Come volevasi dimostrare: hanno funzionato a meraviglia i “trucchi” e i “prodigi” delle false promesse elettorali sbandierate da Berlusconi e soci, per cui ora sarebbe lecito pretendere quantomeno la restituzione dell’IMU. Parimenti hanno sortito il loro effetto le altre menzogne proferite in questa curiosa campagna elettorale, le fandonie elargite a piene mani a destra e a manca, come pure le visioni misticheggianti e mistificanti di Grillo e dei suoi discepoli, o le favole raccontate al popolo sul cosiddetto “voto utile”.
A questo punto, piuttosto che parlare di una “vittoria di Pirro”, credo sia il caso di coniare una nuova definizione che sembra adattarsi perfettamente alla circostanza attuale, vale a dire: una “vittoria di Grillo”. A tale proposito conviene lanciare un monito a chi ha vinto queste elezioni: non montatevi la testa. Fino ad ieri vi accusavano di essere populisti, qualunquisti, fascisti, oggi vi blandiscono, vi lisciano, vi accarezzano, vi coccolano, vi invitano a pranzo e a cena. Ma la coerenza dove sta? E’ stata rinchiusa a chiave in soffitta. Ai “realisti” della politica non serve la coerenza. Non sanno che farsene. Eppure io continuo a sostenere, realisticamente, che il movimento grillino è un fenomeno ideologicamente eterogeneo, multiforme e controverso, ambiguo per certi versi, ma il problema è che al suo interno esiste una forte componente di origine fascio-qualunquista, di natura autoritaria e forcaiola, al limite dello squadrismo, ancorché solo verbale e virtuale, che a mio modesto parere è identificabile come “fascio-grillismo”.
Faccio altresì presente che io ero tra quanti avevano previsto (e non serviva la magia per questo) il “trionfo” elettorale del M5S, che rischiava di diventare, come di fatto è accaduto, il primo partito politico in Italia, non perché fossi diventato un indovino, ma perché avevo semplicemente colto nel segno grazie ad un’analisi corretta e realistica che mi ha consentito di anticipare il risultato elettorale così come mi ha permesso di comprendere la reale matrice ideologica e culturale di un fenomeno politico che rappresenta una sorta di populismo inedito corrispondente ai tempi moderni, un populismo travasato direttamente dalla Democrazia Cristiana a Berlusconi, alla Lega ed oggi a Grillo e che si configura come un prodotto del conformismo politico di massa.
Non commettiamo l’errore di sottovalutare le doti “miracolose” del nuovo “Unto del signore”, il “guru” della nuova religione laica di massa, il grillismo. Infatti, come si sono moltiplicati “miracolosamente” i numeri relativi alla partecipazione dei grillini al comizio del loro “santone” in piazza San Giovanni, malgrado le leggi della fisica e della matematica non lo consentano, così si sono moltiplicati “miracolosamente” i loro voti.
Ripeto: è un “miracolo” di cui solo Grillo e i suoi discepoli sono capaci. Ma non si tratta di miracoli. La verità è che il grillismo è diventato improvvisamente il fenomeno politico del momento solo perché qualcuno lo ha permesso e voluto dall’alto. Mi riferisco, ad esempio, all’enorme ospitalità offerta al movimento grillino proprio sui giornali e sulle emittenti televisive nazionali che esso ha dichiarato di voler disertare e boicottare. Uno spazio che, guarda caso, non è stato concesso ad altri, e probabilmente servirebbe interrogarsi seriamente sul perché. Insomma, siamo di fronte ad una forma di conformismo politico e sociale di massa, largamente incoraggiato e foraggiato ad arte dai mass-media ufficiali. Un populismo, di destra o meno poco importa, che sarà ingoiato e spazzato via dai poteri forti e scomparirà in breve tempo dalle televisioni e dai giornali appena non sarà più funzionale al sistema che esso ha presidiato come un vero e proprio baluardo istituzionale, arginando e prevenendo eventuali sollevazioni popolari. Un movimento composto in gran parte da gente che non è in grado di comprendere le cause reali della crisi economica e le contraddizioni insite nel sistema capitalistico, limitandosi ad accusare e denunciare i privilegi e la corruzione della casta dei politici senza riuscire ad intravedere e smascherare i principali detentori del potere e della ricchezza, ovverosia altre caste parassitarie molto più ricche, potenti e corrotte.
A proposito di populismo servirebbe qualche utile chiarimento per sgombrare finalmente il campo da eventuali equivoci e pregiudizi, puntualizzando meglio taluni concetti. La categoria del populismo, confusa abitualmente con la demagogia autoritaria e paternalista, gode di una pessima reputazione presso gli ambienti della sinistra radical chic e politically correct, affetta da un viscerale antipopulismo e snobismo intellettuale.
Un vizio atavico ed incorreggibile che la induce a nutrire un profondo disprezzo nei confronti delle masse popolari, in particolare verso il “popolo profondo”, visto con alterigia e spocchia aristocratica. Tuttavia, il discorso è più ampio nella misura in cui la categoria del populismo è invisa alle moderne democrazie liberali, le quali ravvisano nel populismo una strategia utile a riscuotere facili consensi tra le classi ritenute poco colte ed evolute, facendo leva sui cliché che garantiscono un immediato riscontro emotivo.
A tale riguardo è giunto il momento di sfatare alcuni luoghi comuni della politica italiota. Una di queste persuasioni è la tesi che qualifica Berlusconi come un “leader populista”. Nulla di più falso e becero. Al di là degli stereotipi più banali e mistificanti, Berlusconi è solo un populista di comodo. Mi spiego. Se il popolo lo vota, allora il popolo ha ragione e Berlusconi si spaccia per essere un populista, ma se la gente non lo vota ed osa contestarlo, in tal caso il popolo ha torto, dunque Berlusconi non è un sincero populista. Il populismo di Berlusconi è capzioso, una menzogna ripetuta ossessivamente e metabolizzata acriticamente come un dato di fatto, che sarebbe il caso di riesaminare per svelarne la natura opportunista, cioè uno strumento di propaganda e mistificazione ideologica. Se fosse un autentico populista, Berlusconi dovrebbe riconoscere piena sovranità al popolo in ogni caso, sia quando lo vota e lo appoggia sia quando lo contesta.
Il populismo dovrebbe esprimere rispetto e devozione verso il popolo, un atteggiamento sincero e coerente, non basato su convenienze politiche, né sbandierato in termini di annunci o promesse elettorali menzognere, puntualmente disattese o tradite. Bisogna quindi ribadire che Berlusconi non è affatto un populista, bensì un nemico del popolo, un impostore che ha fatto regredire il popolo italiano di oltre 50 anni, lo ha ingannato ed impoverito. Un onesto leader populista ha in mente soprattutto il progresso e il benessere del proprio popolo. Invece altri statisti, passati o presenti, possono rivendicare i meriti di un populismo declinato nelle forme di un socialismo popolare ed antimperialista. Si pensi a personalità di notevole prestigio come Mao Tse-Tung, la guida carismatica di una rivoluzione che ha fatto compiere al popolo cinese un poderoso balzo in avanti di secoli, emancipandolo dal giogo oppressivo del feudalesimo; si pensi a Fidel Castro, che ha beneficiato il suo popolo affrancandolo dalle piaghe secolari della miseria e dell’analfabetismo, tanto che Cuba può vantare gli ospedali e le scuole migliori del continente americano; si pensi a Hugo Chavez, che sta facendo progredire notevolmente le condizioni materiali e sociali del popolo venezuelano. E si pensi ad altri leader populisti che sono il simbolo vincente della “rivoluzione bolivariana” in America Latina.
Occorre dunque smascherare il populismo ipocrita e parolaio di Berlusconi e contrastarlo su un terreno politico-culturale proponendo un modello alternativo e speculare insieme, sospinto da un’autentica ispirazione populista. Qui la nozione di populismo va intesa in un’accezione non demagogica, paternalista o sciovinista, bensì in un’ottica gramsciana, cioè nel senso di un blocco popolare avanzato ed innovatore. E’ in una prospettiva gramsciana che occorre imboccare la direzione di un populismo inteso nella versione di un socialismo popolare che sposi i valori della democrazia diretta e partecipativa. Nulla esclude che il populismo possa assumere una veste democratica moderna e progressista.
Inoltre, vorrei spendere qualche riflessione a proposito dell’ennesima sconfitta elettorale dei “comunisti”. Ormai il problema dei comunisti attiene più alla psicologia, esattamente alla psicopatologia, o addirittura alla psichiatria, che alla politica. E’ evidente che la questione è oramai riconducibile ad una forma di psicopatologia politica.
La vera malattia da cui sono affetti molti sedicenti “comunisti” è di origine isterica, è una forma di sadico snobismo intellettuale e di distorsione mentale che li perseguita e li affligge costantemente, per cui sembra che provino gusto, un piacere quasi masochistico nel dividersi in modo crescente, nello scindersi in particelle subatomiche sempre più ridotte, parcellizzate e infinitesimali. In tal guisa, ogni “atomo” diviene un referente del nulla, nella migliore delle ipotesi è un referente di se stesso, ragion per cui i governi dei padroni e i loro servi e lacchè avranno vita facile e vinceranno sempre più agevolmente, conservando e perpetuando a lungo il proprio potere sulle classi lavoratrici e subalterne.
Se questo è il modo di far politica dei “comunisti”, di intendere la politica e la vita da parte delle “particelle comuniste” (almeno un tempo si parlava di “cellule comuniste”: infatti, la cellula è una grandezza superiore rispetto all’atomo), allora io mi sento distante anni luce da un mondo così assurdo e nevrotico e me ne discosterò sempre più.
Chiudo infine con alcune postille, nient’affatto esaustive, sull’argomento. L’ho scritto altre volte, ma ritengo che il concetto sia più valido oggi rispetto al passato. Il vero “miracolo della democrazia” consiste nell’estrema facilità con cui la gente crede nella cosiddetta “democrazia”, quella liberale e rappresentativa, nell’eccessiva ed incredibile facilità con cui la gente si lascia abbindolare e si convince a recarsi alle urne per “premiare” i propri aguzzini e scegliere ogni cinque anni i parassiti da cui farsi sfruttare.
La credulità popolare non ha confini, lo dimostra l’estrema facilità con cui la gente crede ai santi, ai mistici, ai predicatori, sia religiosi che televisivi, ma pure a certi politici impostori. La credulità è sinonimo di idolatria, feticismo, superstizione, è adorazione cieca, mentre la filosofia è l’esatta antitesi. Sin dagli albori del pensiero greco, nel mondo antico, la filosofia si esplica come un esercizio intellettuale intrinseco alla libertà dell’uomo, per cui non ha assolutamente nulla a che spartire con il fanatismo di qualsiasi specie. Il problema è che taluni si spacciano per liberi pensatori, mentre sono millantatori che amano circondarsi di discepoli adoranti, sprovvisti di senso critico.
E’ risaputo che quando il saggio indica la luna, lo stolto osserva il dito. Ma il saggio che presume, oppure afferma di sapere solo lui dove si trova la luna, è addirittura più stolto.
Un altro “miracolo della democrazia” si manifesta nella rapida ascesa al potere di individui che si ergono a “moralizzatori” della vita pubblica, improvvisandosi tribuni del popolo, mentre sono politicamente, intellettualmente ed eticamente osceni, poiché non hanno assolutamente nulla a che spartire con l’essenza autentica della democrazia. A giudicare dalla nostra esperienza storica collettiva, più o meno recente, temo che ormai siamo diventati fin troppo tolleranti verso l’indecenza e l’arroganza di simili personaggi.
Lucio Garofalo
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