Negli ultimi tempi la condizione dei braccianti si è presa la ribalta dell’informazione nazionale e locale. Morire “di lavoro”, e non sul posto di lavoro, si pensava fosse ormai una cosa impossibile da verificarsi nei tempi moderni. Le vicende di quest’estate, invece, hanno scosso l’opinione pubblica sulla condizione di vita di chi vive vendendo la propria forza lavoro sui campi: com’è possibile nel 2015 morire sotto un tendone di uva o in campo di pomodori?
Per tutta quest’estate gli intellettuali, leccapiedi di regime, sono stati impegnati in una massiccia opera di mistificazione dei fatti, è bene che il popolino non alzi troppo la testa e non individui le reali responsabilità degli accadimenti estivi. Così, ormai da mesi, soprattutto sugli organi informativi pugliesi, si parla in modo ossessivo del caporalato, del lavoro nero, irregolare e del malaffare che pervade il mondo del bracciantato dell’Italia meridionale. Tra le righe i braccianti sono descritti come ignoranti, omertosi, che avvallano un certo stato di cose. Sotto certi aspetti se la sono andata a cercare, anche quando non erano in perfetta salute, andavano a lavorare nei campi e si facevano sfruttare dai caporali. Lo scopo di questo tipo d’informazione è chiara: bisogna promuovere il capitalismo dal volto umano, rispettoso delle regole, allora si potranno evitare le morti da lavoro. Come se la cosiddetta economia legale non fosse un’altra faccia della stessa medaglia di questo sistema socioeconomico! Anche i telegiornali cosi detti progressisti, come il tg3, sono rimasti sulla stessa scia, i servizi sul caporalato si sono sprecati, l’importante non mettere in discussione il sistema del lavoro salariato.
Passata l’onda dell’emozione, tutto rimarrà al proprio posto, compreso il caporalato di cui si parla tanto in questi giorni, così la mistificazione sarà totalmente portata a termine.
COME STANNO REALMENTE LE COSE.
Vorrei partire da una considerazione, cosa c’entrano il caporalato e l’illegalità con le morti sul lavoro e da lavoro? Questi aspetti incidono sulla paga e sul livello di sfruttamento, ma sono le condizioni lavorative a determinare gli incidenti sul lavoro e le morti da lavoro. Perché nessun giornalista “ufficiale” ha analizzato questi aspetti, non solo per le morti dei braccianti ma anche per gli operai saltati in aria a Modugno? Bè parlare delle condizioni di lavoro significa, in un certo qual modo, mettere in discussione il sistema, lo stesso sistema che ti permette di fare la bella vita, alle spalle di chi lavora, compresi i braccianti. In realtà le condizioni di lavoro sotto i tendoni sono peggiorate enormemente da quando il mercato ha deciso che era necessario produrre uva da tavola anche a inizio Luglio o a Dicembre – Gennaio, per Natale. Per ottenere ciò si sono coperti i tendoni con teli di plastica, a inizio Aprile per anticipare la produzione, oppure a inizio Agosto per prolungare la maturazione fino all’inverno inoltrato. Inoltre si sono diffuse delle varietà senza semi particolarmente delicate che richiedono concimazione accurate e continui trattamenti antiparassitari, ma molto produttive.
Chiaramente chi ha ideato questi sistemi produttivi non si è posto il problema delle condizioni lavorative dei braccianti: sotto i teli, in piena estate si sfiorano i cinquanta gradi! Figuriamoci l’unica cosa che conta per questi personaggi è garantire il profitto, dei disperati disposti a lavorare, anche in queste condizioni, si possono sempre trovare! Queste sono tutte informazioni ottenute di prima mano da parte dalle mie sorelle braccianti. Una di esse mi ha raccontato del malcontento delle braccianti per il peggioramento delle loro condizioni di vita, i malesseri nei periodi, più caldi dell’anno, specie dopo i trattamenti, erano all’ordine del giorno, in alcuni casi ci sono stati anche degli svenimenti per le tremende condizioni ambientali, ma sono state costrette a finire la giornata lavorativa. Così i produttori di uva da tavola sono costretti a ricorrere a braccianti da zone molto lontane perché quelli del posto sono sempre meno disponibili a lavorare in quelle condizioni, per questo è necessario ricorrere a disperati disposti a tutto pur di “strappare la giornata”, i caporali svolgono il servizio di fornire i disperati di turno.
CONCLUSIONI.
In questi giorni la magistratura sta indagando le cause delle morti dei braccianti, da quello che trapela le condizioni di lavoro, non sono messe in discussione, s’indaga sul caporalato, sulla regolarità dei contratti di lavoro, non sulle condizioni lavorative. Non si può mettere in discussione il sistema. In realtà l’unico modo per garantire una condizione lavorativa dignitosa ai braccianti sarebbe quella di togliere i teli da sopra i tendoni. Allora per che cosa sono morti di lavoro i braccianti? Per garantire uva a Natale ai tedeschi e altri cittadini europei, giacché in Puglia si produce la maggior parte dell’uva consumata in Europa. Il profitto generato dai bisogni (indotti) viene prima delle vite e della salute delle persone, e le morti sui campi sono dei DANNI COLLATERALI NECESSARI PER SOSTENERE IL SISTEMA.
PIERO DEMARCO
Non si può dire morti per troppo sfruttamento, si metterebbe in discussione il profitto. Caporali= agenzie di lavoro e cooperative, chi ha firmato accordi sempre più peggiorativi per gli schiavi salariati CON I PADRONI? Governi di dx e di sx e sindacati consapevoli e asserviti. Gli operai devono PRENDERE coscienza che non ci rappresenta nessuno. Operai organizziamoci in modo indipendente, costruiamo il PARTITO OPERAIO