Se non erro, Beppe Grillo ha dichiarato: “Ho incanalato tutta la rabbia in questo movimento. Dovrebbero ringraziarci uno ad uno: se noi falliamo l’Italia sarà guidata dalla violenza nelle strade”. Inoltre, mette in guardia: se il suo movimento fallirà ”questo accadrà”. Finalmente un po’ di verità dal comico genovese, il quale rende noto:
1) che ha incanalato tutta la rabbia dei proletari in modo che questa potesse essere controllata (da chi?) poiché l’alternativa era la violenza nelle strade (la violenza di chi?);
2) che dovrebbero ringraziarlo e ringraziarli uno ad uno (riferito ovviamente agli elettori e supporter grillini; ma chi dovrebbe essere grato a Grillo e al Movimento 5 Stelle?);
3) che lui rappresenta l’ultima risorsa (ma per chi?) altrimenti accadrà “l’irreparabile”.
Cominciare a porsi queste domande potrebbe già significare tutta una serie di risposte.
Probabilmente c’è chi ha la testa molto dura, o la faccia tosta da fingere di non capire.
Il pericolo più grave è insito nella funzione ideologica e strumentale che il grillismo sta (inconsapevolmente o meno) svolgendo in quanto fa esattamente il gioco dei poteri forti che esigono un ricambio generale dei vertici dello Stato, una “rottamazione” (uso un linguaggio renziano) della “casta” per proseguire quella politica di rapina e di estorsione legalizzata del plusvalore a beneficio esclusivo del capitale finanziario internazionale e a netto discapito delle masse lavoratrici del nostro paese.
Grillo e il Movimento 5 Stelle rappresentano un chance utilissima per evitare una deflagrazione della situazione socio-politica italiana, che si estenderebbe subito ad altri importanti paesi europei. Meglio consumare la reazione popolare contro una “casta” di farabutti, distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica mentre si ridefinisce un nuovo meccanismo per perpetuare lo sfruttamento dell’economia del continente, e cioè dei popoli europei. D’altra parte è Grillo stesso ad aver creato la prima condizione perché ciò sia accettato, con la paura che non saranno più pagabili stipendi e pensioni.
Sembra circolare un diffuso ottimismo sull’Italia da parte della finanza internazionale (si pensi all’intervento di Draghi ed alla prossima emissione di nuovi titoli di stato). Perché?
Perché l’instabilità politica non determina una caduta dello spread, cioè il differenziale comparato di interesse sul debito tra i titoli italiani e quelli tedeschi di riferimento?
La mazzata più pesante che poteva ricevere Grillo nel post-elezioni sarebbe stata un’impennata dello spread in modo da dimostrare agli italiani l’errore del loro voto. E invece no. Anzi, lo spread è calato da 340 a 325, cioè al di sotto del livello ottenuto da Monti dissanguando il paese. Sembra che l’esito del voto in Italia, l’impossibilità di varare un governo stabile non preoccupi eccessivamente i circoli finanziari e le borse.
Perché? La risposta potrebbe essere che è cambiata la politica del capitale finanziario internazionale nei confronti dell’Italia. Essendo il nostro paese al limite della sopportazione fiscale e quasi affondato nell’indigenza, riesce impossibile forzare ulteriormente col rischio di una rottura del meccanismo. Veri fenomeni di defezione fiscale già in atto in molti paesi europei (ad esempio, Grecia e Portogallo) e le pesanti sofferenze del credito consigliano di cambiare tattica. Per farlo servono due condizioni:
1) cambiare un quadro politico che ormai pare disabilitato ad imporre ulteriori sacrifici;
2) ricontrattare e dilazionare il debito pubblico affinché, lavorando a più basso regime, l’estrazione del plusvalore complessivo del paese non si inceppi ma possa proseguire.
Un paese nelle condizioni in cui versa l’Italia, con un debito pubblico immenso, una crisi politica che, a prima vista, appare irrisolvibile, con un apparato produttivo alla sfascio, una crisi sociale terribile, una corruzione imponente ed inarrestabile, una criminalità organizzata giunta ad insediarsi in quasi tutti i gangli del potere, un grado di inefficienza paralizzante della macchina pubblica, dovrebbe indurre alla valutazione opposta, vale a dire al pessimismo più nero. E tale era la valutazione dei circoli finanziari internazionali.
Invece, “stranamente” in concomitanza con l’esito elettorale, il giudizio sembra essersi rovesciato e quasi tutte le principali istituzioni finanziarie diffondono ottimismo e fiducia sulla tenuta dell’Italia. Ripeto ancora: perché? Cos’è che ha determinato l’inversione subitanea dell’atteggiamento della finanza internazionale verso l’Italia? Tale domanda è la chiave che consente di interpretare quanto è successo e sta succedendo.
Perché la valutazione dell’Italia sul piano della solvibilità finanziaria si è letteralmente capovolta il giorno dopo i risultati elettorali? Il resto è secondario, è pura scenografia.
In sintesi penso questo. Monti ha raschiato il fondo della pentola, ha portato l’estrazione del plusvalore complessivo dell’Italia fino al limite massimo di sopportazione ed oltre.
Il meccanismo era prossimo ad incepparsi e a scatenare una reazione di defezione fiscale (come accade già in Portogallo e in Grecia) che, per le dimensioni dell’Italia, avrebbe comportato una rottura degli equilibri continentali ed innescato una spirale di lotte sociali durissime. Per queste e altre ragioni non era più possibile proseguire oltremisura.
In secondo luogo, la casta politica non é più in grado di fornire una sufficiente copertura al potere vero. Il rischio che essa crollasse per la spinta dell’indignazione popolare comportava il rischio che il potere vero, quello del capitale finanziario, diventasse a quel punto il successivo polo di concentrazione dell’odio popolare (cosa che in parte già avviene). Occorre dunque liquidare la “casta” e sostituirla con qualcosa di più credibile.
Il capitale finanziario ha perfettamente compreso di non poter più esigere l’estrazione massiva di plusvalore complessivo dal nostro paese e sceglie di dilazionare ulteriormente il debito pubblico italiano entro i limiti che ne assicurino un pagamento a basso regime.
Ecco che a questo punto si inserisce il ruolo di Grillo e del Movimento 5 Stelle con l’istanza, condivisa e rivendicata dalla gente comune, di “rottamazione” dell’attuale ceto politico dirigente, immerso nell’illegalità, tra abusi e privilegi, e travolto dagli scandali sulla corruzione, e la richiesta di “ricontrattare il debito pubblico italiano”.
Insomma, serviva dirottare l’indignazione della gente verso un obiettivo (la “casta”) che non fosse letale per il potere vero. Un bersaglio che consentisse di abbassare la temperatura sociale facendo “sfogare” la rabbia popolare. E’ quanto si è verificato. E nelle temperie di questa operazione strategica, si punta a rimodellare una forma della politica e delle istituzioni statali del nostro paese in grado di presentare e far passare il pagamento del debito pubblico come una “necessità ineluttabile”. Grillo e il Movimento 5 Stelle servono perfettamente a questo scopo. Ma il calcolo è sbagliato e il fattore di errore risiede esattamente nella natura irreversibile e sistemica della crisi capitalistica.
Lucio Garofalo
Sono d’acordo con l’analisi, ma non è una novità: i movimenti e partiti politici che intercettano il malcontento ci sono sempre stati (basta ricordare la LEGA NORD o Italia dei Valori), ma bisogna anche saper indicare delle serie alternative, indicare con la chiave di lettura del materialismo storico la crisi attuale e seper individuare le soluzioni per un miglioramento oggettivo delle condizioni di vita del popolo
Questa crisi non ha soluzioni dal momento che siamo di fronte a una crisi di sovrapproduzione di merci e di capitali ( teoria del valore) non ci sono i presupposti per un miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori , la borghesia può solo togliere non ha più nulla da dare, il tempo della mediazione e della contrattazione è finito :la carota non c’è più è rimasto il bastone e da qui che bisogna ripartire senza farci illusioni ,il sindacato ha esaudito il suo ruolo di mediatore del salario, oggi serve costruire il partito di classe .La soluzione borghese alla crisi : guerra mondiale .La nostra risposta : rivoluzione.
D’accordo ma bisogna anche indicare le basi economiche di una nuova società e bisogna anche lavorare per coinvolgere, su obiettivi concreti, chi la rivoluzione la deve fare
I rivoluzionari dove sono presenti e dove agiscono indicano ai lavoratori le basi su cui si dovrà costruire la futura società socialista ( LAVORARE PER IL BISOGNO E NON PIù PER IL PROFITTO) e che questo processo dovrà realizzarsi per via rivoluzionaria con la dittatura del proletariato una volta preso il potere politico ecc..ecc.. ma bisogna essere anche realisti :al momento manca un partito di classe che fa presa sui lavoratori ,non sussistono le condizioni soggettive ,e oggettive: la crisi porterà in piazza i disoccupati e questo giochera a nostro favore a condizione che non siano prede del riformismo ,o del nazionalismo è un processo storico che deve ancora maturare in ogni nazione, purtroppo la storia non è meccanica come la realtà non è statica ma dinamica alla fine conteranno i rapporti di forza .Comprendo caro Piero ciò che vuoi dire ma non ci sono degli automatismi che portano il proletariato dalla nostra parte ci sono tante variabili ,ma sicuramente i rivoluzionari devono lavorare in questa prospettiva ….
Bell’articolo, è molto importante farlo circolare proprio ora che parte della sinistra, non solo quella riformista, sta baciando le scarpe a Beppe Grillo (dai Carc, MLP, RC fino a Cremaschi). Tocca a noi mettere in evidenza il valore reazionario del M5S. Concordo pienamente con Ercole2: è necessario costruire un partito rivoluzionario, di classe!