Alcoa, nuovo blitz di trecento operai Occupata la superstrada in ardegna
La protesta degli operai dell’Alcoa lungo la Statale 131
Protesta dei caschetti bianchi dopo
il presidio di lunedì a Roma. «Se non riaprano la fabbrica dell’alluminio per noi sarà la fine»
ABBASANTA (ORISTANO)
L’idea è saltata fuori davanti a un caffè all’autogrill. «Dobbiamo farci sentire ancora, tutti devono sapere che non siamo disposti ad abbassare la guardia. Noi continuiamo a lottare finché la fabbrica non sarà riaperta». E così gli operai dell’Alcoa hanno fatto scattare un nuovo blitz: in trecento hanno lasciato la stazione di servizio e hanno invaso la superstrada. La Statale 131, che è l’unica arteria che collega i due capi della Sardegna, è stata sbarrata in un attimo: i caschetti bianchi hanno invaso la carreggiata, auto e tir sono rimasti bloccati. Sul guardrail hanno iniziato a sventolare le bandiere dei sindacati e gli striscioni che lunedì mattina gli operai hanno esposto a Roma, sotto la sede del Ministero dello Sviluppo economico. Rientrando a casa, dopo una maratona di protesta che durava da domenica, hanno deciso di far scattare una nuova azione. E lo hanno fatto alla loro maniera. In pochissimo tempo sulla principale strada della Sardegna si è creato il caos. Polizia e carabinieri hanno deviato il traffico e subito è iniziata la trattativa per liberare la statale.La vertenza per la riapertura della grande fabbrica dell’alluminio di Portovesme ora si carica di altra tensione. A Roma lunedì si è discusso della vendita dello stabilimento che gli americani hanno deciso di chiudere (per trasferire altrove la produzione e risparmiare) ma la trattativa non si è ancora sbloccata. E in tanti, al termine dell’incontro col sottosegretario De Vincenti, avrebbero voluto mantenere a oltranza il presidio romano. Ma i sindacalisti hanno deciso di fidarsi della promesse del Governo e della Regione e nonostante qualche tensione con la polizia hanno convinto tutti a risalire in pullman per tornare in Sardegna.
Ora c’è da aspettarsi nuove azioni di protesta. «La vertenza ha fatto un passo in avanti piccolissimo: è passato un anno da quando la fabbrica e chiusa e per la vendita non si è fatto quasi nulla – ripete Bruno Usai della Fiom Cgil – La multinazionale svizzera che vuole acquistare l’impianto è ancora interessata ma la trattativa si è arenata su una fideiussione troppo alta richiesta da Alcoa. Per gli svizzeri la cifra è esagerata e ora abbiamo ottenuto l’intervento economico da parte della finanziaria regionale Sfirs. Tutto questo però si poteva già fare un anno fa, quando i motori erano ancora accesi».
Ora siamo alla vigilia dei licenziamenti. L’Alcoa è disposta a richiedere il rinnovo della cassa integrazione per i suoi 500 operai ma il problema più urgente è quello dei 300 dipendenti delle ditte d’appalto: in tanti hanno già ricevuto la lettera di licenziamento. «In gioco, calcolando tutto l’indotto, ci sono oltre duemila buste paga – gridano i sindacalisti che occupano la Statale 131 – In gioco c’è il futuro dei nostri figli. Il Sulcis è già la provincia più povera d’Italia, se non riapre la fabbrica dell’alluminio sarà la fine».
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