dal fatto quotidiano
Seconda puntata del reportage nel paese dell’Europa orientale dilaniato ormai da mesi da un conflitto che, in barba alle tregue dichiarate, continua a mietere fame, morte e distruzione. Dopo Slovianks e Kiev, ilfattoquotidiano.it ha visitato una delle due province ribelli che, in risposta alla rivolta di Euromaidan, hanno dichiarato unilateralmente la propria indipendenza scatenando la reazione militare del governo ucraino: la Repubblica popolare di Lugansk, proclamata tale il 27 aprile 2014. Dalla “Capitale” ai suoi sobborghi, come Novosvetlovka, fino alla linea del fronte aPervomajsk lo scenario è sempre quello: distruzione sistematica di scuole,ospedali, abitazioni residenziali, acquedotti e linee elettriche. “E la chiamano operazione antiterrorismo”, accusa Anrej, soldato dell’Armata dei Cosacchi del Don, una delle milizie che sta combattendo contro le forze ucraine. Gli fa eco il suo generale, Pavel Drjomov: “Kiev vuole il nostro territorio, per questo sta facendo terra bruciata”. La prospettiva di una pacificazione e di una soluzione diplomatica alla crisi non viene nemmeno presa in considerazione. “Dopo i crimini commessi dagli ucraini è impossibile”, dicono tutti, militari e civili. Quindi avanti tutta verso l’indipendenza, con l’aiuto logistico, umanitario e militare della madrepatria: la Russia, che nel Donbass è rimasta ancora Unione sovietica. Tant’è che il l’attuale conflitto viene percepito dai miliziani come una prosecuzione della “Grande guerra patriottica“, laSeconda guerra mondiale, combattuta “contro i nuovi nazisti“: non più tedeschi, ma, secondo loro, americani e ucraini. “Maidan è scoppiata all’inizio per avere unsistema sociale più giusto. Che però non è quello dell’Ue, ma è l’Urss“, ricorda malinconicamente Adrej di Lorenzo Galeazzi e Vauro Senesi
un ringraziamento a Eliseo Bertolasi per la logistica e a Anna Lesnevskaya per le traduzioni
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