Caro Operai Contro,
diffidiamo il sindacalismo dalla penna facile, a firmare contratti che sanciscano l’aumento dello sfruttamento operaio.
Fabio Storchi, presidente di Federmeccanica, ha pronto per il contratto dei metalmeccanici, una “via italiana alla partecipazione”.
Dalle sue dichiarazioni si capisce che vuole aumentare lo sfruttamento operaio tramite una maggior produttività, in cambio di un contentino sul salario.
Storchi vorrebbe collaborazione dagli operai per “creare valore condiviso”, in modo che i padroni possano poi intascare questo valore sotto forma di plusvalore, ossia tempo di lavoro non pagato agli operai. I padroni aumenterebbero i loro profitti, e gli operai resterebbero sulla “via italiana” a tirare la cinghia più sfruttati di prima.
Storchi paventa “la paralisi di gran parte del sistema industriale italiano”, per farci calare le braghe e accettare un contratto che a suo dire sarebbe “nell’interesse di tutti”.
Storchi ha invitato i sindacati ad «abbandonare la conflittualità ». Ma di quale conflittualità sta parlando?
Sarebbe ora che gli operai per strappare limitazioni allo sfruttamento e aumenti di salario, riprendessero la strada della lotta e della conflittualità.
Diffidiamo il sindacalismo dalla penna facile, a firmare contratti che sanciscano l’aumento dello sfruttamento operaio.
Saluti Bruno Casca
Dal “Sole 24 ore” del 2 luglio
Meccanici, un contratto per la svolta
Produrre valore. Le imprese meccaniche sono consapevoli che è l’unica chance per restare competitivi in un mercato in rapida evoluzione, sempre più competitivo. Per raggiungere questo obiettivo serve un rinnovamento. Nuove relazioni industriali: una collaborazione per creare valore condiviso, mettendo al centro la centralità della persona e il welfare, insieme alla fabbrica. Una «via italiana alla partecipazione» come ha spiegato ieri il presidente di Federmeccanica Fabio Storchi, durante l’assemblea annuale dell’associazione, organizzata a Brescia.
«L’originalità del nostro capitalismo – ha detto – impone di iniziare a praticare» questa scelta, senza imitare modelli elaborati in altri paesi e non proponibili per l’Italia, ma innestandola «all’interno di quel capitalismo molecolare, familiare e di territorio che rappresenta il cuore e la parte prevalente della manifattura italiana». Uno scambio salario-produttività che è alla base dell’attuale discussione tra imprese e sindacati sul rinnovo del contratto dei meccanici. «Un cattivo accordo può portare alla paralisi di gran parte del sistema industriale italiano – ha detto ieri il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia –. Dobbiamo andare nella stessa direzione, e se questa è lo scambio salario-produttività, dobbiamo definire insieme la nostra direzione di marcia, nella convinzione che fare dei buoni accordi non è solo nell’interesse delle parti, ma nell’interesse di tutti».
Storchi ha invitato ieri i sindacati ad «abbandonare la conflittualità che danneggia tutti, lavoratori e imprese, per riprendere la strada del dialogo, su nuove basi». Federmeccanica, ha ricordato, ha elaborato «un impianto contrattuale su due livelli, fra loro coordinati e complementari, che realizzi un rapporto più avanzato ed equilibrato tra parte fissa e variabile della retribuzione, legata ai risultati».
Nelle intenzioni dell’associazione il contratto nazionale resta «il cardine di riferimento – ha detto Storchi –, con funzioni di tutela e garanzia sui diritti fondamentali, lasciando spazio ai contratti aziendali», che nelle intenzioni devono essere legati sempre più all’effettiva produzione di valore». Venendo al tavolo di rinnovo del contratto (la trattativa è attualmente in stallo, ieri in mattinata a Brescia Fim-Fiom-Uilm hanno organizzato una manifestazione di protesta), Storchi ha assicurato che «non è uno scontro muscolare tra due fazioni. Al contrario – ha detto – è un confronto nel quale la premessa indispensabile è comprendere che il mondo è cambiato». Federmeccanica non ambisce a creare nuovi modelli contrattuali astratti, ma punta a «un nuovo modo di agire, pragmatico, per affrontare i problemi reali delle imprese e delle persone, a cui dobbiamo dare risposte concrete».
Storchi ha detto che «bisogna adoperare il linguaggio della verità, sia nei confronti degli imprenditori che dei lavoratori. Non temiamo le divergenze – ha detto –, perché consideriamo il confronto come l’unica via per raggiungere il miglior accordo possibile».
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, ha convenuto con l’assemblea che «le parole d’ordine sono welfare contrattuale e contrattazione di secondo livello». Il primo tema, in particolare, è tenuto in grande considerazione dal governo, nella consapevolezza che è uno «strumento importante per creare uno scambio virtuoso tra salari e produttività». Tuttavia, ha spiegato il sottosegretario, non si esclude che possano essere studiati meccanismi di incentivazione anche al primo livello, proprio in considerazione della centralità del welfare contrattuale come leva. «Ho apprezzato la chiarezza di Storchi – ha aggiunto – nel passaggio del suo intervento in cui sottolineato l’esigenza che i rischi di impresa vadano condivisi» contrattualmente. «Biosgna però essere chiari – ha detto il sottosegretario –. L’assunzione di rischio è il cuore della funzione imprenditoriale: deve e può essere contrattato, attraverso percorsi virtuosi. Il Governo c’è – ha concluso –, perché il tema è di interesse della collettività».
Per il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, «Brescia è oggi il simbolo della questione industriale italiana». Una provincia in cui il peso della meccanica è fondamentale, con 8.500 imprese e 98mila addetti, pari al 68% del totale. «Da qui – ha detto – dobbiamo chiederci quale industria vogliamo immaginare, in rapporto alla Germania e in rapporto a Brexit. Se non risolviamo all’interno delle fabbriche una linea di indirizzo sulla produttività – ha ammonito Boccia – rischiamo di perdere pezzi dell’industria italiana. Si deve aprire una stagione di corresponsabilità – ha detto il presidente –: al governo chiediamo un intervento sugli incentivi, non sulle regole; alle banche chiediamo di giudicarci anche sui valori qualitativi; al sindacato chiediamo di marciare nella stessa direzione, ognuno nel proprio ruolo». L’auspicio è che «si chiuda quanto prima – ha concluso –: non possiamo permetterci la paralisi»
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