Le dimissioni annunciate da papa Benedetto XVI non sono ovviamente riducibili, come si vorrebbe far credere, ad una mera questione di anzianità. Da quel che se ne sa, nessun serio problema di salute affligge Joseph Ratzinger. E’ comunque inaudito (nel senso etimologico del termine) un evento del genere, che rappresenta la trasgressione ad un codice millenarista da parte di un teologo tradizionale così rigoroso, che comprende bene come questo evento “laicizzi”, per così dire, la più ieratica delle figure religiose.
Si tratta evidentemente d’altro. Lo sfondo di questa vicenda singolare è l’esaurimento della funzione storica svolta dalla chiesa cattolica in quanto dispensatrice di pietismi e di rassegnazione, una funzione velenosa e nefasta che il vecchio barbuto ebreo di Treviri (ossia Karl Marx) paragonava al potere distruttivo e debilitante delle droghe psicotrope.
Nel quadro di questo inarrestabile declino storico prendono forma le due tendenze che, entrando in conflitto tra loro, hanno schiacciato il mediatore tra esse, ossia Ratzinger: da una parte la protervia reazionaria sotto forma di rigidità teologica e dall’altra l’inquietudine di una chiesa che si sente ormai fuori dalla realtà e cerca di trovare un aggancio al mondo contemporaneo. Una lotta senza quartiere, una lotta di potere e per il potere, assai più feroce di quanto si possa immaginare, non senza delitti, non senza assassinii occulti, che avviene sul solaio marcio di una decadenza sempre più rapida.
Pertanto, il contesto storico-politico generale in cui è possibile inquadrare la clamorosa scelta delle dimissioni di Benedetto XVI, che sortirà effetti inevitabilmente dirompenti sia all’interno che all’esterno del mondo ecclesiastico, è l’insieme vasto e complesso delle contraddizioni esplose con violenza tra le opposte fazioni all’interno del Vaticano.
Un aspro e feroce conflitto che lacera e destabilizza i vertici della chiesa cattolica già da diverso tempo, ma che il precedente pontificato è riuscito in qualche misura a gestire e mediare senza gravi ripercussioni o gesti eclatanti, almeno a livello politico ufficiale.
Credo di cogliere nel segno quando affermo che tali dimissioni servono a “laicizzare la più ieratica delle figure religiose”. Credo sia proprio questo il punto centrale della questione, la chiave esplicativa dell’intera vicenda. Ho il sospetto che tale decisione sia maturata indubbiamente nel quadro delle dinamiche complessive già ampiamente descritte in precedenza, ma sia stata prodotta anche con l’intento preciso di suscitare scalpore, per rendere più “laica ed umana” una figura “ieratica” come quella pontificale, al fine di ridurre le distanze tra i vertici del Vaticano e il mondo secolare.
Si tratta evidentemente di una scelta di “marketing pubblicitario”, un atto ideologico e propagandistico teso a promuovere l’immagine della chiesa cattolica apostolica romana.
Al di là dei meriti indiscutibili ed innegabili da ascrivere a papa Ratzinger a proposito del rapporto tra teologia ed evoluzionismo darwiniano e, più in generale, rispetto al rapporto tra religione e scienza, non c’è altro da ascrivere a favore di Benedetto XVI.
Nel merito specifico delle sue dimissioni, l’unica ipotesi che riesco a formulare per provare a comprendere e a spiegare le ragioni di un gesto così eclatante e dirompente, è proprio quella di un tentativo di “laicizzare ed umanizzare” in maniera strumentale l’immagine (ho detto l’immagine, non la sostanza) della chiesa per riagganciarla al mondo contemporaneo, rilanciando in tal guisa il ruolo egemonico della curia pontificia, che è precipitata progressivamente in una crisi epocale a livello non solo morale e spirituale, ma altresì politico-finanziario, dopo il lungo pontificato di Giovanni Paolo II.
Lucio Garofalo
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