anni di distanza [k]immaginando chissa’ quali scontri e violenze[k].
3) I manifestanti colpiti dai provvedimenti sono tutti presi fra coloro che sostennero la nostra lotta fin dall[k]inizio, la scelta e’ accorta : chiunque sostenga attivamente le lotte operaie corre il rischio di finire in tribunale, la solidarieta’ gli operai la devono cercare [k]nelle parole del politico di turno[k], non nei giovani studenti e lavoratori che si mobilitano in prima persona. La stessa strategia utilizzata contro i sostenitori del movimento NO TAV arrestati il 26 Gennaio di quest[k]anno.
Come operai della INNSE avevamo chiesto al GUP, tramite gli avvocati, di partecipare alle udienze preliminari, con la nostra presenza volevamo rendere visibile testimonianza che cio’ che successe quella mattina in tangenziale fu un azione di grande valore sociale: impedire lo smantellamento di una fabbrica che aveva fatto la storia di Lambrate, impedire di licenziare 50 operai.
Il GUP non ci ha fatto partecipare appellandosi alle norme di legge. Ora iniziera’ il processo, la prima udienza il 16 Aprile : gli operai della INNSE ci saranno sempre, la solidarieta’ e’ una cosa seria e non si puo’ cancellare.
RSU INNSE GLI IMPUTATI
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