Dopo quasi un mese di blocco merci si arriva all’accordo.
La nostra forza era imponente! Ma… Nei vari tavoli svoltisi dal 16 ottobre al 10 novembre, la nostra ipotesi d’accordo contro la chiusura dello stabilimento di Valsamoggia non è mai stata realmente considerata. La piattaforma era stata votata in assemblea da tutti i lavoratori, il mandato era chiaro: nessun accordo per chiudere la fabbrica, nessun accordo per trasferire le presse. Dalle successive assemblee di fabbrica, vista la nostra determinazione alla lotta, il sindacato Fiom ha cominciato con la sua azione di ricatto, del tipo: “se non si arriva ad un accordo può succedere…”.
Sapevamo tutti cosa sarebbe potuto succedere il 3 gennaio alla scadenza dei 75 giorni dalla richiesta della mobilità collettiva, ma allo stesso tempo era chiaro che la Fiom non avrebbe mai appoggiato la nostra lotta fino alla fine. Altro che occupazioni delle fabbriche, come diceva Landini per l’art. 18, per la Fiom non si occupa nemmeno quando i padroni vogliono chiudere i cancelli. Ci siamo mai chiesti perché i lavoratori acconsentono, tramite il proprio voto, a condizioni peggiorative? Perché, come sempre, i ricatti e gli inganni dei sindacati impediscono una libera scelta. Esempio ne sono i contratti nazionali sempre peggiorativi “votati” dai lavoratori…
L’ipotesi d’accordo della Titan è stata accettata dai Sì dei lavoratori, 111 contro 58 No, un voto che divide gli operai. Un NO che viene quasi esclusivamente dal reparto presse, che subirà per primo le conseguenze dell’accordo, conseguenze che si estenderanno probabilmente al reparto freni a causa dei pochi investimenti e allo stabilimento di Finale Emilia travolto quantomeno dalle delocalizzazioni in corso. L’accordo, nel concreto, costringerà 85 operai ed operaie ad annunciare il proprio licenziamento senza opposizione, “allettati” da un’elemosina che non permetterà di vivere che per poco più di un anno. Il nostro futuro è reso ancora più incerto dal punto H, ambiguo, assurdo e ricattatorio. Il punto H parla infatti di “ricollocazione”, di un posto di lavoro che oggi nessuno riesce darti. Figuriamoci se, nel nostro caso, arrivati al 31/12/2015, la Titan – che per inciso non è un ufficio di collocamento né un’agenzia interinale – potrà garantire un posto di lavoro a tempo indeterminato in un mondo che oggi offre solo miseria. Inoltre, nessuno/a di noi sa con certezza se il reparto potrà realmente essere trasferito a Finale Emilia, considerando che non è stato presentato nessun progetto ufficiale in merito.
Nel piano nessun punto di reintegro, neppure nell’ipotesi in cui le prospettive di mercato dovessero cambiare. Rispetto a quanto si dichiara nell’accordo, non siamo in presenza di alcuna situazione di crisi, la realtà è che la Titan delocalizza la produzione in un stabilimento turco mentre, in questa fase, acquista i nostri pezzi in Cina. Gli operai e le operaie della Titan, sia quelli/e del No che molti/e del Sì, non hanno intravisto nessuna logica nel piano industriale dei padroni americani, se non quella capitalistica del profitto.
La nostra lotta avrà ancora una sua forza fintanto che saremo dentro le mura della fabbrica…
Gli operai e le operaie non possono che difendere le fabbriche e i macchinari di produzione, opponendosi ai padroni che decidono da un giorno all’altro di buttare in mezzo alla strada famiglie intere. La crisi del capitalismo non può offrire prospettive positive agli operai e alle operaie. L’unica prospettiva possibile è quella data dalla lotta di classe. Viviamo tempi che ci impongono la lotta, ogni proletario/a deve assumersi le proprie responsabilità. Nessuna fabbrica deve essere chiusa, lottiamo fino all’occupazione. Opponiamoci al sistema capitalista!
GRUPPO OPERAI E OPERAIE TITAN 18-11-2014
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