Ovvero sull’elezione del nuovo papa, anzi due papi
Da quanto ne sappiamo, hanno eletto papa un complice della giunta militare argentina presieduta dal tenente generale Videla, a cui è legata la tragica vicenda dei “desaparecidos”. Peggio di così il collegio cardinalizio non poteva fare. Coloro che speravano in un processo di rinnovamento e in un riscatto morale della chiesa sono stati serviti. Oltretutto si tratta di un papa gesuita, per cui temo che il nome da lui scelto, Francesco, non abbia proprio nulla da spartire con il poverello di Assisi, ma con un tale Francesco Saverio, gesuita e missionario spagnolo vissuto nella prima metà del 1500. E’ un malcostume tipico dei gesuiti quello di depistare e confondere la pubblica opinione.
Tuttavia, l’analisi sul ruolo della chiesa in un mondo attraversato dalla crisi irreversibile del capitalismo, deve corrispondere alla realtà storica di Santa Romana Chiesa, che non a caso rappresenta l’unica istituzione millenaria ancora in vita, l’unica erede di quella struttura piramidale propria del feudalesimo e dell’antico impero romano. Il discorso da fare è dunque più articolato e complesso e deve oltrepassare il dato superficiale. Ora di papi ce ne sono addirittura due: un “papa-ombra” ed uno ufficiale. Come impone la tradizione millenaria, dopo un papa se ne è fatto subito un altro, anzi due, ma l’indirizzo fondamentale della curia pontificia romana resta quello di trarre camaleonticamente il massimo utile possibile da qualsiasi situazione storica si manifesti.
Quando l’effetto mediatico e scenografico si sgonfierà, allora riemergeranno i problemi e i delitti che hanno forzato papa Benedetto XVI a dimettersi e riemergeranno tutte le contraddizioni che lacerano nel vivo la chiesa cattolica romana. Ed allora si capirà che la “teologia della liberazione”, che Wojtyla in qualità di pontefice e Bergoglio in veste di prelato, hanno ferocemente osteggiato, fino all’assassinio di vari esponenti ecclesiastici, era in effetti la sola possibilità rimasta, nel continente latino-americano ed in quello africano, per uscire dalla contraddizione insanabile esistente tra il vangelo e il potere.
D’altronde, benché lo stato della chiesa non sia troppo in salute e rifletta la crisi complessiva in cui versa la società capitalista, la chiesa ha conosciuto altre tempeste. In questo momento storico la chiesa sa che deve aderire, almeno sul piano verbale e formale, alle istanze ed alle rivendicazioni provenienti dai popoli della terra. Deve schierarsi con i poveri, almeno a chiacchiere, predicando bene, seppur razzolando male, anzi malissimo. Si sa che sul terreno delle prediche i preti giocano in casa e la storia insegna che sono maestri eccellenti e campioni insuperabili. Nel contempo non sono così ottusi e miopi come i capitalisti. Insomma, l’attuale corso politico di Santa Romana Chiesa sembra orientato verso una sorta di “pauperismo” in salsa vaticana. Per convenienza, la chiesa si avvicinerà alle masse umili e diseredate del pianeta. Ripeto e sottolineo: per convenienza. Non è un caso che la chiesa sopravviva da duemila anni, mentre il capitalismo conta appena pochi secoli di vita ed è in crisi da almeno cent’anni.
Aggiungo altre osservazioni al ragionamento esposto finora. Ciò che bisognava decidere non era solo il nome del nuovo papa, bensì pure come stare oggi nel mondo e come fermare la deriva che sta svenando la chiesa. Il problema per il papato non è tanto l’Europa o il nord America, continenti nei quali la funzione ideologica del cattolicesimo è già persa quasi del tutto. Il vero dramma è costituito dalle chiese africane, latino-americane e di altre regioni del mondo che navigano verso la scissione. Questi pezzi di cattolicesimo sono pressati fino all’inverosimile dai bisogni delle masse: volenti o nolenti devono schierarsi coi poveri del mondo per non esserne respinti. Ecco perché Obama ed altri potenti si sono subito affrettati a definire il papa neo-eletto come “un amico e un difensore dei poveri”. Ma quanto più aumentano di intensità i disagi e le sofferenze dei popoli, tanto più essi rivendicano quella eguaglianza promessa dai Vangeli e vogliono conquistarla. Una chiesa priva di credito morale è fragilissima, una chiesa senza credito sociale è isolata, così come accade oggi nei paesi più avanzati del mondo occidentale.
La chiesa si trova di fronte ad un vicolo cieco: per continuare ad essere ciò che è dovrebbe opporsi all’umanità, per essere col mondo dovrebbe invece rinnegare ciò che essa è stata finora. Non può fare nessuna delle due cose, può solo mascherarsi, tentare di mediare, ma durerebbe assai poco nell’instabilità generale della crisi del capitalismo.
E’ alquanto probabile che la chiesa continuerà a morire per incoerenza e per dissanguamento. Perciò l’urgenza prioritaria della chiesa vaticana in questo momento storico in cui le istanze e le rivendicazioni economico-sociali dei popoli si fanno sempre più pressanti, è di riacquistare un’immagine di credibilità per arrestare l’emorragia interna, anzitutto all’interno delle chiese latino-americane. Dal punto di vista del cattolicesimo l’America latina rappresenta un fallimento storico di proporzioni epocali.
In realtà le persone che sono statisticamente considerate di credo cattolico sono, per l’appunto, solo un dato statistico truccato. In Brasile la chiesa cattolica è oggi una minoranza rispetto ad altre religioni e alle stesse confessioni cristiane. In Argentina, il ricordo della sua complicità con una delle più criminali e ripugnanti dittature ha marcato per sempre l’animo popolare. I seminari sono vuoti, le chiese sopravvivono solo nella misura in cui danno assistenza alimentare ai poveri e solo nei quartieri periferici di Buenos Aires. La diffidenza verso il cattolicesimo sottintende un giudizio di falsità della sua reale funzione. Inoltre la pedofilia, praticata su larga scala dai religiosi comporta un odio popolare difficilissimo da superare. E molti onesti preti, vescovi e qualche cardinale postulano una chiesa indipendente da Roma, rifondata sulla coerenza e sulla partecipazione dei fedeli. Questa parte del clero, spesso profondamente legata ai drammi sociali di quelle popolazioni, si rende conto che per essere creduto deve distaccarsi da ciò che attualmente la chiesa è per rifondare una comunità ecclesiale che corrisponda al desiderio di giustizia sociale e di progresso dei popoli latino-americani.
E a noi comunisti penso che dovrebbero interessare proprio quelle istanze e quelle rivendicazioni con cui i popoli stanno pressando e soffocando la chiesa cattolica romana.
Poiché il mio ragionamento intende concentrarsi sul ruolo del nuovo pontefice, rammento che mentre il pontificato di Wojtyla dietro cui agiva, nemmeno tanto nell’ombra, in veste di consigliere, l’allora cardinale Ratzinger, ha avuto il mandato di liquidare il socialismo reale dell’Est europeo, il nuovo pontificato avrà probabilmente il compito di liquidare il capitalismo, per promuovere la cosiddetta “terza via”, cioè l’alternativa (si fa per dire) rappresentata da Santa Romana Chiesa. Naturalmente è solo una mia impressione personale, ancora molto vaga. Ma si intravedono già alcuni indizi in tal senso. Sta di fatto che nell’odierna fase storica, percorsa da una crisi epocale che non è solo di natura economica, la chiesa è costretta a riavvicinarsi ai popoli della terra.
E non dobbiamo dimenticare che in queste strategie camaleontiche la chiesa è una vera specialista, una campionessa mondiale, per cui non conviene sminuire le sue ambizioni.
Sia chiaro un punto. Non sono così sciocco da sostenere che il Vaticano si sia convertito al comunismo o sia diventato anti-capitalista. Sto solo affermando che le ambizioni del Vaticano non riguardano il breve o medio termine, ma si proiettano sempre nel lungo periodo, per cui non vanno sottovalutate. In questo momento storico, contrassegnato da una crisi epocale ed irreversibile che investe il sistema capitalista su scala globale, la chiesa, con tutti i suoi gangli e le sue ramificazioni sparse nel mondo, ha intercettato gli umori e le sofferenze dei popoli ed è costretta, per poter sopravvivere alla crisi ed al tracollo finale del capitalismo, a mostrarsi secondo lo spirito evangelico, cioè ad apparire una chiesa pauperistica e francescana. Ripeto: a mostrarsi. Ed è appunto questa la strategia camaleontica che la chiesa sa di dover adottare in questa fase, come ha fatto nel corso dei duemila anni di storia. Altrimenti si sarebbe già estinta da tempo.
Lucio Garofalo
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