A cura di Gabriella Bellini
Omicidio colposo e violazioni delle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro. Sono i reati per cui la Procura di Nola ha iscritto nel registro degli indagati 7 persone per la morte di Vincenzo Esposito Mocerino. L’addetto alle pulizie di Somma Vesuviana deceduto in un incidente nello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco il 18 luglio. Si tratta di alcuni tra dirigenti e impiegati sia della fabbrica dell’azienda automobilistica che della “De Vizia” ditta per la quale l’operaio 62enne prestava servizio. Ad occuparsi delle indagini i carabinieri della Compagnia di Castello di Cisterna ed i pm Maria Cristina Amoroso e Simona Cangiano. L’indagine punta ad accertare eventuali responsabilità nella morte dell’uomo. Mocerino si trovava in un corridoio tra due linee di produzione, una ancora attiva l’altra ufficialmente non utilizzata da tempo. Secondo quanto si è accertato finora l’uomo cadde da un’impalcatura cui mancava una grata, amputandosi quasi un braccio e perdendo, così, molto sangue. Morì dopo ore proprio per dissanguamento, secondo quanto si è appreso l’uomo aveva tentato di fermare l’emorragia slacciandosi la cintura dei pantaloni e provò anche a telefonare e chiedere aiuto. Ancora non è chiaro se riuscì a farlo, oppure se gli fu impossibile prendere la linea. Gran parte della fabbrica di Pomigliano, infatti, è schermata e non c’è copertura telefonica per i cellulari. L’incidente dovrebbe essersi verificato intorno alle 11, ma l’uomo fu trovato dai colleghi soltanto verso le 13 in pausa pranzo, quando ormai era già cadavere. Fu trovato in una vasca utilizzata per la lavorazione, vasca che aveva al suo interno dei residui di produzione a testimonianza che era stata usata a differenza di quanto era stato riferito in un primo momento. I colleghi di Mocerino (che ha lasciato una moglie e due figlie di 22 e 26 anni) ascoltanti dai magistrati hanno, infatti, raccontato di averla pulita circa sei mesi fa e che a compiere l’operazione erano stati almeno due addetti. Si è anche accertato che l’area dove è accaduto l’incidente mortale non era chiusa al personale (era stato riferito che si trattava di un’area interdetta ), non vi erano cartelli di pericolosità né porte chiuse, e sono stati sempre alcuni addetti alle pulizie a rivelare che in quell’area si recavano invece per riporre scope ed altro materiale usato nel lavoro quotidiano. Insomma una serie di particolari su cui l’inchiesta dovrà far luce.
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