Caro Direttore,
nel 2012 l’Italia ha importato e lavorato 1.040 tonnellate di amianto. In barba alla strage di operai che aveva con grande ritardo portato, leggi e sanzioni vietando dal 1992 l’uso dell’amianto. Nella corsa al profitto i padroni e i politici che li coprono non esitano a proseguire il massacro di operai che, spesso a loro insaputa, o spinti dal bisogno accettano di lavorare in condizioni che portano alla morte. Dopo tutto quello che si sa dell’amianto e delle sue conseguenze, dopo tutto quello che è stato detto e scritto, dopo i divieti di legge, dopo le stragi di operai causate dall’amianto, nella guerra per il profitto, i padroni e i politici che li coprono, è come se sparassero alla schiena a persone disarmate. Mi associo alla domanda più volte posta da Operai Contro: operai, cosa aspettiamo? Allego l’articolo de “La Stampa”.
Saluti da un affezionato lettore.
La scoperta è sorprendente e allo stesso tempo inquietante: nonostante i divieti vigenti dal 1992, l’Italia ha importato nel 2012 ingenti quantità di amianto dall’India, addirittura come maggiore importatore con 1040 tonnellate. È tutto scritto in documenti ufficiali. Il dato è stato anche confermato dall’Agenzia delle Dogane».
A svelare questo giallo commerciale, illustrato in atti governativi con tanto di tabelle e percentuali, è il pm torinese Raffaele Guariniello, il magistrato che ha combattuto nelle aule dei tribunali gli effetti micidiali del minerale-killer, portando alla sbarra i magnati dell’Eternit, colosso nella produzione di manufatti in amianto. Su questa vicenda ha aperto un’inchiesta esplorativa, per chiarire eventuali responsabilità nella gestione dei canali di importazione di «asbesto» e nell’impiego del materiale. Al momento non ci sono indagati né ipotesi di reato.
La sorpresa sta nel fatto che la legge 257 del 27 marzo 1992 ha vietato «l’estrazione, l’importazione, l’esportazione la commercializzazione di amianto di prodotti di o contenenti amianto». Pur prevedendo delle limitate deroghe, vanno autorizzate dal ministero.
Ecco qui il vero giallo. Per questo motivo il pm ha disposto alcuni accertamenti, incaricando gli uomini della polizia giudiziaria di ricostruire i flussi dell’amianto dall’India all’Italia, e di accertare la correttezza di eventuali autorizzazioni. Il materiale, 1040 tonnellate nel biennio 2011-2012, sarebbe finito in una decina di imprese e trasformato o impiegato nella produzione di vari manufatti: lastre di fibracemento, pannelli, guarnizioni per freni e frizioni di autoveicoli. L’Agenzia delle Dogane, interpellata dalla procura, non solo ha confermato l’ingresso dell’asbesto nel territorio nazionale ma ha anche aggiunto che le importazioni sono continuate anche nel 2014.
Il caso è stato segnalato alla procura di Torino grazie ad un bollettino ufficiale pubblicato dal Governo indiano, in particolare dall’ufficio centrale del Ministero delle risorse minerarie dal titolo: «Indian Minerals Yearbooks 2012 – Asbestos – Final Release». In questo report ufficiale sono elencati le quantità estratte di asbesto con le relative destinazioni finali, dove l’Italia è indicata come principale partner commerciale. Tutto nero su bianco. Delle 1296 tonnellate di amianto esportate tra il 2011 e il 2012, la maggior parte è finita proprio nel nostro Paese. Al secondo posto c’è il Nepal, con 124 tonnellate e al terzo la Nigeria con 38. Completano la tabella «exports» il Kenya, con 28 e Ghana, con 15. L’India, stando alla relazione, è uno dei paradisi mondiali dell’asbesto, che fa largo uso del materiale. Solo fra il 2011 e il 2012 ne ha importato per un totale di 365 mila tonnellate in prevalenza dalla Russia (51%) ma anche dal Kazakhstan (18%), dal Brasile (13%) e dal Canada (7%).
Amianto che viene poi impiegato nella realizzazione di manufatti miscelati al cemento e a loro volta esportati. Un grande mercato, del valore di milioni di dollari. Qui si fa riferimento a oltre 44 mila tonnellate di prodotto lavorato, commercializzato soprattutto negli Emirati Arabi (21682 tonnellate), Arabia Saudita (7688) e a seguire Nepal, Israele, Angola Sud Africa, Oman, Canada. In questa tabella l’Italia non compare.
Comments Closed