PER IL DIBATTITO
Migrazioni, sfruttamento e razzismo: una miscela esplosiva
Più volte, ho avuto occasione di dire che la crisi economica che stiamo vivendo sta sconvolgendo fino alle radici il mondo. A partire dalle aree più fragili, lambendo via via le stesse roccaforti del sistema capitalistico. L’Italia, in primis. Finora ogni rimedio messo in campo non ha fatto altro che aggravare il male. Le cause di questo disastro le ho più volte spiegate. Per un quadro di insieme, rimando al mio recente articolo Classi in lotta in un mondo in rovina (28 aprile 2014). L’attuale «emergenza profughi» è l’ultimo frutto avvelenato della dilagante disgregazione dell’assetto statale internazionale. |
Piove sul bagnato,
lagrime su sangue, sangue su lagrime
L’emergenza siriana si è inserita nel dissesto che ha colpito il Medio Oriente e il Maghreb. Con tutte le metastasi che si estendono all’area subsahariana, passando dall’Eritrea alla Somalia, dalla Nigeria alla Repubblica Centrafricana, dall’Afghanistan al Pakistan. Ed ora sta andando a pezzi l’Ucraina, appena dopo che i Paesi caucasici a Est e i Paesi balcanici a Ovest, avevano trovato un precario modus vivendi.
Tutti questi Stati in «dissesto», come le tessere di un mosaico che si scollano, pregiudicano l’assetto complessivo del sistema. Sul piano economico, le conseguenze sono immediate, con la riduzione degli interscambi commerciali, a scapito soprattutto delle materie prime[1], tra cui quelle alimentari, nonché dei beni strumentali. Forse, qualche Stato potrebbe trarre vantaggio dal disastro altrui. Ma è un vantaggio effimero, rispetto a un dissesto le cui ricadute sono dirompenti e imprevedibili. Almeno di primo acchito.
Altrettanto gravi sono le conseguenze sociali, che contribuiscono a rendere esplosiva la miscela. Ogni Paese che si sgretola genera flussi migratori che prima si dirigono nelle zone limitrofe e poi verso lidi più lontani.
Germania a parte, i Paesi che ospitano il maggior numero di emigrati/profughi vivono condizioni di forte instabilità: «I paesi che, nel 2013, ospitano più rifugiati sono Giordania (2,6 milioni), Palestina (2,2), Pakistan (1,7), Siria (1,2), Iran (0,9), Germania (0,5)»[2].
Oggi, in molte aree del mondo, ci sono milioni di uomini e di donne in marcia per cercare scampo dalla fame e dalla violenza. L’Africa è uno dei punti più caldi, e investe direttamente l’Italia, come si è visto con il crollo della Libia. Prima o poi ci saranno anche flussi provenienti dall’Ucraina, che si uniranno a quelli già in corso dalla Siria, dall’Eritrea ecc. ecc.
L’imprevisto è in agguato
Quanti sono i migranti? I dati sono quanto mai aleatori, anche perché alcuni cruciali fattori che sono la causa delle migrazioni spesso sfuggono all’attenzione degli osservatori. Per esempio, a fine 2013, Frontex[3] riteneva che il fenomeno fosse in calo, basandosi su alcuni elementi ma sottovalutandone altri. L’elemento considerato a favore del calo dei flussi è che «recessione e stagnazione in economie avanzate, stanno disincentivando nuovi arrivi, e spingendo emigrati al rientro». Trascurando che il rientro potrebbe essere scoraggiato e ostacolato da sopraggiunte situazioni di dissesto nei Paesi d’origine. Oggi quanto mai incombenti sull’onda delle dilaganti speculazioni sulle materie prime, le cosiddette commodities, che da un giorno all’altro possono ridurre alla fame un Paese costretto alla «monocultura»[4]. In poche parole, i dati non ci sono perché non possono esserci. Perché le previsioni siano attendibili, sarebbe necessario prevedere prima l’andamento delle speculazioni sulle commodities.
Luigi Troiani (Pontificia Università San Tommaso di Roma) afferma che i flussi che stanno investendo l’Europa sono poca cosa[5]. Affermazione giusta, da un punto di vista formale. Il numero dei clandestini (70mila) giunti in Europa nel 2012 sarebbe «una quantità insignificante» rispetto agli emigrati «legali» (le virgolette sono sempre d’obbligo). Ciò nonostante, in Italia (ma anche in Spagna e in Grecia) ci sono forti «criticità» (per usare un eufemismo).
Come mai? Basta un dato: «Nel 2012 l’Unione Europea ha speso in politiche di aiuto allo sviluppo lo 0,43% del suo reddito interno lordo, contro lo 0,7% promesso». In poche parole, con l’aria che tira c’è poco da scialare (ovvero: spending review). Ma non solo. Se quel poco fosse impiegato come si deve forse … In realtà, anche su questa tragedia ci sono i soliti sciacalli che ci lucrano, basta vedere come si mangia (e non in senso metaforico) nei Cie e nei Cara… per non dire altro. Ma da che capitalismo è capitalismo, ogni nefandezza è possibile e legittima, per la maggior gloria del profitto.
Tornando ai «numeri», nell’autunno 2013, l’auto-revole Cnel stimava tra i «55,5-74 milioni i migranti africani che potrebbero arrivare in Europa entro il 2050[6]. Va bene, il 2050 «è lontano», ma qui si parla di decine di milioni di profughi/migranti, mentre finora di fronte a poche decine di migliaia abbiamo sentito strepiti e allarmi a non finire! E soprattutto l’escalation del più fetente razzismo, accompagnato da violenze, come è avvenuto a Genova il 25 gennaio[7] e, con meno risalto, in tante altre località del Bel Paese.
E quando a fine aprile, il Viminale lanciò l’allarme di 800mila migranti pronti a sbarcare sulle nostre coste[8], Alfano lanciò sparate che sembravano ispirate dal discorso del «bagnasciuga» del Duce, ai tempi dello sbarco in Sicilia (giugno 1943). Sappiamo come andò a finire …
Emergenza profughi ,
intrallazzi politici e regole del gioco
«O il capitalismo non rinuncia a se stesso, e quindi alla propria distruttività, e distruggendo la Terra distrugge se stesso, oppure si convince del proprio carattere distruttivo e assume come scopo la salvaguardia della Terra (mediante l’adozione di tecniche alternative) e, anche in questo caso rinunciando al proprio scopo primario, distrugge se stesso»[9].
Parole sacrosante – sono del filosofo Emanuele Severino – che richiamano alla memoria una giovanile affermazione di Marx:
«I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi: si tratta però di mutarlo» [Karl Marx, XI Tesi su Feuerbach, 1845].
Appunto, mutarlo. Oggi troppi «filosofi» si affannano a «interpretare il mondo» che ha solo bisogno essere «mutato». I «filosofi» finiscono per lasciare il campo libero ai politicanti che vogliono solo mantenere i propri privilegi, fregandosene che la barca affondi. Anzi, ne allargano allegramente le falle.
Inevitabilmente, di fronte al tanta protervia politica, una legione di donne e di uomini di buoni sentimenti e di buona volontà (da Emergency al Naga, per restare in Italia) cerca di porre rimedio, anche rischiando la propria vita, come Vittorio Arrigoni … Certo, fanno del bene, cercano di alleviare come possono sofferenze mostruose, ma si trovano tra l’incudine di un sistema allo sbando e il martello di una classe politica collusa con le cause stesse del disastro umanitario[10], in un inestricabile groviglio di intrallazzi con finanzieri d’alto bordo, mafiosi e tagliagole da suburbio.
In questa arena, sono i farabutti che dettano le regole del gioco e ci costringono a combattere con le mani legate; e quel che è peggio, si creano illusioni che, scontrandosi con la realtà, alla fine disarmano un fronte di lotta assai delicato e fondamentale ai fini dei futuri sviluppi dello scontro sociale.
L’assistenza è certo il primo passo, ma poi la solidarietà e il sostegno devono superare la logica assistenzialista e trasformarsi in un reciproco coinvolgimento, non più per chiedere, ma per pretendere e per avere: permesso di soggiorno, casa, assistenza sanitaria, istruzione, garanzia del salario … tutto ciò che serve per vivere. Con la prospettiva di dare un significato alla vita.
E sì, perché i profughi che giungono in Italia, se prima nel loro Paese avevano qualche cosa, gliel’hanno portato via, li hanno espropriati. Sono proletari a tutti gli effetti. Loro malgrado, fanno parte dell’immenso esercito industriale di riserva, senza futuro. Quando va bene, il lavoro lo scontano nelle maquiladoras messicane, nelle piantagioni degli Stati Uniti o … nelle cooperative italiane. Altrimenti, restano a vegetare nelle periferie delle metropoli, vivendo d’espedienti, ma sempre sotto la sferza di qualche caporale/magnaccia.
Come tutti coloro che sono costretti a vendere la loro forza lavoro, i profughi migranti ingrassano grandi e piccoli sfruttatori, poiché lo sfruttamento del lavoro altrui (l’estorsione di plusvalore) è sempre la maggior fonte della ricchezza, poiché assicura i più alti tassi di redditività (alias profitti: lavoro non pagato/maltolto/furto)[11]. E chi ne gode i frutti, non ha nessuna intenzione di mollare la preda, anzi, fa di tutto per sottometterla vieppiù all’imperante regime di sfruttamento e di oppressione. E il razzismo individuale è un mezzo che oggi trova facile esca, contribuendo con il razzismo di Stato – che gestisce i permessi di soggiorno – a mantenere diviso il fronte proletario, alimentando la concorrenza tra gli sfruttati, la lotta fra poveri, a tutto vantaggio dei padroni[12]. Come se non bastasse, a intorpidir le acque, ci sono poi i nostalgici del capitalismo di Stato che, in mancanza di meglio, ripiegano su caudillos, rais e despoti come Hugo Chávez, Bashar al-Assad e Vladimir Putin, attizzando, con fasulle ideologie, conflitti etnici e religiosi.
Come dicevo, siamo solo all’inizio. E se il buongiorno si vede dal mattino, è bene prepararsi al peggio.
Dino Erba, Milano 9 maggio 2014.
[1] Dal 2012 a oggi, le importazioni di greggio dalla Libia da parte dell’Eni, si sono ridotte da un milione e mezzo di barili al giorno a circa 170/250mila, Franco Venturini, La Libia sprofonda (e pagheremo noi). Addio miopi speranze sulla Libia. Ora l’Italia ha paura (per gas e petrolio), «Corriere della Sera», 5 maggio 2014, p. 35.
[2] Luigi Troiani, Migrazioni globali contemporanee: tendenze e governo, «Oikonomia», Rivista di Etica e Scienze Sociali, a. XIII, n. 1, febbraio 2014. Vedi anche la «mappa» dei rifugiati in Monica Ricci Sargentini, Un profugo ogni quattro secondi, «La Lettura», 7 luglio 2013, p. 9.
[3]Manuel Domergue, L’Echec de la Forteresse Europe, in«Alternatives Economiques», dicembre 2013, pag. 64, citato in Luigi Troiani, Migrazioni globali contemporanee: tendenze e governo, op. cit.
[4] Anche questo argomento l’ho trattato più volte, vedi il sempre valido: Antonio Pagliarone, Mad Max Economy. Dalla fame di speculazione alla speculazione della fame, Sedizioni, Milano, 2008.
[5] Luigi Troiani, Migrazioni globali contemporanee: tendenze e governo, op. cit.
[6] Monica Guerzoni, Letta «Più di così non possiamo fare. Adesso è l’Europa che deve muoversi», «Corriere della Sera», 12 ottobre 2013).
[7]Genova, cresce l’intolleranza. Quattro stranieri senzatetto aggrediti con barbara violenza, vedi EveryOne Group: “l’intolleranza sta degenerando in barbarie; non ignorate le nostre richieste”, http://www.articolo21.org/2014/01/
[8] Viminale: in arrivo 800 mila migranti. “Ma la situazione è sotto controllo”. Il ministero dell’Interno: «Pronti a partire dalla Libia». Da gennaio sbarcati 25 mila migranti. «Pronto un piano per accogliere 50 mila persone», «La Stampa», 29 aprile 2014.
[9] Emanuele Severino, all’incontro promosso dalla Scuola della Cattedrale, Milano 5 maggio 2014, citato in: Armando Torno, Se la Chiesa chiama Severino e Capanna per parlare di scienza, Corriere della Sera, 5 maggio 2014, p. 25.
[10] Per le generali implicazioni del rapporto immigrazione/razzismo/istituzioni, vedi: Aa. Vv., Razzismo di Stato. Stati Uniti, Europa, Italia, a cura di Pietro Basso, Franco Angeli, Milano, 2010.
[11] Vedi i dati presenti in Loretta Napoleoni, Economia canaglia. Il lato oscuro del nuovo ordine mondiale il Saggiatore, Milano, 2008, pp. 113 e ss, 123, 130 e ss. Le ultime cronache innalzano i dati della Napoleoni.
[12] Biagio Borretti, Da Castel Volturno a Rosarno. Il lavoro vivo degli immigrati tra stragi, pogrom, rivolte e razzismo di stato, in Aa. Vv., Razzismo di Stato. Stati Uniti, Europa, Italia, op. cit., p. 493.
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