Volantino distribuito alla Stema
Contro i ricatti e la politica punitiva dell’azienda che vuole imporre più produzione ad ogni operaio, mentre per il Contratto di Solidarietà dichiarava di avere meno lavoro.
La solidarietà arriva ad Alberto dalle fabbriche. Dopo lo sciopero che ha bloccato per 4 ore il reparto montaggio, si è aperta una discussione anche in altre fabbriche, sulla necessità che gli operai si organizzino per resistere e affrontare la crisi. Il clima in Stema Group è tale che, dopo il licenziamento di Alberto, un operaio probabilmente esasperato, ha dato le dimissioni dopo un diverbio con un capo. Un altro operaio è stato punito con 3 giorni di sospensione.
Gli avvocati del sindacato, oltre il licenziamento di Alberto, hanno impugnato l’articolo 28 per attività antisindacale dell’azienda, nei confronti di un altro operaio, delegato in carica. Sembra che l’azienda voglia liberarsi anche di lui. Lo si capisce dalle infondate e strumentali accuse e dai 3 + 2 giorni di sospensione che gli ha inflitto, insieme al licenziamento di Alberto. Un orecchio indiscreto ha ascoltato e riferito ad Alberto prima che venisse licenziato: “ti vogliono far fuori, perché temono che ti ripresenti a fare il delegato”.
L’azienda è ripartita il 7 gennaio con l’inventario. Tutti rientrano a lavorare tranne 3 “pecore nere” che l’azienda tiene fuori fino al giorno 12, con la copertura del Contratto di Solidarietà. Chi sono questi 3 operai? Uno è il delegato scomodo che di recente ha scontato 3 + 2 giorni di sospensione ed ha impugnato l’art. 28; due operai sono tra quelli che hanno scioperato contro il licenziamento, uno di loro ha chiesto un permesso il lunedì per il venerdì, vedendoselo “misteriosamente“ negato dall’azienda.
Ripercorrendo le mosse dell’azienda, risulta lampante che dietro le puerili motivazioni che accompagnano il licenziamento e le punizioni, prende forma un malcelato piano per ridurre personale e per aumentare la produzione con meno operai e meno ore di lavoro.
Infatti:
In presenza del Contratto di Solidarietà, arrivano in fabbrica parti della produzione fatta altrove. E’ regolare che l’azienda faccia fare una parte della produzione in un’altra fabbrica? Non è forse una truffa ai danni dell’INPS che finanzia il Contratto di Solidarietà?
Con il Contratto di Solidarietà in vigore, l’azienda chiama singolarmente tutti gli operai nell’Ufficio Tecnico, per dire loro che in 6 ore e mezza di lavoro bisogna fare la produzione di 8 ore! Oltre che aumentare lo sfruttamento operaio, torna la domanda: non è forse una truffa nei confronti dell’INPS?
Ed inoltre, lavorando più in fretta non si creerebbero nuovi esuberi, oltre i 22 licenziati l’anno scorso?
Dopo averlo fatto singolarmente, l’azienda chiama gruppetti di operai in un altro ufficio, in presenza dei suoi avvocati, facendo domande, a quale scopo? Forse dovrebbero costituire le prove inoppugnabili, per segnare sul libro nero degli esuberi e degli inaffidabili gli operai e i delegati contrari, o perplessi, o non convinti del nuovo piano aziendale?
L’azienda ha imposto agli operai di restare a casa 4 ore in Contratto di Solidarietà il 12 dicembre, giorno dello sciopero generale di 8 ore. Non è questo un sabotaggio dello sciopero con uso improprio dei soldi dell’INPS? Non è questa attività antisindacale? L’inaudita arroganza dell’azienda arriva a comunicare all’ultimo minuto gli orari del contratto di solidarietà. Non si degna di esporre in tempo utile, i giorni, gli orari e i nominativi interessati al Contratto di Solidarietà. Forse per avere le mani libere nell’usare a suo modo il C. di S.?
L’azienda aveva anche sottoscritto l’impegno di anticipare la retribuzione spettante all’INPS, invece puntualmente paga i salari in ritardo. A metà gennaio l’azienda deve ancora saldare la tredicesima, di cui a dicembre aveva pagato solo un acconto di 500 euro. Lo stesso dicasi per la mensilità di dicembre.
Davanti a una serie di simili situazioni e comportamenti aziendali, Alberto – per anni delegato eletto dagli operai e poi primo fra i non eletti – si è sempre ribellato ai soprusi in fabbrica, perciò costituiva un ostacolo al nuovo piano del padrone. Col suo licenziamento l’azienda pensava di aver rimosso l’ostacolo. Invece ha messo in moto una protesta e un’indignazione operaia, che trova sostegno e solidarietà anche oltre i cancelli della fabbrica.
Il vicesindaco di Ronco Briantino, ascoltato una seconda volta nel suo ufficio, ha dichiarato che l’Amministrazione Comunale non interviene per un solo licenziamento, ma solo se il problema riguarda tutta l’azienda. Quindi per l’amministrazione comunale di Ronco Briantino, (se è vero che il vicesindaco parla a sua nome), la Stema Group, ma anche le altre fabbriche, potrebbero licenziare tutti gli operai, purché facciano un licenziamento per volta. Il vicesindaco è stato invece solerte nel segnalare la voce del padrone, in un intervista dell’amministratore unico di Stema Group su un giornale locale, dove chissà come mai, viene attribuita ad Alberto un affermazione da lui mai pronunciata, il vicesindaco ha preso subito per buona la voce del padrone.
Non ci fermeremo finché la STEMA GROUP non avrà ritirato il licenziamento di Alberto e abbandonate le pretese di aumentare la produzione, attraverso un aumento dello sfruttamento degli operai.
Operai e delegati delle fabbriche 12 Gennaio 2015
Per contatti: Operai e delegati delle fabbriche, via G. Matteotti 496 – 20099 Sesto San Giovanni (Mi) Fotocopiato in proprio
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