E Meno male che sono “brevi considerazioni”, tante parole al vento per coprire cio’ che è realmente una sconfitta del movimento operaio nella logistica e per coprire un “accordicchio” che ha fatto cilecca su tutto il fronte; PAROLE SPRECATE PARLANO I FATTI.
Inoltre anche questa pezza dei “sostenitori” dell’accordo Granarolo, dimentica bellamente la contemporanea “Cocente Sconfitta” patita ai Magazzini di Anzola Coop Adriatica con 16 operai licenziati (a partire dal 3 maggio 2013), il piu’ grande magazzino, la centrale del gruppo Coop in Emilia.
Dimentica bellamente che si chiuse in fretta e furia quello sciopero a meta’ mattina del 3 maggio disordinatamente.
la realta’ e’ che “urgeva” non agli operai facchini coop, ma ai sostenitori, andare a sviluppare appena inioziata alla Granarolo, infatti propugnarono la tesi in assemblea davanti ai cancelli che “non c’erano le condizioni per proseguire e che si doveva decidere la sospensione immediata dell’azione di lotta”, questo in presenza di un membro del Si-Cobas nazionale. Alla fine tra malumori gli operai si fermarolo ed entrarono (le restanti ore del turno dentro la Coop Adriatica sotto lo sguardo truce di capetti e del direttore stesso) e i sostenitori furono cosi’ liberi di “soccorrere” lo sciopero contemporaneo (quel mattino) alla Granarolo…seguirlo in forze come aspetto strategico.
Dunque “diserzione” “svista” o “distrazione”, scelta piu’ disgraziata di quella non si poteva, difatti i Padroni Coop si inserirono subito nella contraddizione nel campo operaio e nella propria direzione di lotta.
Questo in sistesi i fatti. Alcuni ora direbbero che sfortunatamente “in contemporanea” in Anzola, la Coop Licenziava 16 tra gli Operai che avevano portato avanti la battaglia con picchetti pesanti dal Novembre 2012, e che le cose si sono fatte piu’ in ordine possibile, ma il padrone se ne frega dell’ordine della ritirata, e delle regole, come pure degli “escamotage”. Da li’ dalla Coop adriatica non si è piu’ tornati indietro vige la cappa di silenzio imposto dai padroni ma evidentemente “ossequiata” da qualcun’ altro che non sono gli operai stessi CHE HANNO RICEVUTO IL COLPO.
La Realtà e’ che il Padrone Coop ha sentito e di fatto ha avuto campo libero per continuare la sua pressione (era il progetto stesso della Coop già dal 2012 di diminuire gli operai e sfruttare di piu’ i restanti con aster Coop) per il profitto.
Quindi Cari signori “sostenitori dell accordo” Granarolo e dirigenti si-cobas ve lo diciamo chiaro; voi scambiate “lucciole per lanterne” e ora se ne pagano le conseguenze anche alla Granarolo.
Ps; INOLTRE POI SORVOLARE RIPETUTAMENTE sul fatto che i cosiddetti 23 facchini”reintegrati” non ritornano alla Granarolo, ma divisi a piccoli gruppi in altri magazzini, non si sa’ neanche dove, appartiene piu’ alla categoria dei reticenti, non a quella di combattenti operai che sanno dire, e dirsi la verita’.
OPERAI CHE HANNO PARTECIPATI AI PICCHETTI.
CONFERMIAMO E RIPUBBLICHIAMO LE POCHE RIGHE;
GRANAROLO E LEGA COOP; DOVE STA’ LA VITTORIA?
5 days ago
[SIAMO TUTTI FACCHINI!] Sull’accordo alla Granarolo…
La complessa battaglia che in questi mesi i lavoratori della logistica – organizzati dal SI. Cobas – stanno combattendo presso i magazzini bolognesi della Granarolo, si arricchisce in questi giorni di nuovi passaggi. La firma di un primo accordo (vedi comunicato), ratificato mercoledì 17 luglio, diventa l’elemento centrale su cui ragionare, da una parte per un parziale bilancio di questi mesi di lotta e di mobilitazione, dall’altra, per la comprensione in prospettiva dei prossimi passaggi e le prossime sfide che ci attendono.
Partiamo da una prima constatazione. L’accordo in sé, seppur parziale e che non accoglie totalmente le richieste operaie, rappresenta comunque un passo in avanti: reintegro di 23 dei 41 facchini licenziati, messa in cassa integrazione dei restanti, impegno d’incontrarsi entro il 30 settembre per concordare il percorso di reintegro dei lavoratori ancora in cassa, pagamento del salario a tutti gli operai dalla data del licenziamento a quella del reintegro, nessun accordo tombale su quelli che sono gli arretrati che ancora spettano ai lavoratori. Certo, siamo ben lontani dal reintegro, presso i magazzini CTL, di tutti i 41 lavoratori, ma la chiusura di questa prima fase della battaglia costituisce un buon riposizionamento tattico e rappresenta, complessivamente, lo spostamento dei rapporti di forza – tanto sul posto di lavoro, quanto sul territorio – che si è riusciti a produrre, contro giganti come Granarolo e Lega Coop, in questi mesi di lotta serrata, dopo svariati picchetti davanti ai magazzini, uno sciopero nazionale dell’intero settore e decine d’iniziative di sostegno e boicottaggio in svariate città.
Un giudizio, questo, che poi va calibrato con quelle che erano le posizioni padronali, ancora qualche ora prima della chiusura dell’accordo; dove, oltre al nodo gordiano del reintegro dei 41 licenziati (più i 10 in cassa integrazione), restava di preminente interesse padronale chiudere la questione degli arretrati non pagati ai lavoratori (mediamente 20.000 euro a operaio) attraverso una proposta di “accordo tombale” che avrebbe sancito la restituzione di appena 1.000 euro per lavoratore e imposto la cessazione, da parte dei lavoratori e del sindacato, di ogni tentativo di recupero del pregresso, mettendo cioè fine a ogni tentativo di rilancio della lotte su uno dei suoi punti fondamentali.
A fronte di alcune perplessità e pose massimaliste – in verità poche e isolate – che l’accordo ha sollevato, è da questo punto di vista, e in particolare sulla base delle dinamiche ed esigenze materiali della lotta, che le condizioni ottenute vanno valutate, soprattutto in vista del necessario rilancio della lotta. In cosa, dunque, consiste il riposizionamento tattico derivante dall’accordo?
- L’aver spezzato la sempre più dura condizione economica dei facchini colpiti da licenziamento, che alla lunga – senza una soluzione costante e organizzata di sostegno che la cassa di resistenza in questa fase non è riuscita a dare (e su questo urge una riflessione) – rischiava di arrecare danni irreparabili alla lotta, in termini di presenza fisica ai cancelli, in termini d’incisività delle iniziative di lotta intraprese e da intraprendere, in termini di sfilacciamento del fronte di lotta, ecc… L’aver strappato il reintegro (su ci vigilare) di una parte dei lavoratori e la cassa integrazione per gli altri, da in questo senso ossigeno, strappando questi lavoratori dalla tagliola della necessità economica immediata e fornendo un terreno più stabile sul quale reimpostare la lotta. Questo implica pericoli? Divisione del fronte di lotta? In parte si, ma questa è la dialettica della lotta di classe e, in generale, della dinamica materiale. Considerare unilateralmente il secondo aspetto, tralasciando il primo è solo esercizio accademico. Le amare esperienze dell’Esselunga di Pioltello o del Gigante di Basiano non ci hanno insegnato proprio niente?
- Aver evitato di legarsi le mani con “accordi tombali” implica l’essersi messi in condizione di poter riaprire lo stato d’agitazione in qualsiasi momento, quando più conviene (in termini di forza e possibilità) e non dovendo rincorrere elementi, scadenze e contromosse imposte da altri. Ciò mette in condizione i lavoratori, fin d’adesso di poter far partire le vertenze sugli arretrati che, come abbiamo già detto, ammontano mediamente a 20.000 euro a lavoratore e che, limitandosi ai soli 41, sono 820.000 euro che si mettono sul piatto. Un nodo “economico” che Granarolo e cooperative avrebbero voluto chiudere in partenza e che invece si ritrovano sul groppone. Un elemento da non sottovalutare se fatto marciare in parallelo alla verifica del percorso di reintegro e all’apertura dello stato d’agitazione quando più converrà.
Questi 2 degli aspetti principali che più tenevamo a sottolineare. Detto ciò, risulta altrettanto evidente come la lotta alla Granarolo, sia nel particolare, sia per quanto riguarda le tematiche generali che pone, non possa dirsi conclusa, ne tanto meno vinta. Nessuna posizione trionfalistica – al contrario di quello che vedono e sostengono i detrattori dell’accordo – ma piena consapevolezza della portata della battaglia, degli obiettivi da raggiungere e delle difficoltà, che si sono delineate e si delineeranno sul percorso di rilancio della lotta.
Proprio per questo, proprio per non essere “trionfalistici” crediamo che sia opportuno chiudere queste brevi riflessioni, con un passaggio su quelle che sono le lezioni e gli elementi emersi dall’esaurirsi di questa prima fase. Da questo punto di vista, diventa sempre più evidente come il consolidamento dell’organizzazione dentro i magazzini (e tra i diversi poli logistici) e la costruzione di una vera cassa di resistenza nazionale siano obiettivi e questioni non più rimandabili. Questo quello che la dinamica reale della lotta ci sta dicendo. E’ la stretta organizzativa su queste due questioni a non essere più rinviabile. A partire dalla costruzione di rapporti organizzativi stabili, riconoscimento di referenti certi (per la cassa, per le iniziative organizzate, per gli scioperi, per la diffusione del materiale, ecc..) nei diversi territori, collegamento strutturato tra le varie realtà solidali, riunioni cadenzate, ecc… Questa, a nostro parere, la sfida che ci sta davanti, che investe, in primis, la vertenza Granarolo, ma che diventa terreno di lavoro generalizzato e generalizzabile sul complessivo ciclo di lotta, della logistica ma non solo. Anche perché al di là dell’accordo Granarolo, resta il macigno del parere della Commissione di Garanzia, che senza un salto qualitativo, anche della macchina organizzativa, rischia di diventare muro insuperabile.
Le chiacchiere e i dibattiti sulle vittorie e sulle sconfitte perdono senso se costretti negli angusti confini di accordi parziali, da sempre punti di arrivo e di ripartenza; queste vanno misurate rispetto a quanto si ci avvicina o si allontana dal superamento delle sfide che ci stanno davanti. In questo, siamone certi, la dialettica della lotta di classe è giudice inesorabile.
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