per il dibattito
Clash City Workers, Dove sono i nostri.
Lavoro, classe e movimenti nell’Italia della crisi, La Casa Usher, Lucca, 2014. Pp. 202, € 10.
Nel corso del Novecento, questa preziosa eredità di conoscenze è stata prostituita al servizio di pratiche riformiste, fasciste, nazional-comuniste e perfino clericali. Infine, quando il gioco si è fatto duro, al tramonto del Novecento, fu sperperata dai pallidi intellettuali al servizio delle ultime mode. Costoro hanno contribuito ad approfondire il vuoto politico-intellettuale, favorendo l’approdo alla stanca gestione dell’esistente che oggi caratterizza i governi del Bel Paese. Di destra e di sinistra. Secondo i medesimi criteri che caratterizzano i consigli di amministrazione di una SpA.eggendo questo libro, sembra di tornare ai primordi del movimento operaio e contadino italiano quando, alla fine dell’Ottocento, gli apostoli del socialismo si prodigavano in inchieste sulla condizione proletaria nelle città e nelle campagne. Gli strumenti di inchiesta erano, allora, apparentemente rudimentali, in realtà erano assai taglienti, poiché si fondavano su quella critica dell’economia politica che, grazie a Marx ed Engels, aveva via via influenzato non solo gli apostoli del socialismo ma pure gli esponenti della cultura economica e giuridica borghese, nonché filosofica. Anche perché il movimento proletario italiano manifestava giovanili energie, con le quali la rampante classe dirigente italiana era costretta a confrontarsi.
Di fronte al disastro prossimo venturo, non poteva mancare la reazione degli sfruttati, prima pratica e poi teorica. Ed ecco l’inchiesta di Clash City Workers che spazza le nebbie calate ad arte sull’at-tualestruttura socio-economica italiana.
E le corbellerie mostran la corda …
Con pazienza certosina, Clash City Workers ha consultato la vasta documentazione elaborata da vari istituti di ricerca, statali e privati, dall’Istat alla Cgia di Mestre, e ci ha ragionato sopra, anche grazie ai contributi e alle esperienze maturate sul campo di molti militanti che, a diretto contatto con la nostra realtà sociale, hanno mantenuta viva una visione classista. Ed ecco allora una panoramica estremamente dettagliata, in cui le corbellerie diffuse dai maîtres à penser dei padroni si squagliano come neve al sole. Quante volte ci hanno detto che la classe operaia era sparita? E le menate sul lavoro immateriale, il cognitariato, inventato dai vari Marazzi & Fumagalli? Con la benedizione del professor Negri… Sono corbellerie che ripetute con petulante sicumera hanno finito per sembrare vere. E ce le siamo sorbite.
Certamente, molte cose sono mutate in questi ultimi vent’anni, tuttavia le caratteristiche di fondo permangono, anzi, si sono meglio ridefinite per affrontare le attuali, critiche, esigenze del processo di accumulazione del capitale. Ricordo, per inciso, che l’Italia, in netto contrasto con le tendenze prevalenti nei Paesi capitalisti degni di questo nome, si è caratterizzata per la notevole diffusione della piccola imprenditoria, che è un evidente ostacolo alle economie di scala, come ha mostrato l’attuale débâcle del modello veneto, prima esaltato, col concorso dei soliti coglioni di sinistra (piccolo è bello!). Oggi, inevitabilmente, i nodi sono venuti al pettine.
in allegato lo scritto intero Dove sono i nostri1
Dino Erba, Milano, 6 agosto 2014.
[1] Quanto invece la Ue sia in realtà una combriccola mal assortita, lo spiega: Paolo Giussani, L’euro e la crisi dell’eurozona, «Countdown» (Studi sulla crisi), n. 1, luglio 2014, p. 23.
[2] Per una messa a punto di questi concetti, vedi: Antonio Pagliarone, Giuseppe Sottile (a cura di), Ma il capitalismo si espande ancora?, Asterios Editore, Trieste, 2008.
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